La decisione dei giudici conferma la pronuncia di primo grado. L’avvocato Staropoli: «La ragazza e sua madre coraggiose a denunciare nonostante gli insulti ricevuti da altri parenti»
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Avrebbe costretto la nipote, all'epoca da poco diciottenne, a subire attenzioni sessuali. Con l'accusa di violenza sessuale, la Corte d'Appello di Catanzaro ha quindi condannato A.M., 66 anni, di Briatico, alla pena di due anni, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno, così come in primo grado.
La ragazza si è costituita parte civile nel processo, assistita dall'avvocato Rosalia Staropoli. Secondo l'accusa, l'imputato avrebbe agito con violenza costringendo la nipote a baciarlo in bocca. «La ragazza si trovava da sola con lo zio che l'ha vista crescere - spiega all'Agi l'avvocato Staropoli - quando all'improvviso l'uomo l'ha stretta con entrambe le braccia e l'ha baciata sulla bocca con la lingua. Traumatizzata e visibilmente scossa, la ragazza ha confidato tutto alla madre che non ha mai smesso di sostenerla, mentre altri parenti hanno ricoperto le due donne di insulti irripetibili riscontrati negli atti del procedimento penale. Le due donne affrontando ogni sorta di pregiudizio e maldicenza hanno deciso con coraggio di denunciare quanto accaduto. L'evento dannoso nella psiche di una ragazza poco più che diciottenne, provocato dallo zio di cui si fidava, ha alterato tutte le abitudini di vita sociale e relazionale. Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre resistenza, essendo sufficiente che l'azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo, così ponendola nell'impossibilità di difendersi».