Abbiamo intervistato il responsabile dell’area tecnica delle giovanili e scouting dei giallorossi dopo il riconoscimento ricevuto al Gran Galà del Calcio: «Premio che va con diviso con i miei collaboratori». E sulla prima squadra: «Bisogna avere pazienza. A volte i risultati tardano, ma non serve essere devastanti nei giudizi»
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Il riconoscimento ricevuto al Gran Galà del Calcio è stato lo spunto per un confronto con Massimo Bava, responsabile dell’area tecnica delle giovanili e dello scouting del Catanzaro. Un incontro a pochi giorni dal premio, occasione per approfondire non soltanto il valore di quel traguardo, ma l’intero percorso del vivaio giallorosso.
Bava, prima di tutto, mette da parte l’aspetto personale per restituire il senso collettivo del successo: «Sono attestati sempre graditi, ma soprattutto riconoscono il lavoro che una persona fa all’interno di una società. Insieme a me ci sono tante altre figure». Poi elenca i collaboratori che condividono con lui il percorso: «Patrick Panucci, Carmelo Moro, Ottonello, Gregorio Mauro e tutti coloro che operano nello scouting». E aggiunge: «Gli allenatori sono fondamentali. Per vedere i frutti in un settore giovanile servono 5-10 anni».
Il concetto di continuità ritorna costantemente. «Un settore giovanile che cambia ogni anno purtroppo risultati non ne farà mai. Le strutture, l’organizzazione, la stabilità delle persone sono la base». Un messaggio che arriva in un momento in cui i risultati, inevitabilmente, oscillano: la scorsa stagione è stata ricca di soddisfazioni, con la Primavera 3 campione d’Italia e lo Scudetto Berretti; quest’anno la Primavera 2 sta faticando, ma Bava guarda oltre. «Bisogna stabilizzarsi nella categoria e capirne le dinamiche. Il Catanzaro arriva da anni di Serie C: la B ha portato i campionati nazionali Under-15, Under-16 e Under-17, dove si compete con realtà più strutturate come Roma, Lazio, Fiorentina, Empoli, o anche Bari e Palermo».
Nonostante le difficoltà fisiologiche, la crescita è evidente. «Da due anni portiamo giocatori nelle nazionali giovanili. Nella Primavera ci sono ragazzi costantemente in prima squadra». E un talento oggi spicca più di altri: «Arditi è un giocatore importante, seguito da molte società. Speriamo che uno o due possano diventare titolari in Serie B».
La conversazione si allarga al calcio italiano. E qui emerge la visione di un dirigente che ha attraversato tutti i livelli, non solo Torino. «Tutti ricordano i dieci anni al Toro, ma gli anni più belli li ho fatti in Serie C. Gestivo squadre con tanti giovani e pochi veterani e le soddisfazioni erano enormi».
Ma il movimento, oggi, è in sofferenza. «Speriamo di qualificarci ai Mondiali, perché sarebbe un disastro non farlo. Ma qualcosa deve cambiare: ogni anno si modificano regole per far vedere che si cambia, ma senza il coraggio di buttare dentro i giovani non si va avanti». Il tema è culturale: «In Italia un 2008 è considerato giovane, in Europa gioca in prima squadra. Poi ci spaventiamo quando affrontiamo certe nazionali». La ricetta? Nessuna formula magica, ma idee chiare: «Il giovane sbaglia, ma sbaglia anche il vecchio. Una società ambiziosa deve far giocare i giovani per dare sostenibilità al club».
La dedizione quotidiana è la base del lavoro: «In quattro giorni ho visto sette partite, dalla Serie B alla Serie A, dalla Serie C all’Under-17, più la Primavera. Mi serve per avere sempre il mercato sotto mano». E il confronto con altre realtà è un elemento costante per innovare.
Il Catanzaro, secondo Bava, ha le condizioni per guardare avanti con ottimismo. «Grazie alla famiglia Noto può essere una delle società di riferimento in Calabria. Le strutture annunciate dal presidente, sia per il settore giovanile sia per la prima squadra, saranno determinanti». Ma anche qui arriva il concetto-chiave: «Bisogna avere pazienza. A volte i risultati tardano, ma non serve essere devastanti nei giudizi. Se uno lavora con costanza, i risultati arrivano».


