Omicidio di ‘ndrangheta a Reggio, arrestato dopo 32 anni il presunto killer di Cartisano

VIDEO | Il delitto avvenne all'interno di un bar nella città dello Stretto. I sicari vennero intercettati e inseguiti dai carabinieri: uno di loro morì nel conflitto a fuoco, l'altro riuscì a scappare 

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di Redazione
31 gennaio 2020
08:25
Carabinieri
Carabinieri

Dopo 32 anni i Carabinieri avrebbero fatto luce su uno dei delitti più feroci commessi a Reggio Calabria durante la guerra di 'ndrangheta che insanguinò la città: quello di Giuseppe Cartisano, all'epoca dei fatti 21enne, assassinato il 22 aprile 1988. A conclusione di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, i militari del comando provinciale dell'Arma hanno notificato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a Vincenzino Zappia, detto “Enzo”, di 52 anni, già detenuto per altri reati.

La faida reggina

L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria e coordinata dal procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri e dal sostituto procuratore Walter Ignazitto, è stata avviata nel settembre del 2019 e avrebbe consentito di fare completa chiarezza su uno dei fatti di sangue più efferati ed eclatanti della faida reggina a cavallo tra gli anni 80 e 90.


L’omicidio nel bar gelateria

Due killer entrarono in azione la sera del 22 aprile 1988 all’interno del bar gelateria Malavenda, nella centralissima piazza De Nava, dove affrontarono Cartisano, colpendolo a morte con numerosi colpi di arma da fuoco. Durante la successiva fuga furono intercettati ed inseguiti da una pattuglia dei Carabinieri, contro i quali esplosero diversi colpi di arma da fuoco.

La morte di uno dei killer

Nel corso del conflitto a fuoco che ne seguì, rimase ucciso uno dei due sicari, Luciano Pellicanò, 22 anni. L’altro, oggi identificato in Zappia, sebbene ferito, riuscì a dileguarsi, approfittando dell’aiuto fornitogli da ignoti complici. I Carabinieri rinvennero lungo la via di fuga dei killer consistenti tracce ematiche. Si trattava del sangue che uno degli assassini aveva copiosamente perduto, dopo essere stato colpito alla gamba nel corso del conflitto a fuoco. Gli accertamenti tecnici condotti nell’immediatezza su quel materiale biologico, non consentirono, tuttavia, per le conoscenze tecnico–scientifiche dell’epoca, di addivenire all’individuazione del colpevole.

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