Le intercettazioni

«Quest’anno non ci ha ucciso il Covid e moriremo per i fanghi a mare», la paura degli addetti al depuratore di Montepaone

Da una segnalazione di Arpacal ha origine l'inchiesta Scirocco che ha ipotizzato irregolarità e illeciti nella gestione degli impianti. Le manovre per scaricare i reflui nel fiume Beltrame e i pedinamenti dei carabinieri. Il gip: «Liquami bellamente sversati in acqua»

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di Luana  Costa
5 marzo 2024
06:15

«Quest'anno non siamo morti per il covid e moriremo per i fanghi a mare». È eloquente la conversazione intercettata nel maggio 2021 tra Ernesto Lento e Ilario Serianni, oggi finita agli atti dell'inchiesta istruita dalla Dda di Catanzaro su presunte irregolarità e illeciti nella gestione degli impianti depurativi. In Calabria sono 34 quelli finiti nel mirino del nucleo operativo centrale per la Tutela Ambientale, 11 avrebbero determinato anche danni ambientali.

Il depuratore di Montepaone e Soverato

Tra questi anche l'impianto di depurazione di Montepaone e Soverato, tra le principali mete turistiche della provincia di Catanzaro da cui ha avuto origine l'operazione Scirocco che ha portato oggi all'esecuzione di 18 misure cautelari. Nel maggio 2021, appunto, i militari registrano la conversazione tra Ernesto Lento, addetto alla gestione dell'impianto e Ilario Serianni, dipendente della Mke, società riconducibile a Mario Minieri, e aggiudicataria dell'appalto per la depurazione.


Anomalie

Entrambi discutono del malfunzionamento dell'impianto, per la verità già accertato nel 2020 quando Arpacal eseguì una serie di accessi ispettivi rilevando anomalie: l'impianto di filtrazione in disuso con la vasca piena di reflui della depurazione lesionata su un lato con sversamenti nel piazzale, nastropressa per disidratare il fango non funzionante e un container per lo stoccamento dei fanghi avvolta dalla vegetazione, «segno che non erano smaltiti da tempo» conclude il gip che aggiunge «dalla lettura dei formulari e del registro di carico e scarico si dava conto della produzione di fango palabile. L'aspetto anomalo era legato al fatto che il non funzionamento della nastropressa non consentiva l'essiccamento dei fanghi e quindi la produzione».

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Croste a pelo d'acqua nel depuratore

Infine, nel labirinto di clorazione dove avrebbe dovuto trovarsi acqua limpida, frutto della depurazione, erano presenti fanghi, intasati i sedimentatori «con croste spesso a pelo libero sull'acqua». Da quanto emerso dalle investigazioni «il refluo malamente trattato veniva convogliato nel corpo idrico ricettore», ovvero nel fiume Beltrame, dove a seguito di prelievi è stato accertato il superamento dei valori, di almeno il doppio di quelli generalmente classificati come fortemente inquinati.

Funzionamento simulato

«Gli indagati pienamente consapevoli delle disastrose condizioni in cui versava l'impianto, lo utilizzavano simulandone il funzionamento in modo tale da provvedere allo smaltimento e al trasporto dei reflui e dei fanghi con modalità illecite» si legge nelle carte dell'inchiesta. Pedinamenti, telecamere piazzate all'interno dell'impianto, è da gennaio a maggio del 2021 che si intensificano i controlli dei carabinieri.

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Le manovre

Ad esempio, il 15 di marzo vengono registrate una serie di manovre eseguite dall'addetto alla gestione dell'impianto. Al termine i militari raggiungono il fosso di scolo dove defluiva l'acqua di scarico «che a rigore doveva essere depurata e che invece era di colore scuro, maleodorante e frammista a fanghi», l'acqua del fiume che «da cristallina diventava di colore scuro».

Il finto autospurgo

Una decina di giorni dopo un auto-spurgo della ditta Mke fa ingresso nel piazzale per pompare fango dalla vasca di digestione dei fanghi. Conclusa l'operazione, nel formulario viene annotato un carico di 5mila litri. Il mezzo riparte e i militari lo pedinano: «nonostante fosse apparentemente pieno viaggiava a velocità sostenuta».

Reflui a mare

Ma è dalle immagini delle telecamere puntate sull'impianto che gli investigatori notano che «il livello della vasca era assolutamente lo stesso, senza che le operazioni di riempimento avessero effettivamente dato luogo ad uno svuotamento quantomeno parziale della vasca. Pertanto, è chiaro che si tratti dell'ennesimo smaltimento simulato di liquami che bellamente venivano, invece, sversati a mare» conclude il gip.

Giornalista
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