Nel nuovo report presentato da Legambiente emerge un bilancio drammatico. L’associazione lancia l’allarme sui ritardi nella gestione forestale e chiede al Governo Meloni un cambio di passo per tutelare il patrimonio verde del Paese
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Il 2025 è un anno da bollino rosso per le foreste italiane, messe sotto scacco dall’impennata degli incendi e dall’accelerata della crisi climatica. I dati raccolti da Legambiente nel suo nuovo report, e presentati oggi a Roma all’VIII Forum Foreste, restituiscono un quadro poco felice: nella Penisola, incrociando i dati EFFIS da satellite Sentinel 2 che tengono conto anche degli incendi sotto gli 30 ettari, da inizio anno al 15 ottobre sono bruciati ben 94.070 ettari di territorio, pari a 132 mila campi da calcio, quasi il doppio rispetto agli ettari andati in fumo nel 2024 ossia 50.525 ha. Il Sud Italia si conferma l’area più colpita dalle fiamme: maglia nera alla Sicilia, con 49.064 ettari bruciati in 606 incendi; seguita da Calabria, con 16.521 ettari in 559 eventi, Puglia con 8.009 ettari in 114 eventi, Campania con 6.129 ettari in 185 eventi, Basilicata con 4.594 ettari in 62 eventi. Ci sono poi il Lazio con 4.393 ettari in 133 eventi e Sardegna con 3.752 ettari in 57 eventi. A livello provinciale, le province più colpite, sono quelle siciliane di Agrigento (17.481 ha brucati), Caltanissetta (11.592 ha), Trapani (7.148 ha), seguite da Cosenza (6.720 ha) e Foggia (4.9739 ha). All’impennata degli incendi, si affianca l’accelerata della crisi climatica che contribuisce a rendere le foreste più fragili e vulnerabili con eventi meteo estremi sempre più intensi, ondate di siccità, e un’estate 2025 che per l’Italia, secondo Copernicus, è stata la quinta più caldaregistrata dal 1950 ed è stata segnata da un’anomalia termica di +1,62°C. Preoccupa anche la proliferazione del bostrico, un piccolo coleottero che negli ultimi anni è uno dei principali responsabili dei gravi danni alle foreste alpine già devastate dalla tempesta Vaia e causando il disseccamento e la morte di moltiabeti rossi. Ingenti anche i danni economici. In Trentino, ad esempio, i danni attribuibili al bostrico nel periodo 2019-1°giugno 2024 sono ammontati a circa 2,7 milioni di metri cubi di legname(Fonte Provincia di Trento). L’altro alert è che l’Italia sta così perdendo, a causa di incendi, crisi climatica e insetti parassiti, dei preziosi alleati nella mitigazione dei cambiamenti climatici essendo le foreste pozzi naturali di assorbimento e stoccaggio di anidride carbonica (CO2). Quelle italiane riescono ad accumulare ben 1,24 Gt miliardi di tonnellate di carbonio organico, ma per adempiere a questa funzione devono rimanere efficienti e in buona salute.
Ritardi
Una fotografia preoccupante a cui si aggiungonoanche i ritardi ormai cronici della Penisola nella gestione forestale sostenibile. In Italia appena il 18% delle foreste ha un piano di gestione forestale vigente, ed è appena del 10% la percentuale delle foreste certificate con un incremento di 107mila nuovi ettari nel 2024 (ossia appena dell’1%), la manifattura nazionale del legno arredo dipende dall’estero per l’approvvigionamento di materia prima dato che l’Italia importa circa l’80% del nostro fabbisogno. Inoltre, la Penisola è in forte ritardo nel contrastare la crisi climatica visto che mancano all’appello i Piani forestali di indirizzo territoriale (PFIT) con effetti anche di mitigazione e adattamento al clima degli ecosistemi forestali su scala locale; così come nella lotta al contrasto alla deforestazione e al degrado forestale a livello globale non è riuscita a dare sino ad ora un segnale forte nel chiedere di velocizzare l’attuazione del regolamento EUDR, approvato nel 2023, e prorogato di 12 mesi dall’Ue a cui si potrebbe aggiungere un ulteriore rinvio. Tra i pochi passi avanticompiuti dal Paese, bene, invece, l’approvazione delle linee guida per l'attuazione del “Registro pubblico sui crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agricolo e forestale” che prevede regole per certificare i progetti di assorbimento di CO₂, e la nascita della Rete nazionale dei primi 60 Boschi Vetusti che tutelano la biodiversità forestale. Una cosa, però, è certa, denuncia Legambiente, l’Italia ad oggi paga lo scotto di sottovalutare il suo patrimonio forestale fondamentale per raggiungere gli obiettivi della transizione ecologica e attuare il Clean Industrial Deal made in Italy.
Un capitale verde spesso dimenticato
Secondo i dati Eurostat, la superficie forestale italiana supera i 10 milioni di ettari, pari a circa il 38% del territorio nazionale e l’Italia è tra i paesi europei con la maggiore crescita della superficie boschiva. Non va dimenticato che le foreste italiane sono tra le più diversificate d’Europa, con circa il 45% dei popolamenti arborei composto da 4-5 specie differenti e una ricca biodiversità. Esempi emblematici di questa ricchezza sono le leccete (Quercus ilex) sempreverdi e le faggete (Fagus sylvatica) di latifoglie, presenti su Alpi e Appennini, fino ai boschi di abete bianco. Per questo secondo Legambiente è fondamentale che l’Italia punti davvero su una Gestione Forestale Sostenibile (GFS) tenendo conto anche del ruolo multifunzionale e bioeconomico delle foreste, come chiesto dall’Europa. Ad esempio, la filiera italiana del legno – arredo, composta da 71.500 imprese e 307.000 addetti, esprime un saldo commerciale attivo pari a 7,6 miliardi di euro, confermando la sua vocazione all’export e la competitività sui mercati internazionale.
Dieci proposte al Governo
Dall’VIII Forum Foreste Legambiente chiede al Governo Meloni più azioni concrete per colmare i ritardi e raggiungere gli obiettivi europei 2030 su foreste, clima e biodiversità. Dieci le proposte che avanza ebasate su tre caposaldi: 1) la lotta alla crisi climatica; 2) il contrasto e la prevenzione agli incendi attraverso una governance dei rischi appropriata, un’adeguata gestione e attività di pianificazione del paesaggio forestale; 3) la piena applicazione della Strategia Nazionale sulla Gestione Forestale. In particolare, è necessario da un lato tutelare di più foreste e biodiversità, istituire nuove aree protette e creare più foreste urbane, prevedere un sistema di prevenzione multirischio, migliorare la pianificazione forestale, ma anche la conoscenza e il monitoraggio degli ecosistemi forestali creando la Lista rossa delle specie forestali a rischio, Piani d’Azione per la tutela delle specie forestali e Piani di gestione per le specie a rischio, che ad oggi ancora mancano. Dall’altra parte occorre promuovere il Made in Italy anche nel settore forestale per garantire un migliore utilizzo delle risorse locali e più qualità nell’approvvigionamento delle filiere forestali (wood security), valorizzare il riuso dei materiali e la sostituzione di quelli tradizionali e più inquinanti con materiale rinnovabile, contrastare il commercio illegale e la deforestazione.
«Il settore forestale - commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - è fondamentale per la transizione ecologica e la crescita della bioeconomia circolare, perché le foreste forniscono materia prima rinnovabile e offrono opportunità di sviluppo per i bio-prodotti più adatti a ridurre la dipendenza dai materiali e combustibili di origine fossile. L’Italia, paese ricco di foreste, deve recuperare i troppi ritardi accumulati sino ad oggi. Per fare ciò, serve una maggiore coerenza e integrazione tra le politiche nazionali, regionali con le strategie comunitarie e globali; ma anche un cambio di passo delle Regioni nell’attuazione delle politiche territoriali, e per questa ragione nei primi mesi del 2026 organizzeremo Foreste in Tour con una serie di tappe organizzate in alcune Regioni. Inoltre, occorre destinare risorse ordinarie adeguate al settore forestale, includendo anche per la messa a dimora di alberi in aree urbane, e prevedere agevolazioni per imprese che investono in green jobs».
«I ritardi nella gestione forestale sostenibile - aggiunge Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette di Legambiente- la mancata pianificazione e lo scarso livello di certificazione, l’illegalità riscontrata nella filiera legno-energia e la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento che rischia di aggravare la deforestazione globale, rappresentano per l’Italia un ostacolo significativo al raggiungimento degli obiettivi 2030 su clima e biodiversità e all’efficace contrasto della deforestazione mondiale.L’Italia può raggiungere i target 2030 previsti, solo se farà crescere la quantità di boschi con popolamenti maturi e senescenti (foreste primarie o vetuste), se tutelerà il 30% del territorio e sedestinerà a riserva integrale il 10% delle foreste per realizzare hot-spot di biodiversità forestale. È, inoltre, importare che il nostro Paese applichi, senza ulteriori rinvii, il regolamento europeoEUDR e utilizzi con intelligenza le opportunità della legge europea sul ripristino della natura. Un appello che lanciamo anche in vista della trentesima edizione della Festa dell’Albero, che il 21 novembre vedrà migliaia di cittadini e volontari di Legambiente mettere a dimora alberi per lanciare un messaggio di speranza e futuro».
Deforestazione
La deforestazione a livello globale avanza, anche se a un ritmo più lento. Secondo l’ultimo report della FAOnegli ultimi cinque anni, il tasso annuale di deforestazione, cioè di cambio permanente dell’uso del suolo, è stato stimato in 10 milioni di ettari, in calo rispetto ai 12 milioni di ettari del 2010-2015. Agricoltura e allevamento intensivi rappresentano la causa principale della deforestazione, seguiti dall’eccessivo sfruttamento delle risorse e dall’espansione urbana incontrollata. Legambiente ricorda che l’Unione Europea è tra i maggiori utilizzatori di materie di origine forestale: solo Italia, Germania, Francia e Olanda importano oltre il 50% dei prodotti forestali che entrano in Europa e questo deve comportare una maggiore responsabilità nell’approvvigionamento legale e nell’uso sostenibile delle risorse naturali a scala globale. Il tema della deforestazione e il degrado forestale a livello globale devono essere affrontati con serietà, a partire dall’Italia, per impedire l’ingresso sul mercato europeo di prodotti e materie prime (legno, bovini, soia, gomma, palma da olio, cacao e caffè) illegali. Ad oggi si stima che il 10-30% del legname estratto annualmente dalle foreste del mondo è illegale. Il commercio del legname illegale genera un valore economico stimato in circa 100 miliardi di euro e finanzia il più redditizio dei crimini legati alle risorse naturali.



