Tra promozioni, tripletta all’Olimpico di Roma e gol spettacolari, la storia di "O Rey", icona di un calcio tecnico e fantasioso che ha conquistato tifosi giallorossi (e non solo) e stampa
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Questo articolo fa parte del viaggio di LaC nel mondo dei ricordi dei calciatori (calabresi o non) che hanno fatto la fortuna delle squadre di calcio della regione, una serie dedicata agli interpreti più rappresentativi del pallone che hanno lasciato il segno nella storia sportiva locale.
Nato a Loreto il 21 agosto 1953, Massimo Palanca è stato uno degli attaccanti più iconici e amati del calcio italiano. Nonostante l’altezza contenuta (1,69 m) e un piede sinistro “minuscolo” (taglia 37), ha saputo trasformare ogni limite in un punto di forza, conquistando i tifosi del Catanzaro e gli appassionati di calcio con un talento unico e inconfondibile. Il suo sinistro gli valse il soprannome di “Piedino d’Oro”, mentre tredici gol realizzati direttamente da calcio d’angolo lo portarono a entrare nei Guinness World Records, consacrandolo come uno dei giocatori più sorprendenti del panorama italiano.
La storia di Palanca comincia nelle Marche, a Porto Recanati, come lui stesso ha raccontato in esclusiva a LaC News24 lo scorso mese di aprile: «Mio padre era il custode del campo sportivo e io sono cresciuto a pane e pallone, giocando tutti i giorni dopo la scuola. Porto Recanati era un piccolo paese, ma ha sfornato tanti giocatori che hanno raggiunto la Serie A e la Serie B».
Il primo salto nel professionismo avvenne nel 1973 con il Frosinone in Serie C: 38 presenze e 17 gol che lo resero capocannoniere e gli valsero l’attenzione di squadre più grandi. «Ero destinato alla Reggina – ricorda Palanca – ma misi una clausola che annullava l’accordo in caso di retrocessione. Quando la Reggina scese in Serie C, il Catanzaro si fece avanti, seguendomi da tempo grazie all’attenzione di Umberto Sacco. Il primo anno fu difficile, ma sfiorammo la Serie A nello spareggio perso contro il Verona. L’anno successivo salimmo direttamente».
Fu a Catanzaro che Palanca diventò leggenda. Con i giallorossi conquistò tre promozioni: due in Serie A (1976 e 1978) e una in Serie B (1987). Memorabile resta la tripletta contro la Roma nel 1979, con un gol realizzato direttamente da calcio d’angolo, che consacrò l’eroe dei tifosi. In quella stagione segnò 13 reti in Serie A, alle spalle solo di Roberto Pruzzo, regalando alla squadra un settimo posto storico nel massimo campionato.
Le esperienze successive con Napoli, Como e Foligno non ebbero lo stesso impatto, ma Palanca tornò a Catanzaro nel 1986-87 e guidò la squadra alla promozione in Serie B con 17 gol, chiudendo la carriera nel 1990 con la fascia di capitano al braccio. In totale, tra Serie A, B e C, ha collezionato 478 presenze e 115 gol, diventando il miglior marcatore della storia del Catanzaro in massima serie e un simbolo eterno della città.
Il suo stile di gioco unico, fatto di accelerazioni improvvise, dribbling e tiri imprevedibili dal sinistro, lo rese un attaccante irripetibile. Sandro Ciotti lo definì «uno dei migliori sinistri d’Europa», mentre i tifosi lo chiamarono “O Rey”, l’imperatore giallorosso. Con Pantofola d’Oro portava scarpini su misura, come quelli di leggende come John Charles e Omar Sívori. Se fosse nato a Cinecittà, Palanca avrebbe potuto diventare un attore con la sua zazzera ribelle e i baffi alla Maurizio Merli lo rendevano perfetto per ruoli da caratterista. Invece, il suo palcoscenico fu il campo da calcio, dove il Piedino di fata incantò intere generazioni.
Oggi Palanca continua a essere una figura amata nel calcio italiano. Dopo il ritiro ha collaborato come commentatore televisivo e, nel 2023, ha ricevuto la cittadinanza onoraria della città che lo ha adottato come imperatore giallorosso. Tra le strade del capoluogo calabrese, il ricordo di Piedino d’Oro resta vivo: tra le bandiere giallorosse, i racconti dei tifosi e le cronache sportive, Palanca è la prova che tecnica, cuore e fantasia possono trasformare un talento unico in leggenda.
In un’epoca di fuoriclasse mondiali come Maradona, Zico, Platini, Gullit e Baggio, Palanca ha ritagliato uno spazio tutto suo, fatto di gol impossibili e magie dal sinistro fatato. Il Catanzaro, e l’intero calcio calabrese, non dimenticheranno mai l’uomo che fece della sua passione un’opera d’arte in movimento.

