Sono state depositate dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia (Barbara Borelli presidente, giudici a latere Laerte Conti e Alessio Maccarone) le motivazioni della sentenza emessa il 9 luglio scorso nell’ambito di un’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo e dalla locale Guardia di finanza, con il coordinamento della Dda di Catanzaro, finalizzata a far luce su una serie di estorsioni. Nove le assoluzioni, una la condanna.

Le accuse

L’inchiesta mirava a fare luce su diversi episodi estorsivi – aggravati dalle modalità mafiosecommessi a Vibo Valentia fra il 2009 e il 2022. L’operazione si era avvalsa anche del contributo dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella, Michele Camillò, Gaetano Cannatà e Bartolomeo Arena. In particolare erano state ricostruite: un’estorsione commessa nel 2009 ai danni un’impresa edile impegnata in lavori di movimento terra e riqualificazione urbana, per un ammontare di ventimila euro; un’estorsione commessa tra il 2015 e il 2017 all’impresa aggiudicataria della raccolta dei rifiuti urbani, per una cospicua somma di denaro (nel medesimo contesto il 20 aprile 2016 la ditta ha subito l’incendio di autocompattatore il cui autista veniva minacciato con una pistola); quattro tentate estorsioni ai danni di altrettante ditte (una delle quali aggiudicataria nel 2018 della raccolta dei rifiuti urbani di Vibo Valentia; una impegnata nel 2020 nei lavori di costruzione del nuovo ospedale di Vibo; mentre le altre impegnate dal 2021 al 2022 in lavori di riqualificazione di edifici – ecobonus 110%).

La condanna

Ad essere condannato dai giudici alla pena di 6 anni e 3 mesi di reclusione (e 2.200 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare in carcere) è stato Michele Manco, di anni 37, di Vibo Valentia (detenuto per tale procedimento e per il quale la Dda aveva chiesto 21 anni di reclusione). Michele Manco è stato anche interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale per la durata della pena. Manco è stato altresì condannato al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili: “Costruzioni Lucia Srl”, “De Nisi Srl”, “Stagno Aedil Srl” e Cirillo Alessandro, quale legale rappresentante pro tempore della “Edil Costruzioni Srl”. Per la determinazione dei danni il Tribunale ha si rimesso le parti davanti al giudice civile. Infine Michele Manco è stato condannato a rifondere le spese di costituzione, assistenza e rappresentanza delle parti civili liquidate in 1.350,00 euro per ciascuna di esse. Michele Manco incassa invece l’assoluzione per cinque capi d’imputazione (con le accuse di associazione mafiosa, tentata estorsione, danneggiamento seguito da incendio).

Michele Manco è stato ritenuto colpevole per il reato di la tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, ai danni delle ditte impegnate nei lavori di costruzione del nuovo ospedale di Vibo. Il metodo mafioso per i giudici è confermato dalla frase “Dì al tuo capo che si è dimenticato degli amici, la prossima volta spariamo” che Michele Manco avrebbe rivolto ad alcuni operai recandosi con l’auto sul cantiere del nuovo ospedale nel giugno e nel luglio del 2020. Sul cantiere era impegnata la ditta Costruzioni Lucia Srl che stava eseguendo le opere complementari alla realizzazione del nuovo ospedale. Ad “incastrare” Michele Manco, la testimonianza del direttore tecnico della ditta e degli operai impegnati nel cantiere, uno dei quali ha effettuato un riconoscimento fotografico. Dopo le denunce, ignoti diedero fuoco a un escavatore e due camion appartenenti alla ditta. Il racconto delle persone offese, ad avviso dei giudici, non viene scalfito dalla difesa di Michele Manco che per il Tribunale ha rilasciato sul punto dichiarazioni “estremamente generiche”, mentre gli episodi del giugno e luglio 2020 vanno considerati unitariamente e sono da ritenersi inquadrabili nel reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso con una responsabilità dell’imputato da affermarsi “oltre ogni ragionevole dubbio”. L’estorsione non si è poi consumata solo per la resistenza da parte delle vittime e per cause, quindi, indipendenti dalla volontà di Michele Manco le cui espressioni minacciose richiamano per i giudici “la forza dell’intimidazione mafiosa”, pur incassando l’imputato l’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa circa una sua contestata appartenenza al clan Pardea di Vibo (l’assoluzione in questo caso è con la formula “perché il fatto non sussiste”).

Le assoluzioni

Molti degli imputati del processo sono stati coinvolti e già condannati nel maxiprocesso Rinascita Scott (Domenico Macrì, Francesco Antonio Pardea e Salvatore Morelli su tutti), ma per i giudici del Tribunale di Vibo Valentia mancano le prove della continuità di quell’associazione mafiosa perseguita con l’inchiesta Rinascita Scott con l’attuale finita al centro dell’ultimo processo. Da qui le assoluzioni poiché i rapporti tra gli imputati non offrono certezze sull’attualità di una struttura criminale che possa definirsi mafiosa. Anche le dichiarazioni rese da diversi collaboratori di giustizia (Bartolomeo Arena, Adrea Mantella, Michele Camillò e Gaetano Cannatà) per i giudici si scontrano da un lato con in parte l’arco temporale andato a toccare, vale a dire che sono tutte antecedenti al novembre 2019 e quindi “si arrestano a epoche precedenti e non risultano idonee a dimostrare la continuità operativa dell’associazione mafiosa nel periodo contestato”, vale a dire il clan Pardea, in parte con la mancanza di riscontri a quelle dichiarazioni. Per il Tribunale la ripresa dell’operatività della cosca Pardea su Vibo Valentia rimane così solo un’ipotesi investigativa, ma non vi sono “riscontri certi sull’esistenza di un vincolo permanente”.

Incassano quindi l’assoluzione: Domenico Macrì, detto “Mommo” (la Dda aveva chiesto per lui 10 anni); Domenico Camillò, 31 anni, di Vibo Valentia (così chiesto dalla stessa Dda); Andrea Mantella, di 53 anni, di Vibo Valentia (collaboratore di giustizia, chiesti per lui 6 anni); Salvatore Mantella, 51 anni, di Vibo Valentia (assoluzione chiesta pure dalla Dda); Vincenzo Mantella, 39 anni, di Vibo Valentia (assoluzione chiesta pure dalla Dda); Francesco Antonio Pardea, 39 anni, di Vibo Valentia (chiesti 12 anni); Salvatore Morelli, 42 anni, di Vibo Valentia (chiesti 12 anni); Andrea Ruffa, 31 anni, di Vibo Valentia (chiesti 7 anni); Domenico Serra, 33 anni, di Vibo Valentia (era detenuto per tale procedimento, chiesti dalla Dda 7 anni). Tredici in totale i capi di imputazione che erano stati contestati dalla Dda di Catanzaro che valuterà ora se appellare alcune assoluzioni.

Il collegio di difesa

Gli avvocati impegnati nel collegio di difesa sono: Stefano Luciano e Giuseppe Bagnato (per Domenico Macrì), Guido Contestabile e Salvatore Pronestì (per Domenico Camillò), Manfredo Fiormonti (per Andrea Mantella), Vincenzo Brosio (per Andrea Ruffa), Giuseppe Di Renzo (per Domenico Serra), Diego Brancia e Francesco Sabatino (per Salvatore Mantella), Giovanni Vecchio e Giuseppe Di Renzo (per Salvatore Morelli), Diego Brancia e Renzo Andricciola (per Francesco Antonio Pardea), Diego Brancia (per Vincenzo Mantella), Walter Franzè (per Michele Manco).