C’è un luogo, nel profondo Sud, dove il tempo della scienza ha scandito venticinque stagioni di dialogo, crescita e visione. È Scilla, antico borgo affacciato sullo Stretto, che da un quarto di secolo ospita Scilla Cuore, congresso nazionale di cardiologia che ha saputo riscrivere la geografia del sapere medico italiano.

Un laboratorio permanente, dove ogni anno si ritrovano professionisti da ogni angolo del Paese per discutere, aggiornarsi, contaminarsi. Qui, nella luce intensa della Costa Viola, la periferia si è fatta centro. E il centro, per una volta, è sceso al Sud per ascoltare.

L’intuizione, trasformata in realtà duratura, è del professor Vincenzo Montemurro: portare a Scilla la cardiologia migliore per renderla accessibile, condivisa, fertile. Venticinque anni dopo, quel seme ha prodotto radici profonde.

Un progetto nato dal territorio per aggiornare la cardiologia italiana

Quando tutto è cominciato, nel cuore degli anni Novanta, Scilla Cuore era una sfida visionaria: portare i massimi esperti della cardiologia italiana nella punta estrema del Paese, in un borgo più noto per la sua bellezza paesaggistica che per la sua rilevanza scientifica. Oggi quella sfida ha vinto.

«Scilla, da periferia geografica dello Stivale, è diventata un hub di aggiornamento scientifico per i cardiologi italiani e non solo» afferma con soddisfazione Vincenzo Montemurro, fondatore e direttore scientifico del congresso. In questi 25 anni, il progetto ha costruito una comunità medico-scientifica solida e autorevole, accogliendo docenti e direttori di cattedra provenienti dalle università di Milano, Roma, Firenze, Padova, Trieste, Bari, Brescia, Torino, Genova, insieme ai migliori centri di ricerca del Paese.

Non sono mancati ospiti internazionali di rilievo, come il professor Cosentino del Karolinska Institutet di Stoccolma, ex vicepresidente della Società Europea di Cardiologia. Tutti attratti da un’idea semplice e potente: che l’aggiornamento scientifico non ha coordinate geografiche, ma orizzonti culturali da allargare.

La Faculty e la portata scientifica dell’evento

Non è solo il numero delle edizioni a certificare la rilevanza di Scilla Cuore, ma la qualità della sua Faculty, che anno dopo anno si è consolidata come una delle più rappresentative dell’intero panorama cardiologico italiano. Sono infatti decine i docenti universitari e i primari ospedalieri che scelgono di partecipare attivamente al congresso, provenienti da tutti i principali atenei del Paese.

«I professori portano a Scilla il frutto delle loro ricerche, delle loro attività nei centri più all’avanguardia del Paese» ricorda il professor Montemurro. Ed è proprio in questo scambio tra teoria e pratica, tra cattedra e corsia, che il congresso trova la sua forza propulsiva.

Con il passare del tempo, Scilla Cuore è diventato una scuola, un simbolo, un modello. Un punto di riferimento stabile per la formazione cardiologica, tanto da essere riconosciuto come una vera e propria “Scuola di Scilla”, appellativo coniato da molti partecipanti e ormai accolto nel lessico comune del congresso.

Le giornate di lavoro sono scandite da conferenze, workshop, sessioni pratiche e momenti di dibattito, che permettono a giovani medici, specializzandi e professionisti affermati di condividere esperienze e aggiornarsi sulle più recenti evoluzioni del settore. Il valore aggiunto sta proprio nella capacità di creare una comunità professionale coesa, dove l’accesso al sapere è orizzontale e il dialogo è sempre incentivato.

Il professor Francesco Martino, calabrese d’origine e già docente alla Sapienza di Roma, sottolinea con orgoglio. «Proprio qui a Scilla sono nate diverse idee per nuove ricerche. È un congresso che riesce a far parlare tra loro studiosi del mondo universitario e ospedaliero, ed è un grande onore per la Calabria».

Il professore porta all’interno di Scilla Cuore uno sguardo essenziale, ossia quello della prevenzione cardiovascolare sin dall’infanzia. È proprio nei primi anni di vita – sottolinea – che si pongono le basi per una salute duratura. «Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte e di morbilità. E molte iniziano già in utero. Per questo è fondamentale lavorare sulla prevenzione, sugli stili di vita, sull’alimentazione, già durante la gravidanza».

Premio di Benemerenza

Nel cuore del congresso batte anche un’idea di medicina che va oltre il sapere tecnico, capace di riconoscere il valore umano e civile dei suoi protagonisti. Da tredici anni, infatti, Scilla Cuore assegna il Premio Nazionale di Benemerenza, destinato a personalità che si sono distinte non solo per i meriti scientifici, ma anche per l’impegno nella società e per l’alto senso etico della loro attività.

Calabria e cardiochirurgia: tra eccellenze e fratture

Ma se Scilla Cuore rappresenta un modello di eccellenza scientifica, lo stato dell’arte della cardiologia calabrese resta segnato da forti contraddizioni. Il professor Montemurro non nasconde le criticità, ed anzi le denuncia. «La Calabria vive un momento di grande difficoltà, soprattutto a livello ospedaliero. Ci sono eccellenze, sì, ma anche tante zone d’ombra, soprattutto nei territori interni».

Negli ultimi anni si sono registrati importanti progressi, come l’avvio della cardiologia strutturale a Reggio Calabria, le TAVI effettuate a Cosenza e lo storico ruolo di Catanzaro come centro pilota per l’emodinamica. L’attivazione della facoltà di Medicina a Cosenza, voluta dal rettore Nicola Leone e con il contributo del professor Indolfi, ha segnato un ulteriore passo avanti.

Ma si tratta di un’evoluzione a macchia di leopardo, dove poche punte d’eccellenza non riescono a colmare il divario con le aree interne, dove la medicina territoriale arranca e la sanità resta spesso inaccessibile. Una frattura che diventa drammatica soprattutto per gli anziani, i fragili, le persone con patologie croniche, ovvero per quella popolazione silenziosa che ha più bisogno di assistenza e meno strumenti per chiederla.

La migrazione sanitaria

Il nodo centrale resta però quello della migrazione sanitaria, che ogni anno pesa sulla Calabria come un’emorragia economica e simbolica: oltre 300 milioni di euro spesi per cure fuori regione. Un dato che il professor Montemurro cita con amarezza ma anche con determinazione, indicando la strada da seguire. «La Calabria non può permettersi il lusso di pagare così tanto per l’assistenza extraregionale. Bisogna investire sulle strutture, recuperare risorse e trattenere professionalità».

Per il direttore scientifico di Scilla Cuore, invertire i flussi è possibile: come il congresso ha portato la cardiologia nazionale a Scilla, così la sanità calabrese può tornare ad attrarre, trattenere, curare. Ma serve una visione strategica che non si fermi alle eccellenze ospedaliere, e che metta al centro anche il rafforzamento della medicina territoriale, l’unica in grado di rispondere ai bisogni reali della popolazione fragile. È un appello agli amministratori, perché la salute pubblica torni a essere una priorità concreta, e non solo un titolo da convegno.