C’erano estati in cui il tempo sembrava espandersi, quando tre mesi di vacanza parevano un’era geologica. Erano gli anni ’90, e per chi li ha vissuti, il ricordo è una pellicola dai colori saturi: il blu acceso delle sdraio, il rosso sbiadito degli ombrelloni, il giallo limone delle granite bevute in riva al mare. Non c’era connessione veloce, ma c’era una connessione diversa: quella tra le persone, tra un gruppo di amici seduti su un muretto e la musica che arrivava da una radiolina portatile.

La colonna sonora di quei pomeriggi era un mosaico variegato: Corona con The Rhythm of the Night apriva le danze, Eiffel 65 dipingeva il cielo di blu con Blue (Da Ba Dee), Gala accendeva la notte con Freed from Desire, e nel frattempo gli 883 raccontavano storie di motorini, sogni e primi amori con Come mai o Nord Sud Ovest Est.

E poi arrivarono loro: Paola e Chiara Iezzi, sorelle milanesi, una bionda e una mora, con un’energia che sembrava condensare il sole di un’intera estate. Debuttarono come coriste degli 883, ma nel 1997, con Amici come prima, conquistarono il centro della scena: un brano che suonava come un patto estivo, di quelli che si stringono al tramonto, promettendo che «niente ci dividerà», anche se settembre è dietro l’angolo.

Negli anni successivi, i loro singoli avrebbero definito un’estetica precisa: il pop italiano capace di parlare un linguaggio internazionale, miscelando melodie mediterranee, ritmi dance e un tocco di esotico. Festival, con la sua leggerezza quasi cinematografica, sembrava l’istantanea di una piazza estiva: luci calde, tavolini all’aperto, passi di danza improvvisati.

E poi, all’alba del nuovo millennio, arrivò il brano che le consacrò definitivamente: Vamos a bailar (esta vida nueva). Era il 2000, ma dentro c’era ancora tutto il sapore dei ’90: il ritmo incalzante, il testo in spagnolo che apriva alla dimensione internazionale, e soprattutto quell’idea che l’estate fosse un rito di rinascita. «Questa vita nuova» era un invito a lasciarsi tutto alle spalle — la scuola, il lavoro, le preoccupazioni — e a riscrivere la propria storia sotto il sole di agosto.

Gli anni ’90 erano fatti anche di contrasti: la musica dance esplosiva conviveva con i lenti strappacuore, le discoteche sulla spiaggia con le serate passate a guardare le stelle. Mentre nelle balere improvvisate si ballava Bailando di Paradisio, nelle cuffiette del walkman potevano scorrere le note malinconiche di Laura non c’è di Nek o Senza averti qui di Celentano.

Culturalmente, fu un’epoca pre-digitale in cui l’estate era scandita da rituali semplici: comprare la compilation “Hit Mania Dance” all’edicola, scattare foto con la macchina usa e getta e sperare che non venissero mosse, tornare a casa con la pelle salata e i capelli induriti dalla salsedine. Non esistevano storie da postare o dirette da seguire: tutto era vissuto e poi, inevitabilmente, conservato solo nella memoria.

Paola e Chiara incarnavano perfettamente quella stagione del pop: accessibili ma glamour, italiane ma cosmopolite, capaci di muoversi con naturalezza tra il Festivalbar e le classifiche europee. La loro musica, riascoltata oggi, non è solo nostalgia: è un archivio emotivo di un’Italia più spensierata, in cui le estati sembravano infinite e ogni ritornello diventava un pezzo di vita.

E così, basta ancora oggi la prima nota di Vamos a bailar per ritrovarsi lì: in una sera di fine luglio, il cielo aranciato, i piedi nudi sulla sabbia e l’impressione, fortissima, che davvero l’estate potesse durare per sempre.