Il Tribunale non accoglie la tesi di una gestione affrancata da condizionamenti mafiosi con il cambio di presidenza: «Contiguità con le cosche per garantirsi tranquillità ambientale»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Secondo i giudici della seconda sezione penale, misure di prevenzione, del Tribunale di Catanzaro – Emma Sonni presidente, Chiara Ierardo e Silvia Manni a latere – non vi sono argomentazione che tengano: la società FC Crotone, davanti all'ingerenza mafiosa subita ha avuto un atteggiamento «di sottomissione» sia quando si trovava sotto la reggenza di Raffaele Vrenna, sia quando gli è succeduto il fratello Giovanni Vrenna.
La divisione del patrimonio tra i fratelli Vrenna
Le tesi difensive proposte dalla società nel corso dell'udienza del 13 ottobre, infatti, sostenevano che il 23 marzo 2017 Raffaele Vrenna aveva ceduto interamente le quote al fratello Giovanni che era divenuto presidente dell'FC Crotone srl. Tra l'altro i due fratelli hanno separato anche le loro strade imprenditoriali suddividendo il patrimonio aziendale comune e avviando un contenzioso che li vede tutt'ora contrapposti. Secondo la difesa, esiste un periodo post e uno ante 2016. E questo per mettere in evidenza il fatto che la posizione di Giovanni Vrenna sia stata marginale rispetto ad indagini e provvedimenti che hanno visto al centro soprattutto il fratello Raffaele. Come nel caso dell'inchiesta Puma dove il solo Raffaele Vrenna era stato imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, accusa dalla quale è stato assolto.
L'assunto della difesa, che per i giudici resta «indimostrato» è quello che i fatti che avrebbero portato all'amministrazione giudiziaria dell'FC Crotone sono antecedenti al 2016 mentre con la presidenza di Giovanni Vrenna la società si sarebbe allontanata definitivamente dall'ingerenza della 'ndrangheta.
Contiguità con le cosche in cambio di tranquillità ambientale
Una tesi che non è stata accolta dal collegio che ha respinto la richiesta di porre fine all'amministrazione giudiziaria. Il Tribunale sostiene che entrambi i fratelli Vrenna, essendo imprenditori facoltosi, fossero sottoposti a continue pressioni da parte della 'ndrangheta crotonese. Una «contiguità» giustificata dallo scopo di garantirsi «tranquillità ambientale» elargendo grosse somme di denaro e sopportando l'ingerenza delle cosche nelle loro attività imprenditoriali.
Lo stesso Giovanni Vrenna non sarebbe risultato estraneo a questa contiguità e un episodio che lo dimostrerebbe è quello relativo allo schiaffo ricevuto da parte di Luigi Bonaventura, esponente dell'omonima cosca, il quale avrebbe ottenuto il pagamento di un compenso in luogo dell'affidamento del servizio di sicurezza allo stadio, temporaneamente dato a qualcun altro.
I servizi di sicurezza alla cosca Megna
Cartina al tornasole dell'ingerenza della 'ndrangheta nell'FC Crotone è, secondo il Tribunale, la gestione della sicurezza nello stadio “Ezio Scida” del Crotone Calcio. Qui un ruolo centrale l'avrebbe avuto la cosca Megna che ha preso potere sostituendosi, senza soluzione di continuità, alla consorteria Vrenna-Corigliano-Bonaventura. Lo dichiarano collaboratori come Giuseppe Montemurro, Massimo Colosimo e Giuseppe Olivieri la cui credibilità è stata valutata positivamente anche da riscontri effettuati in un periodo in cui il Crotone era gestito da Giovanni Vrenna.