È ripartito dal secondo grado di giudizio il procedimento penale nato dall’operazione antimafia denominata “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani. Dopo una serie di annullamenti con rinvio decisi dalla Cassazione, stamane dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro si è aperto il processo nei confronti di cinque imputati per i quali la Suprema Corte ha ordinato ai giudici di merito di rivedere le loro posizioni. Gli imputati comparsi oggi per il nuovo processo di secondo grado sono:

  • Benito La Bella, di 36 anni, di Piscopio, (condannato a 13 anni e 8 mesi nel precedente giudizio d’appello e con un annullamento con rinvio disposto per lui dalla Cassazione relativamente ad un solo capo d’imputazione, difeso dagli avvocati Francesco Lojacono e Walter Franzè);
  • Stefano Farfaglia, di 40 anni, residente a San Gregorio d’Ippona (condannato a 10 anni nel precedente processo di secondo grado, difeso dagli avvocati Francesco Muzzopappa ed Elisa Solano);
  • Angelo David, di 40 anni, di Piscopio (condannato a 10 anni nel precedente giudizio d’appello, assistito dagli avvocati Muzzopappa, Solano e Alessandro Diddi);
  • Giuseppe Salvatore Galati, di 60 anni, detto “Pino il ragioniere”, indicato quale “capo società” del clan dei Piscopisani (nel precedente processo d’appello condannato a 12 anni, con l’annullamento con rinvio disposto dalla Casaszione per il reato di associazione mafiosa sino al 21 marzo 2011, difeso dagli avvocati Giuseppe Gervasi e Vincenzo Sorgiovanni);
  • Michele Staropoli, di 57 anni, di Piscopio (condannato a 7 anni e 2 mesi nel precedente processo d’appello e con l’annullamento con rinvio disposto per lui dalla Cassazione relativamente ad un solo capo d’imputazione, difeso dall’avvocato Guido Contestabile).


Costituite le parti ed aperto il processo, la Corte ha deciso stamane che la requisitoria della Procura generale di Catanzaro - necessaria per illustrare ai giudici le risultanze investigative alla base dell’impalcatura accusatoria e, quindi, formulare le richieste finali della pubblica accusa - si svolgerà il 12 gennaio. In tale data è prevista, al termine della requisitoria, la formulazione delle nuove richieste di pena nei confronti degli imputati. Gli interventi dei difensori degli imputati sono stati invece programmati oggi con inizio per l’udienza del 9 febbraio prossimo. Tra gli imputati che affrontano il nuovo processo d’appello a piede libero c’è anche Stefano Farfaglia tornato in libertà nei giorni scorsi su istanza dell’avvocato Francesco Muzzopappa.

Le ragioni della Cassazione e il nuovo processo

Per il nuovo processo di secondo grado assume certamente un peso rilevante il riconoscimento in via definitiva – già avvenuto ad opera della Cassazione – del reato associativo con il riconoscimento dell’esistenza di un’associazione mafiosa facente capo al clan dei Piscopisani che ha la sua roccaforte nella frazione Piscopio di Vibo Valentia. Compito della Corte d’Appello di Catanzaro sarà quindi quello di valutare se le prove portate dalla pubblica accusa nei confronti di alcuni imputati, per i quali è stato disposto l’annullamento con rinvio ad opera della Cassazione siano, siano ritenute solide per dimostrare la loro adesione ad un’associazione mafiosa comunque già esistente (il clan dei Piscopisani) e come tale già riconosciuta dalla Suprema Corte.
È rimasto infatti definitivamente accertato che a Piscopio è da tempo radicata la ‘ndrangheta e nel 2009 – con l’avvallo e la “benedizione” di alcune potenti cosche del Reggino – è stato costituito un nuovo “locale” che ha preso il posto della vecchia “società” mafiosa operativa nei decenni precedenti.
Il nuovo locale di ‘ndrangheta facente capo al clan dei Piscopisani avrebbe esteso i suoi tentacoli anche nella zona delle Marinate di Vibo alleandosi alla consorteria dei Tripodi di Portosalvo, già operativa da decenni in tali zone, ed arrivando a scontrarsi con l’articolazione del clan Mancuso facente capo al boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”. Attraverso incontri, summit e la partecipazione ad alcuni matrimoni, il clan dei Piscopisani ha inoltre stretto solidi legami con i Commisso di Siderno, i Pelle di San Luca e gli Aquino di Gioiosa Jonica. Legami che sono serviti ai Piscopisani per accrescere il proprio prestigio mafioso.