VIDEO– Dal museo della Ginestra voci e progetti per trasformare il tessile in strumento di resistenza contro lo spopolamento dei territori montani. L’isolamento infrastrutturale resta una delle maggiori criticità
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Nelle pieghe dei tessuti, nei rumori antichi dei telai, si cela un racconto che attraversa secoli. Longobucco, centro nel cuore della Sila greca, non è solo un borgo montano ma un crocevia di storie, mestieri e visioni che si intrecciano. Qui, dove l’arte tessile è radicata come i castagni, prende forma una riflessione che riguarda non soltanto la memoria ma anche il futuro delle aree interne della Calabria. Il workshop dedicato agli Archivi tessili sensoriali, ospitato il 29 agosto 2025 al Museo d’Impresa della Ginestra, della Lana e della Seta “Eugenio Celestino”, ha raccolto voci e sguardi differenti: artigiani, istituzioni, imprenditori. Tre figure, in particolare, hanno offerto chiavi di lettura preziose: Eugenio Celestino, custode e innovatore di una tradizione familiare, Natale Carvello, presidente del GAL Kroton, e Antonio Candalise, presidente del GAL Sila. Le loro parole, intrecciate, restituiscono un mosaico in cui memoria, identità e sviluppo diventano trama di una stessa stoffa.
La voce degli artigiani: Eugenio Celestino
Per Eugenio Celestino, la forza di Longobucco risiede innanzitutto nella conoscenza delle proprie radici. «L’importanza è quella dovuta intanto alla conoscenza della nostra storia, della nostra tradizione, di quello che è stato anche un obbligo ecologico, ricco di cultura e di tradizione popolare e occidentale, che devono essere valorizzate e messe a conoscenza del mondo intero».
Nelle sue parole si percepisce l’idea che la memoria non sia semplice nostalgia, ma base concreta su cui costruire sviluppo. Il museo, in questo senso, è officina: non raccoglie soltanto oggetti ma conserva gesti, ritmi, saperi. È un archivio sensoriale che parla non solo agli occhi, ma al tatto e alla memoria collettiva. Celestino vede nel tessile un’opportunità economica e sociale per le comunità locali: «L’interesse c’è, viene suscitato molto dalle tradizioni locali e da uno di quei settori che può investire, che può cercare di dare ai nostri territori un freno allo svuotamento che va avanti da troppo tempo». Il tessuto diventa quindi non solo simbolo, ma strumento di resistenza contro lo spopolamento.
Il ruolo delle istituzioni: Natale Carvello
Dalla prospettiva di Natale Carvello, presidente del Gal Kroton, la dimensione artigiana si intreccia con una strategia più ampia di cooperazione e sviluppo territoriale. «Sono un momento importantissimo per la crescita culturale, per la conoscenza delle realtà locali, soprattutto in aree naturali. Abbiamo un progetto regionale di cooperazione con tutti i Gal calabresi, che nasce dal Programma Leader. Abbiamo avviato questo sostegno alla rete e ai musei d’impresa di Calabria».
Il museo, dunque, non è soltanto memoria di un mestiere, ma nodo di una rete regionale che tiene insieme tradizione, impresa e turismo. L’obiettivo è costruire un’offerta integrata, capace di rendere la Calabria appetibile come destinazione culturale ed esperienziale. «È importantissimo valorizzare il pacchetto Calabria al completo: tradizioni, innovazione, impresa. Abbiamo dato un sostegno a questa rete di aziende per consentire di essere un ulteriore motivo di attrazione turistica della nostra terra». Carvello sottolinea l’importanza del turismo esperienziale come leva: non vendere soltanto paesaggi, ma incontri, storie, partecipazione diretta. Il programma Restanza, da lui citato, incarna questa visione: incentivare i giovani a rimanere e investire nei territori, offrendo strumenti concreti – dal sostegno alle imprese alle politiche di valorizzazione – per trasformare radici in futuro.
La prospettiva dei territori: Antonio Candalise
Il terzo sguardo, quello di Antonio Candalise, presidente del Gal Sila, aggiunge una dimensione di concretezza e resistenza. «Siamo qui a Longobucco per farvi notare questa storia della famiglia Celestino che resiste negli anni e nei decenni. Stiamo parlando degli inizi del Novecento, con un laboratorio-scuola di tessitura che continua a vivere». Candalise insiste sulla necessità di far emergere le peculiarità locali, trasformandole in coscienza collettiva e in progettualità. «Abbiamo bisogno che la nostra gente prenda coscienza della propria terra, dei disegni, delle potenzialità. Con queste potenzialità è necessario strutturare un’idea di sviluppo economico». Per lui, la valorizzazione non riguarda solo il tessile ma anche l’agroalimentare, con prodotti che possono diventare attrattori per i borghi.
Il “sacchietto” di Longobucco, ad esempio, è un’eccellenza poco conosciuta ma capace di raccontare identità e sapori di un territorio. Candalise non nasconde le difficoltà: l’isolamento infrastrutturale resta una delle maggiori criticità. Ma vede nel museo un’occasione per aprire Longobucco al mondo. «Mettere in rete questo museo significa uscire dall’isolamento. Raccontare la storia del telaio e dei tessuti vuol dire raccontare la storia di Longobucco, e viceversa». L’innovazione, per lui, non contraddice la tradizione: anzi, la rafforza. «Si può fare impresa anche in territori così difficili, a patto che ci sia un legame con la tradizione e la capacità di innovare. Lo dimostrano le 35 nuove start-up che abbiamo sostenuto».
Una trama comune
Le tre voci – l’artigiano, il presidente del Gal Kroton, il presidente del Gal Sila – compongono un discorso unitario. Tutti riconoscono che la memoria non basta se resta chiusa in se stessa. Deve aprirsi, diventare progetto, contaminarsi con l’innovazione e il turismo. Il museo di Longobucco diventa quindi simbolo e laboratorio: luogo in cui la storia dei Celestino dialoga con strategie regionali e con politiche di sviluppo che puntano a frenare lo spopolamento e a dare nuova dignità alle aree interne. La sfida, come emerge dalle tre interviste, non è soltanto conservare ma generare: trasformare archivi sensoriali in imprese, tradizioni in opportunità, borghi isolati in attrattori culturali.