Il faccendiere e la clamorosa cresta sulla mazzetta destinata al giudice Petrini

VIDEO | I particolari dell’indagine della Procura di Salerno che ha portato all’arresto del commercialista cosentino Claudio Schiavone. Il professionista avrebbe trattenuto la metà dell’anticipo che serviva ad aggiustare il processo Itaca Free Boat. E avrebbe pagato 5.000 euro affinché la moglie fosse incaricata come perito nel processo che interessava Salvatore Mazzei

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di Pietro Comito
26 giugno 2020
14:57

Sessantamila euro subito (si fa per dire… e vedremo perché), gli altri novanta ad assoluzione sentenziata. Era in grado di farsi corrompere con pochi spiccioli, ma talvolta i favori del giudice Marco Petrini costavano cari. Con l’arresto di Antonio Claudio Schiavone - elemento chiave in una delle vicende costate l’arresto al magistrato della Corte d’Appello di Catanzaro - la Procura di Salerno chiude solo il primo cerchio dell’indagine Genesi.

L’inchiesta, con il coordinamento del procuratore Giuseppe Borrelli e dell’aggiunto Luca Masini, porta in carcere, quindi, anche il commercialista cosentino che era in stretti rapporti con altre figure organiche al “sistema Petrini”: Mario Santoro, il colletto bianco dell’Asp di Cosenza in pensione, principale istigatore  nella corruzione del giudice e oggi reo confesso; Francesco Saraco, avvocato, pronto a tutto per salvare dalla pesante condanna rimediata in primo grado al processo “Itaca Free Boat” il padre Antonio ( figura di primo piano del cartello ’ndranghetista  Gallace-Gallelli-Saraco, egemone tra Guardavalle e Badolato), oltre che il boss Maurizio Gallelli.

Il commercialista che “risolve problemi”

Schiavone – scrivono i magistrati campani – ha «stabili relazioni» con Emilio Santoro, che lo ha presentato a Petrini affinché potesse conferirgli degli incarichi peritali, ma possiede anche quote in una società a responsabilità limitata nella quale è partecipe proprio Francesco Saraco. In sostanza egli assume la funzione di ponte tra lo stesso avvocato dal papà ’ndranghetista ed il medico in quiescenza legato al giudice Petrini.


La storia

La vicenda contestata al commercialista cosentino, ricostruita dai pm salernitani grazie alle indagini della Guardia di finanza, ma anche in virtù delle ammissioni dei principali indagati, si svolge tra febbraio e marzo del 2019, quando l’avvocato Francesco Saraco promette di mettere sul tavolo 150.000 euro affinché il giudice Petrini interferisca sulla sentenza che devono pronunciare i tre colleghi che compongono la Corte d’Appello al processo “Itaca Free Boat”, verso una riforma che preveda l’assoluzione per Antonio Saraco ed una riduzione di pena, da 16 a 6 anni, per Gallelli. Il giudice Petrini che nel 2018, di suo pugno - dopo una bustarella da 10.000 euro consegnatagli da Schiavone in ascensore - aveva disposto la revoca della confisca e la restituzione dei beni ai Saraco, non riuscirà però a condizionare l’esito del processo d’appello per i due mafiosi della jonica catanzarese, la cui condanna di primo grado, a 10 e 16 anni, il 18 luglio 2019, sarà invece confermata.

Vai a fidarti…

Ma torniamo a febbraio-marzo di quello stesso anno. Una settimana dopo la promessa dei 150.000 euro, l’avvocato consegna a Schiavone i primi 60.000 euro necessari a corrompere Petrini, impegnandosi a versare il resto dopo la sentenza per Saraco e Gallelli. Col tempo, però, è l’avvocato Saraco a prendere in mano la situazione e gestire direttamente i rapporti con Santoro ed arrivare così a Petrini. Peraltro lo stesso Schiavone viene visto con sospetto sia dal medico in pensione, sia dal giudice corrotto. Emblematica, una intercettazione nella sede della Commissione Tributaria di Catanzaro, del 21 febbraio 2019. Santoro: «Claudio (identificato dagli inquirenti in Schiavone, ndr) ci ha fregato 100.000 euro in contanti». E Petrini: «Veramente?».

Il fatto che il commercialista li abbia in qualche modo “truffati” resta senza riscontro, ciò che è certo - per il pool del procuratore Borrelli - è il fatto che Santoro in passato ha più volte chiamato il professionista cosentino per avere prestiti o appuntamenti. Ed è altresì certo che i due maneggiavano un sacco di soldi. Dice Santoro, intercettato: «Quello che mi ha fatto zumpare i cazzi è stato Claudio… Claudio è stato, lo sai che ha fatto Claudio? L’amico che io gli ho fatto un favore, gli ha dato 150.000 euro… Ieri me l’ha detto, lui invece mi ha detto che gli ha dato 40.000».

La punta dell’iceberg

E chi maneggia più soldi di tutti sarebbe proprio Schiavone, che – si confidano Santoro e Petrini – ha diversi immobili tra Cosenza e Rende e contanti «liquidi, murati… Sì, un 700-800mila euro… è andato a fregare a tutti quanti…». Lo conoscevano bene, in fondo, entrambi. Di lui Petrini, una volta arrestato e messo sotto torchio a Salerno, dirà cose pesanti anche su altre vicende giudiziarie, come quella relativa alla procedura patrimoniale che investiva i beni di Salvatore Mazzei, il potente imprenditore lametino suocero del deputato della Lega Domenico Furgiuele: «Ho ricevuto a titolo corruttivo la somma di euro 5.000 – dirà il giudice una volta finito nei guai – a titolo corruttivo in cambio della di lui moglie (di Schiavone, ndr) come perito incaricato di accertare la sussistenza o meno della proporzione fra beni posseduti e redditi dichiarati».

La cresta sulla mazzetta

Del professionista bruzio parlerà anche Francesco Saraco, l’avvocato, arrestato e – come Petrini e Santoro – collaborativo con i pm di Salerno. Riferirà di un confronto avuto con Santoro: «Lui mi disse che Schiavone non era stato ai patti. Volle sapere quanto denaro io avevo consegnato a Schiavone e quando seppe che avevo versato 60.000 euro egli disse che Schiavone ne aveva trattenuti 30.000». Di quei soldi 23.000 euro sarebbe stati intascati da Petrini, 7.000 da Santoro, il resto… cresta.

Giornalista
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