I settori strategici del mondo del calcio sono in mano alla criminalità organizzata. Questo ci raccontano tre decreti che hanno posto tre società calcistiche in amministrazione giudiziaria. L’ultimo caso è quello della società Juve Stabia, fondata nel 1907 a Castellammare di Stabia. Una società sportiva longeva e tra le più significative del Sud Italia ma che, rivelano le indagini della Procura di Napoli e della Direzione nazionale antimafia, oggi sarebbe fortemente condizionata dalle organizzazioni criminali camorristiche, in primis il clan D’Alessandro. «Gli spostamenti della squadra, la sicurezza, il beveraggio, le gestione dei biglietti: tutto era nelle mani della camorra — ha detto Gratteri —. La Juve Stabia è una società che milita in serie B, e questo fa scalpore».

Il caso del Crotone condizionato dalla ’ndrangheta

La Juve Stabia è la terza società ad essere stata posta in amministrazione giudiziaria per via delle infiltrazioni mafiose. Il caso più recente è quello dell’FC Crotone srl, che milita in serie C. È di ieri la notizia che il Tribunale di Catanzaro, sezione misure di prevenzione, ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa della società dopo il decreto emesso lo scorso 16 settembre. Qui, secondo le indagini condotte dalla Dda di Catanzaro e dalla Dna, a spartirsi gli affari che giravano intorno alla squadra ci sarebbero le famiglie della cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura di Crotone poi rimpiazzate dal clan Megna di Papanice.

Foggia, il legame tra ultrà e criminalità organizzata

Ma è pugliese la prima squadra a essere stata sottoposta, il 19 maggio scorso, ad amministrazione giudiziaria, il Foggia. «L’attività investigativa, svolta dai poliziotti di Digos, Squadra mobile e Divisione anticrimine, ha evidenziato come gruppi di ultras, direttamente coordinati dalla criminalità organizzata – spiega un comunicato stampa – foggiana, abbiano pianificato e realizzato una campagna di intimidazione e azioni violente per impadronirsi della società di calcio, in conseguenza del rifiuto da parte della presidenza, di affidare a determinate persone i servizi di gestione del sistema delle sponsorizzazioni e degli accrediti per l’ingresso allo stadio, oltre che il controllo di assunzioni e rapporti professionali all’interno della società sportiva». Il 2025, insomma, può a tutti gli effetti essere considerato l’anno in cui sono emersi, in tutta la loro virulenza, gli appetiti delle mafie intorno all’affare del calcio e gli stretti legami con curve ultras e società sportive. 

La "tranquillità" ambientale a Crotone

Prendiamo il Crotone. Già nel 2011 il collaboratore di giustizia Giuseppe Vrenna (figlio di Raffaele Vrenna classe 1931, nonché nipote del capostipite della famiglia Vrenna, Luigi classe 1909, alias "U Zirru”, affiliato di primo piano all’omonima cosca di ‘ndrangheta) raccontava di aver ricevuto dai fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna (amministratori della società), aiuti economici durante i periodi di detenzione, assunzioni per il figlio e aiuti per il mantenimento della propria attività economica.
Secondo il Tribunale di Catanzaro il pericolo di infiltrazione all’interno della società calcistica del Crotone è sorto anzitutto in considerazione della vicinanza dei fratelli Vrenna agli ambienti criminali crotonesi per effetto di un legame di sangue con la cosca Vrenna. Un legame che sarebbe rimasto allo stadio della «contiguità, finalizzata a mantenere una condizione di “tranquillità ambientale”».

Le parole dei pentiti sul Crotone Calcio

Tutti i collaboratori di giustizia (da Luigi Bonaventura a Giuseppe Vrenna e Domenico Bumbaca) – sottolineano i giudici – concordano nel dichiarare che i Vrenna, fin dagli albori della loro attività imprenditoriale, sono stati oggetto di richieste estorsive e danneggiamenti e che in cambio di lauti compensi hanno ottenuto dai cugini appartenenti alle cosche Vrenna e Bonaventura protezione per le imprese e anche per la gestione della società calcistica. I gruppi ‘ndranghetistici si sarebbero così interessati all’amministrazione del Crotone Calcio che, con l’indebolimento della cosca Vrenna sarebbe succeduta immediatamente la cosca Megna con la gestione della vigilanza, dei ticket d’ingresso allo stadio (anche grazie alla collaborazione di steward compiacenti). Non solo gli ingressi allo stadio sarebbero stati appannaggio del boss Mico Megna ma anche l’influenza esercitata nella security e la scelta dell’autista della squadra. Difronte a queste ingerenze l’atteggiamento della società calcistica sarebbe stato «passivo», scrive il Tribunale. Anche se non mancano episodi come il pestaggio di Raffaele Vrenna su una pubblica via nel momento in cui avrebbe cercato di “resistere” alle pretese dei Papanicari. E comunque, stabilisce oggi il Tribunale di Catanzaro, misure di prevenzione, le denunce dei Vrenna risalenti al 2014, 2017 e al 2019 non riguardano le “importanti anomalie” riscontrate specificamente nella gestione del Fc Crotone e dunque, secondo il tribunale, non smentiscono «l’atteggiamento fattivamente tenuto dalla società a fronte delle pretese della locale cosca di ‘ndrangheta».

La Juve Stabia e il potere della camorra

Ancora più aggressiva appare il condizionamento della camorra nella Juve Stabia. «Io faccio cose qui allo stadio che tu non riesci a fare». Questo avrebbe risposto alla polizia, il 9 febbraio scorso, nel corso della partita Juve Stabia-Bari, Giovanni Imparato - considerato un esponente del gruppo dei “Paglialoni, articolazione criminale vicina al clan D’Alessandro - pluripregiudicato e, soprattutto, attinto da Daspo triennale emesso dalla Questura di Napoli in data 22 agosto 2023, con obbligo di presentazione per due anni nei giorni delle partite della Juve Stabia. Con queste parole Imparato voleva dire che, nonostante l’interdizione, lui era entrato nello stadio e questo la dice lunga sul potere che il su gruppo esercitava anche sul servizio di sicurezza. E anche qui, come nel caso del Crotone, entra il discorso degli steward “amici” che già nel 2020, come emerge da alcune intercettazioni avrebbero fatto permesso a Massimo Terminiello - esponente del clan Cesarano – di fare entrare allo stadio suoi amici senza il documento di riconoscimento.

Sui servizi di sicurezza, poi, si apre un capitolo a parte. Gli investigatori hanno infatti accertato che questi vengono gestiti da un soggetto, Luigi D’Esposito al quale la Prefettura ha respinto la sua richiesta di ottenere la licenza per l’attività di vigilanza allo stadio. Ciononostante la società Juve Stabia ha continuato ad affidargli il servizio sicurezza a prescindere dai titoli abilitativi, tanto che nell’organigramma della società D’Esposito è indicato come “vice delegato alla sicurezza”. Ma secondo gli inquirenti l’uomo sarebbe solo un paravento perché a gestire davvero la sicurezza e l’ordine allo stadio “Romeo Menti” c’è la camorra.