Immaginate la scena. Un turista in cerca di sensazioni forti o anche un semplice viaggiatore che per qualche recondito motivo si ritrova a Vibo, decide di prendere un bus per raggiungere vattelappesca o soltanto per vedere l’effetto che fa viaggiare sulle mitiche strade vibonesi. Chiede dove sia il terminal degli autobus e, con non poche difficoltà, lo raggiunge scarpinando con il Gps del cellulare davanti al naso. Ci sarebbero le scale mobili, se funzionassero, ma quello è un altro discorso… Il nostro intrepido arriva al Terminal, evita di rompersi una gamba cadendo in qualche buca, guada le pozzanghere e si avvia verso la… biglietteria? Sala d’aspetto? Ufficio informazioni? Insomma, l’edificio circolare al centro del piazzale. La prima cosa che vede sono cumuli di spazzatura accatastati sul muro esterno. Si avvicina intimidito alla spettrale porta d’ingresso ed entra: “C’è nessuno?”. No, nessuno, ma c’è di tutto: ombrelloni da spiaggia accatastati e buttati alla rinfusa, sedie sdraio, lettini, tavolini pieghevoli. Intorno muri scrostati, finestre rotte, infissi sradicati, polvere e sporcizia ovunque. Il tutto accessibile da una porta laterale aperta.

Ingresso laterale aperto del Terminal bus

Ombrelloni e sdraio sono, con ogni probabilità, quelli sequestrati nei mesi scorsi dalla polizia municipale durante i controlli contro l’abusivismo sulle spiagge del litorale vibonese, in altre parole l’incivile consuetudine di “privatizzare” le spiagge libere lasciando anche di notte le proprie cose sugli arenili per poi, il giorno dopo, limitarsi a scendere al mare in tutta tranquillità e a qualsiasi ora, tanto il posto è occupato.
Nel terminal dei bus ci sono anche frigoriferi e tavolini che sembrano essere quelli di un bar o di un lido dismesso. Quasi inutile sottolineare che tutto l’edificio è diventato anche un bagno pubblico d’emergenza, con escrementi ovunque.
Il vetro che proteggeva il quadro elettrico è stato infranto. Come infranti sono i vetri della biglietteria. Faldoni di documenti delle Ferrovie della Calabria giacciono aperti e sparsi, alla mercé di chiunque. Il soffitto è ricoperto di muffa e annerito in alcuni punti: chi è entrato qui ha persino dato fuoco ad alcune attrezzature in legno. Ci sono segni di bruciature anche sugli ombrelloni.
I bagni? I sanitari, sorprendentemente, sono ancora integri. Ma la stanza non fa eccezione: sporcizia, incuria, odori stagnanti. Il piano superiore è nelle stesse condizioni. Degrado e abbandono avvolgono l’intera struttura, un tempo punto di passaggio per studenti, pendolari e viaggiatori. Un rifugio dal freddo, dalla pioggia. Oggi, solo un guscio vuoto che ospita rifiuti e silenzio.

La struttura è preda del degrado. All’interno, tra rifiuti e vetri rotti, sono stati accatastati sedie sdraio e ombrelloni raccolti sulle spiagge vibonesi ma anche i mezzi a pedalata assistita del servizio di bike sharing mai decollato

Ma la vera, amara sorpresa, è un'altra

Una stanza al piano terra, proprio accanto all'ingresso – accessibile a chiunque – è stata adibita a parcheggio delle biciclette elettriche del servizio di bike sharing. Ne contiamo sedici. Sembrano intatte, a parte la polvere che le ricopre. Sono le stesse bici acquistate dal Comune di Vibo Valentia con fondi pubblici – oltre 100mila euro stanziati – nell’ambito del progetto di mobilità sostenibile avviato ufficialmente nell’ottobre del 2022. In quell’occasione l’allora sindaco Maria Limardo aveva presentato con entusiasmo l’iniziativa, che prevedeva postazioni per il prelievo e la riconsegna delle bici in vari punti strategici della città, compresi il centro storico, la stazione ferroviaria e alcune aree periferiche. Il servizio, almeno sulla carta, sarebbe dovuto essere fruibile tramite una app sul cellullare, con l’obiettivo di incentivare spostamenti ecologici e ridurre l’uso dell’auto. Ma dopo la pedalata inaugurale e qualche foto di rito, il servizio non è mai decollato. Le bici sono rimaste ferme per mesi negli stalli, spesso preda dei vandali o utilizzate come sedute improvvisate. Di fronte al deterioramento crescente e all’assenza di manutenzione, il Comune ha deciso di rimuoverle “per preservarle”. E così sono finite in quella stanza dismessa, senza sorveglianza.
Ogni ulteriore considerazione sembra superflua. Il degrado e lo spreco di denaro pubblico è così evidente che è inutile anche ribadirlo. Quello che vi abbiamo raccontato e le immagini che vi proponiamo parlano di una struttura destinata ad ospitare i viaggiatori diventata l’ultimo dei depositi comunali. Una terra di nessuno in una città che sembra destinata all’oblio.