Von der Leyen e Meloni confidano nei negoziati per trovare un accordo entro il primo agosto. Intanto secondo la Cgia l’impatto economico sulle esportazioni si aggira attorno ai 35 miliardi all’anno
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A seguito dell'introduzione da parte dell'Amministrazione Trump di una tariffa doganale del 30%, la Cgia stima «in via molto prudenziale, che l'impatto economico sulle esportazioni italiane potrebbe aggirarsi attorno ai 35 miliardi euro all'anno». Lo afferma Paolo Zabeo, Coordinatore Ufficio studi Cgia. «Settori più colpiti: medicinali, preparati farmaceutici; autoveicoli; navi e imbarcazioni; macchinari; bevande (vini); prodotti raffinazione petrolio; abbigliamento; occhialeria; gioielleria e mobili».
L'ufficio studi dell'associazione artigiani e piccole imprese, ha aggiornato le stime a seguito della lettere inviata da Trump all'Unione Europea. Nella missiva il tycoon mette in chiaro che «l'Unione Europea consentirà un accesso completo e aperto al mercato degli Stati Uniti, senza che ci vengano addebitate tariffe doganali, nel tentativo di ridurre l'elevato deficit commerciale».
Poi avverte l'Ue: «Se per qualsiasi motivo decidete di aumentare le vostre tariffe e di reagire, l'importo, qualunque sia l'aumento scelto, verrà aggiunto al 30% che applichiamo». E ancora: «Vi preghiamo di comprendere che queste tariffe sono necessarie per correggere i molti anni di politiche tariffarie e non tariffarie e barriere commerciali dell'Unione Europea che causano gli ingenti e insostenibili deficit commerciali a carico degli Stati Uniti. Questo deficit rappresenta una grave minaccia per la nostra economia e, di fatto, per la nostra sicurezza nazionale».
Nella sua replica a Trump, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ha rilevato che «l'imposizione di dazi del 30 percento sulle esportazioni dell'Ue sconvolgerebbe le principali catene di approvvigionamento transatlantiche, a scapito delle imprese, dei consumatori e dei pazienti su entrambe le sponde dell'Atlantico».
«Restiamo pronti - ha assicurato - a continuare a lavorare per raggiungere un accordo entro il primo agosto. Allo stesso tempo, adotteremo tutte le misure necessarie per salvaguardare gli interessi dell'Ue, inclusa l'adozione di contromisure proporzionate, se necessario».
Intanto Palazzo Chigi invita ad evitare polarizzazioni. «Il governo italiano - si legge in una nota - continua a seguire con grande attenzione lo sviluppo dei negoziati in corso tra Unione Europea e Stati Uniti, sostenendo pienamente gli sforzi della Commissione Europea che verranno intensificati ulteriormente nei prossimi giorni. Confidiamo nella buona volontà di tutti gli attori in campo per arrivare a un accordo equo, che possa rafforzare l'Occidente nel suo complesso, atteso che - particolarmente nello scenario attuale - non avrebbe alcun senso innescare uno scontro commerciale tra le due sponde dell'Atlantico».
«Ora è fondamentale rimanere focalizzati sui negoziati, evitando polarizzazioni che renderebbero più complesso il raggiungimento di un'intesa», conclude la nota.
Intanto dalla Cgia a Coldiretti a Confartigianato, sono tutti concordi nel sottolineare che a pagare le conseguenze della guerra commerciale in atto saranno soprattutto le Regioni del Mezzogiorno. In particolare - sottolinea la Cgia - Sardegna, Sicilia e Molise, ovvero le regioni che nelle esportazioni nei confronti degli Stati Uniti presentano l'indice di diversificazione peggiore. La Sardegna (95,6 per cento), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9 per cento) - caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici/materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno – e la Sicilia (85 per cento), che presenta una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi. Tra le realtà territoriali del Mezzogiorno, solo la Puglia presenta un livello di diversificazione elevato (49,8 per cento).
Un dato che la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici. Mentre il dato calabrese di diversificazione dell'export è pari al 78% e si esplicita nella vendita di prodotti chimici, prodotti alimentari, frutta e ortaggi lavorati e conservati.