Processo Imponimento

I villaggi turistici del Vibonese in mano alla ‘ndrangheta, il pentito: «Così controllavamo anche il consenso politico»

Antonio Accorinti racconta il sistema con cui le cosche gestivano le strutture: «Sul Club Med avevamo l’esclusiva: gli Stillitani avevano margini di manovra ma su alcuni settori decidevano le cosche»

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di Alessia Truzzolillo
29 febbraio 2024
16:04

Antonio Accorinti ha avuto un ruolo attivo nella cosca di ‘ndrangheta attiva su Briatico fin dal 2006, quando suo padre, il boss Antonino Accorinti, venne tratto in arresto. Ma già dagli anni Novanta lui seguiva le attività della famiglia mafiosa, essendo quello il brodo di coltura nel quale era nato e cresciuto. Nel corso dell’udienza del processo Imponimento – istruito contro la consorteria Anello-Fruci di Filadefia e Comuni limitrofi – davanti al Tribunale collegiale di Lamezia Terme, il collaboratore di giustizia ha risposto alle domande del sostituto procuratore della Dda Antonio De Bernardo.
Ha parlato anche delle attività del suo gruppo criminale che andavano dal controllo sui villaggi turistici al più generale «controllo del territorio – dice Accorinti – attraverso il consenso dei cittadini, insomma, il controllo delle strutture turistiche, cioè inserire gli operai che facevano comodo a noi, per le ditte che magari dovevano fornire i materiali per le stagioni estive o tutte queste cose qui…».

L’attività politica

Antonio Accorinti parla anche di «attività politica» ovvero «il controllo del settore politico nel senso cercavamo ogni qualvolta ci fossero le elezioni comunali di formare una lista per poter vincere queste elezioni».
«Questo a livello di Briatico?», chiede il pm.
«Sì, facendo leva sul fatto che tra la nostra struttura alberghiera, il nostro villaggio, e le altre strutture, a cui potevamo far riferimento per far lavorare molte persone e le nostre attività comunque turistiche, davamo lavoro a molti e quindi avevamo un consenso popolare che ci permetteva di indirizzare le elezioni».


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Nessuna estorsione dentro Briatico

Il pentito spiega che la politica di suo padre all’interno del paese era quella di non praticare estorsioni. «… mio padre è stato sempre contrario alle estorsioni nel paese, diciamo, no, alle attività del paese, perché pensava sempre che, diciamo, il consenso, il rispetto non derivante dalla forza o dalle pressioni fosse più genuino e comunque sarebbe servito per altro, appunto, soprattutto per le elezioni comunali». Quando parla di estorsioni ai villaggi si riferisce a un villaggio di Pizzo, fuori dal contesto di Briatico.
In particolare il collaboratore si riferisce all’ex Club Med di Pizzo.

L’esclusiva sul Club Med

Per esempio, su quel villaggio gli Accorinti avevano l’esclusiva sulla navigazione turistica perché «Prostamo, con il direttore del villaggio, faceva pressione affinché ci venisse affidata questa esclusiva». La famiglia Accorinti nel 2006 aveva dapprima preso in affitto una motonave che si occupava di escursioni alle Isole Eolie. Dopo l’arresto del boss, il figlio aveva deciso di restituire la motonave e aveva preso accordi con una ditta di Ischia «nel senso che io – racconta – fornivo il lavoro, loro portavano le motonavi e tutto quello che c’era di utile a fine stagione lo dividevamo in parti uguali».

L’arresto di Antonino Accorinti con l’operazione Odissea aveva rotto anche quelli che erano gli accordi di collaborazione con un tour operator che era sotto l’influenza dei La Rosa di Tropea.

Restava l’esclusiva sull’ex Club Med di Pizzo «del dottore Stillitani» dove lo stesso collaboratore prima aveva lavorato in una ditta di impianti elettrici e poi alla guardiania del villaggio.

I lavori al villaggio e il potere delle cosche

Un villaggio sul quale le cosche avrebbero messo le mani fin dalla sua costruzione. «Nel ’97, ’98 mi ritirai da scuola e mio padre mi fece andare a lavorare con il marito di una sua cugina che aveva una ditta di impianti elettrici, l’anno successivo, proprio, prese questo lavoro, che era la seconda fase di realizzazione del villaggio, perché una prima fase era stata già fatta, quindi nel ’97, ’98, iniziammo a lavorare lì con questa ditta di impianti elettrici». Nello stesso villaggio «alla carpenteria c’era la ditta di Franco Barba mentre alla muratura c’era Guastalegname». Franco Barba, spiega il pentito, «faceva parte della consorteria dei Lo Bianco» e Antonio Accorinti dice che «si accompagnava preciso con Pantaleone Mancuso».

Un episodio, di quel periodo, rimase in mente al collaboratore: un litigio fra il cognato e il nipote di Franco Barba aveva portato al repentino intervento di Pantaleone Mancuso: «il giorno successivo venne con Franco Barba nella postazione dove stavamo lavorando noi dell’albergo, ci chiamò e ci disse di non litigare perché era un suo amico e che dovevamo andare d’accordo». Successivamente il cognato spiegò ad Accorinti che «Franco Barba fa parte dei Lo Bianco».

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Pantaleone Mancuso «capo indiscusso»

Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, dice Accorinti, era «il capo indiscusso» di un gruppo di famiglie del quale facevano parte «Nazzareno Colace, Tonino La Rosa, Peppone, Peppe Accorinti, Giuseppe Antonio Accorinti, Raffaele Fiamingo, Antonio Prenesti, Agostino, Papaianni, Mimmo Polito».
Nel gruppo c’era molta cooperazione, spiega il collaboratore, e tutti stavano sotto a Scarpuni fino, almeno al 2002 quando «Pantaleone Mancuso viene tratto in arresto con l’operazione, per l’estorsione a Ceravolo, e un po’ il gruppo si divide, insomma, ognuno pensa agli affari suoi…». Ma nel periodo dei lavori al Club le cosche erano sotto l’egida di Pantaleone Mancuso, il quale non disdegnava di frequentare il cantiere: «Io l’ho visto parecchie volte accompagnarsi con Barba, parlare con Guastalegname e poi si interfacciavano con il dottore Stillitani…», dice riferendosi a Emanuele Stillitani.

Le guardianie

Non solo. Antonio Accorinti racconta di aver saputo dal padre che fu Pantaleone Mancuso a decidere che Franco Barba e Guastalegname dovevano effettuare i lavori. Secondo Accorinti «fino al 2002 decideva tutto Pantaleone Mancuso», ossia «fino alla data del suo arresto, le ditte, che dovevano, tipo, entrare a fornire, il villaggio, le decideva lui, tra cui la ditta di frutta era Mimmo Polito, che era comunque un sodale di Pantaleone Mancuso». E per quanto riguarda le assunzioni per la guardiania «era delegato Prostamo Saverio però diciamo che si sono susseguite varie persone, ha fatto parte, ha lavorato qualche persona dei Giampà, un nipote del defunto Damiano Vallelunga, Giuseppe Comito, come le dicevo, e poi la maggior parte di quelli appartenenti alla nostra consorteria».

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Il potere di Saverio Prostamo sulle assunzioni e sulle ditte

Per quanto gli Stillitani avessero degli operai assunti, come gli idraulici o i giardinieri, o si rifornissero da terzi per la grande distribuzione, c’erano dei settori sui quali, secondo il racconto del collaboratore di giustizia, decidevano le cosche: per il servizio di lavanderia sarebbe stato segnalato un amico di Giuseppe Comito, «come falegname, per fare i lavori di manutenzione, c’era una persona di San Costantino di Briatico», mentre per la frutta «era sempre Mimmo Polito, anche dopo che ha avuto il sequestro, il sequestro della ditta, ha continuato il nipote, Francesco Grillo, perché comunque la ditta era sempre di Mimmo Polito». Il servizio di autonoleggio lo avrebbe fatto, invece, «mio cognato, Salvatore Muggeri e Saverio Prostamo».
A gestire tutte queste collaborazioni col Club Med c’era Saverio Prostamo, dice Accorinti, soprattutto dopo l’arresto, nel 2002, di Pantaleone Mancuso.
Prostamo «si faceva dare il curriculum, andava dal direttore, da chi si occupava delle assunzioni, senza nessuno sforzo sapevano già che era una sua scelta chi doveva assumere, cioè basta che gli portava il curriculum e i documenti e venivano assunti».
Stesso discorso per l’individuazione delle ditte. «Senta, ma la proprietà, quindi i fratelli Stillitani, erano al corrente di questa situazione?», chiede l’accusa.
«Certo, perché sono stati loro gli intermediari con il Club Med… per far sì che non ci fossero problemi con queste assunzioni e con le estorsioni da pagare ogni anno».

L’aggressione all’economo e il rischio che saltasse tutto

I problemi il Club li ebbe spesso con la fornitura di frutta, sia per quanto riguarda la quantità che la qualità. In una occasione, nel 2003, dice Accorinti, l’economo mandò indietro un carico di frutta. La conseguenza fu che «Polito, con Antonio Prenestì, picchiarono l’economo».
«Dopo di questo episodio, per non, affinché non succedesse più una cosa del genere, il dottore Stillitani disse a Prostamo: qualsiasi problema fammelo sapere che intervengo io, perché queste cose non vanno bene, altrimenti qua salta tutto» perché il Club Med avrebbe potuto fare saltare il contratto davanti a episodi così sfacciati.

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