Anche la Calabria nel mirino del Governo: «Un centro rimpatri in ogni regione». Ma tante cose non tornano, ecco quali
Palazzo Chigi punta su un effetto deterrenza portando il periodo di permanenza nei Cpr a 18 mesi. Per fare ciò ha bisogno di nuove strutture che dovrebbero sorgere dove ora non ci sono. Ma rimandare nel proprio Paese chi arriva non è affatto facile: numeri bassi e mancanza di trattati bilaterali. Opposizione scatenata
È arrivata la stretta promessa dal Governo Meloni sull’immigrazione. È arrivata dopo i giorni difficili di Lampedusa, quando più di 6mila persone sono giunte sull’isola e l’hotspot ha superato di dieci volte la sua capacità di carico.
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Ieri il Consiglio dei Ministri ha comunicato i nuovi provvedimenti, due in particolare: aumento della detenzione nei Centri di permanenza per i rimpatri fino a 18 mesi per chi non ha diritto alla protezione internazionale e costruzione di nuove strutture.
È così che questo Esecutivo affronta la bestia nera di tutti i governi di centrodestra: l’immigrazione.
Da sempre la soluzione trovata per gestire un fenomeno complesso come le migrazioni è questa: respingimenti e detenzione. Detenzione amministrativa, cioè senza aver commesso reato. Il governo vuole intimorire così i disperati che lasciano le loro terre martoriate dalla guerra, dalla fame o da entrambe, con la minaccia di una detenzione più lunga.
Le nuove norme
Attualmente il limite di detenzione è 3 mesi prorogabili per altri 45 giorni, ma il governo guidato da Giorgia Meloni ha sempre detto di voler allungare il tempo massimo di trattenimento dei migranti nei Cpr, che non sono centri di accoglienza, ma strutture detentive.
Nel 2021 sono transitate nei centri 4.489 persone. Meno della metà delle persone detenute è stato effettivamente rimpatriato.
Con la nuova Legge di bilancio i fondi per i Cpr sono stati aumentati di 5,39 milioni di euro per quest'anno e 42,5 milioni di euro per i prossimi tre anni, come spiega Openpolis.
Già il cosiddetto decreto Cutro aveva snellito le procedure per realizzare nuove strutture e ora il Governo vuole realizzare il suo obiettivo dichiarato: un Cpr in ogni regione.
L’estensione del tempo di detenzione sarà valida per gli stranieri non richiedenti asilo «per i quali sussistano esigenze specifiche», come i casi in cui «lo straniero non collabori al suo allontanamento o per i ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi».
I numeri non tornano
Non si possono rinchiudere nei Cpr tutti i migranti che arrivano in Italia. Dall’inizio dell’anno sono sbarcati nel nostro Paese 127.207 migranti, i posti nei Cpr sono poco più di mille.
Nel 2022 sono stati trattenuti nei Centri per il rimpatrio 6.383 migranti. Ne sono stati realmente rimpatriati solo 3.154.
L’aumento a 18 mesi del termine massimo di trattenimento nei Cpr, inoltre, non fa che diminuire il ricambio di persone nei centri e rende necessarie sempre più strutture. Ma il problema principale è che lo scopo della detenzione nei Cpr è il rimpatrio dei migranti irregolari e che tutta l'idea repressiva si poggia su un presupposto che non esiste: gli accordi di riammissione con i Paesi di provenienza, eccetto che per Tunisia, Egitto e Albania, come ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
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Serve «una missione europea anche navale se necessario, in accordo con le autorità del Nordafrica» ha detto Meloni.
In realtà fermare imbarcazioni dove potrebbero esserci richiedenti asilo equivale a respingimenti indiscriminati, vietati da Convenzione di Ginevra e Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Le navi europee sarebbero comunque obbligate a soccorrere natanti in difficoltà e a portarli nel porto più sicuro, anche in Italia, come da convenzioni internazionali.
I rimpatri
Uno dei motivi per cui i rimpatri non ci sono è la mancata collaborazione con i paesi d’origine dei migranti. Senza accordi con i paesi di origine, i migranti non possono essere rimandati indietro.
Nella maggior parte dei casi le persone che entrano in un Cpr non hanno documenti e vengono registrate con una autodichiarazione in cui c'è anche il Paese di origine, che spesso, però rifiuta di riaccoglierli.
Secondo i calcoli di Domani, il rimpatrio forzato è una procedura che costa circa 8.000 euro a persona. Nel 2022 sono stati effettuati 3.275 rimpatri forzati e al 31 agosto 2023 erano 2.293
Piantedosi: «Due mesi al via libera»
Come detto, il Governo ha annunciato che sorgerà un Cpr in ogni regione e saranno costruiti «in zone scarsamente popolate e facilmente sorvegliabili», probabilmente in caserme ed ex basi militari dismesse. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi assicura che «nel giro di due mesi ci sarà il via libera al piano». La ricognizione dei luoghi possibili candidati sarebbe già in atto ei siti saranno considerati di interesse nazionale per la sicurezza. Una volta fatta la scelta, il Genio militare si muoverà per il rapido allestimento. Il presidio dei centri non coinvolgerà invece le forze armate, ma soltanto quelle di polizia.
Un Cpr anche in Calabria
Oggi in Italia ci sono dieci Cpr, a Milano, Torino, Gradisca d’Isonzo, Roma, Palazzo San Gervasio, Macomer, Brindisi-Restinco, Bari-Palese, Trapani-Milo, Caltanissetta-Pian del Lago. Quello di Torino è stato chiuso dopo una rivolta. Le regioni che mancano all’appello sono quindi Valle d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria.
L’istituzione di nuovi Cpr in zone poco popolate e lontane dai centri, difficili da raggiungere per giornalisti e persone che si occupano della protezione dei diritti delle persone migranti, è stata già criticata perché rende facile abusi e violenze.
Nei Cpr già esistenti, infatti, da anni le associazioni denunciano le condizioni disumane in cui si trovano le persone detenute. Un'inchiesta di Altraeconomia ha svelato come nei centri vengano somministrati in grandi quantità benzodiazepine, antiepilettici, antidepressivi e metadone «per stordire gli uomini in modo che mangino di meno, restino più tranquilli e resistano di più al sovraffollamento, nelle gabbie in cui vengono stipati».
Le reazioni dalle opposizioni
«Meloni mi accusa di fare propaganda - scrive la segretaria del Pd Elly Schlein - ma il suo fallimento è sotto gli occhi di tutti. Non ha ottenuto nulla di nuovo rispetto alle politiche europee degli ultimi dieci anni».
«Giorgia Meloni - dice Pierfrancesco Majorino, responsabile Immigrazione del Pd - è in imbarazzo per il clamoroso fallimento delle sue politiche. Fino alla tragedia di Cutro ha prevalso la tentazione di usare la questione migratoria come un pretesto per scopi di propaganda. Oggi non è più così: il governo e il centrodestra non riescono a gestire l’accoglienza, tentano di nascondere la questione in tutti i modi, attuano una rimozione del fenomeno. Peccato che in mezzo a tutto ciò ci sia il destino delle persone e la situazione delle città».
Per Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra, la possibilità di trattenere i migranti fino a 18 mesi è «un affronto ai diritti umani e un boomerang economico e organizzativo».
«Dovrebbero essere indagati per truffa elettorale se ne esistesse il reato», dice invece Vittoria Baldino del Movimento 5 Stelle.