Fortugno a venti anni dalla morte. I ricordi dell’allora presidente della Regione, Agazio Loiero. La sua amministrazione ha segnato un momento di svolta per la Calabria, sia per l’autorevolezza di Loiero, sia per gli obiettivi che si era posto, soprattutto nella sanità.

Presidente Loiero, cosa è rimasto nella sua memoria di quei momenti drammatici?
Quel 16 ottobre di venti anni fa, il giorno dell’uccisione, in un seggio delle primarie, di Francesco Fortugno, è una domenica calda. D’estate. In Calabria capita. L’ottobre nella nostra regione impigrisce molto. All’improvviso nel pomeriggio, mentre sono in giardino ad acciuffare l’ultimo sole, arriva una telefonata sul cellulare che mi sconvolge.

Cosa le dissero al telefono?
Una notizia tragica: Franco Fortugno, il vicepresidente dell’Assemblea regionale, esponente del mio partito, La Margherita, persona generosa e a me vicina è stato ucciso a Locri in pieno giorno, nel seggio delle primarie che stabiliranno la candidatura di Romano Prodi a presidente del Consiglio.

Quale fu la sua reazione?
Ero sconvolto, incredulo. Gridai a chi era al telefono: come ucciso? Evidente che non riesco a credere una notizia del genere. Mi riprendo con fatica e mi precipito in macchina alla volta di Locri, la cittadina adagiata sul mar Jonio, dove si registra un alto indice di criminalità, ma dove alcuni secoli prima di Cristo, quando ancora il resto dell’Europa era ancora un’immensa foresta, fiorì una civiltà a cui la cultura moderna guarda con ammirato stupore.

Cosa accadde durante il viaggio verso Locri?
Tra le tante telefonate, una in particolare. Il presidente della Repubblica, che all’epoca è Ciampi, mi dice parole di conforto da estendere alla famiglia della vittima. Lo prego con tutta la forza persuasiva di cui dispongo di essere presente ai funerali. Con il Ciampi ho un buon rapporto. Ben prima che diventasse presidente della Repubblica scrivevamo entrambi su “Il Messaggero” e un paio di volte l’anno ci trovavamo a cena a casa del direttore del giornale.

Cosa rispose il presidente?
Intuisco le sue perplessità. Immagino che tema di trovarsi nel bel mezzo di una faida. Gli stereotipi che da sempre gravano su noi calabresi sono pesanti ed estesi. Mi dice che ha molti impegni e che non può essere presente. Chiudo la telefonata sconsolato.

Poi cosa è successo?
Dopo una ventina di minuti però mi richiama e mi dice che farà di tutto per esserci. Infatti ci sarà e darà vita nel Consiglio regionale ad una scena fortemente coinvolgente. Purtroppo questo nostro tempo ha cancellato la memoria. Il presidente resterà con le sue mani intrecciare con quelle della moglie di Franco, Maria Grazia, e dei suoi figli, a lungo sulla bara. Ciampi era un personaggio unico nella scena politica del tempo.

Un omicidio che sconvolse la Calabria
Locri e la Calabria tutta all’epoca sembrarono svegliarsi da un lungo torpore. I ragazzi, quelli di “E ora ammazzateci tutti” furono protagonisti assoluti di quella stagione lontana. Io stesso ero riuscito a convincere Kerry Kennedy, la figlia di Bob a sua volta ucciso nel 1968, a venire a Locri per parlare con i ragazzi. Fu una giornata indimenticabile.

Ci fu qualcosa coinvolse direttamente Loiero. Pietro Grasso, all’epoca procuratore nazionale antimafia e successivamente il sostituto procuratore del processo sull’omicidio Fortugno, disse chiaramente che la morte di Franco Fortugno rappresentava un messaggio ad Agazio Loiero. Del resto Loiero e la sua giunta avevano deciso di intervenire sulla Sanità, su cui le cosche avevano messo le mani. Assessore alla sanità era un ex magistrato come Doris Lo Moro.

Chiediamo conferma al presidente Loiero.

È così. E in seguito a questo vengo dotato di una scorta scelta e numerosa, che per anni affettuosamente mi asfissierà.