L’area archeologica di Capo Colonna, situata qualche chilometro più a sud dell’abitato di Crotone, lungo la costa jonica, è una delle più suggestive e ricche di storia del Mediterraneo. Quell’austera colonna rimasta in piedi è l’ultima delle tante che facevano parte del Santuario di Hera Lacinia, famoso sin dall’antichità.

Il grande tempio, così come ci narra la residua e suggestiva colonna che guarda il mare, era di ordine dorico. Il sito, lo attestano ricerche archeologiche e storiche, è stato frequentato da millenni, anche prima della colonizzazione ellenica. Il ritrovamento del prezioso tesoro di Hera Lacinia, del quale fa parte il fantastico diadema in oro esposto al Museo Nazionale di Crotone, è una delle testimonianze, assieme all’ultima austera colonna del tempio, dell’importanza che questo luogo sacro ebbe per i Greci e per la potente città in cui, attorno al 530 a.C., giunse Pitagora.

Quando si visita questo luogo, e si immagina che lo frequentarono lo stesso Pitagora e i suoi allievi o adepti, tra i quali Milone il più grande atleta olimpionico di tutti i tempi, si riesce a cogliere il senso del fluire dei secoli. Immaginare di aver calpestato lo stesso suolo dei primi pitagorici, e di aver potuto godere degli stessi panorami e sguardi di quel bellissimo tratto di Mar Jonio che all’orizzonte, a non molte ore di navigazione, approda in Grecia, è una sensazione di indescrivibile suggestione. Il promontorio lacinio viene ricordato anche da Virgilio, nell’Eneide, come riferimento geografico fondamentale (perché proprio delle rotte che da Oriente hanno guidato per secoli e secoli i navigatori verso Occidente): dopo aver raggiunto Taranto, da Crotone si scendeva in direzione della costa jonica calabrese meridionale per giungere allo Stretto o per circumnavigare la Sicilia. Area sacra dai tempi remoti, quindi, ma anche crocevia per marinai, commercianti, navi da guerra, viaggiatori e persino pirati.

Diversi riferimenti sulla funzione strategica dell’odierna Capocolonna sono anche nell’opera primaria di Tito Livio che, tra l’altro, parla di un bosco sacro e di ricchi pascoli. C’è un altro grande personaggio della storia antica che, in questa breve pennellata, poté ammirare il grande Tempio dedicato a Hera (Giunone per i Romani): l’invincibile condottiero Annibale che solo il coraggio e la determinazione di un generale ancora più geniale, Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, riuscì a piegare nella Battaglia di Zama (202 a.C.). Quello Scipione richiamato nell’Inno di Mameli, che a circa trent’anni d’età salvò grazie alla sua solida tempra la Repubblica Romana dalla schiavitù cartaginese. Ma l’Africano, simbolo di patriottismo ed eroismo, non fu esentato dall’invidia e dall’irriconoscenza del Senato: un altro determinante passaggio della storia universale che riprenderemo prima o poi, senza dimenticare che Publio Cornelio Scipione fu contestato proprio da quei senatori ai quali aveva salvato le vite, il patrimonio e lo status, e che senza di lui sarebbero stati massacrati o ridotti in schiavitù, così come le loro mogli e i loro figli. Ingrata patria!

Nella Seconda Guerra Punica (218-202 a.C.) si compiono i destini non solo dell’impero cartaginese e di Roma, ma anche dell’intero bacino del Mediterraneo tra Africa, Vicino Oriente ed Europa. Condottiero dei Cartaginesi è Annibale Barca che nella tarda primavera del 218 a.C. parte dalla Spagna con l’intento di raggiungere l’Italia attraversando le Alpi.

Le vicende di questo ventennio sono lunghe e complicate, per cui possiamo proporre solo un’estrema e incompleta sintesi. Annibale attraversa l’arco alpino, piomba nella Penisola e batte ripetutamente le legioni romane: sul Ticino, lungo la Trebbia, al lago Trasimeno. Poi la disastrosa sconfitta di Canne (agosto del 216 a.C.): in questo scontro epocale, in Puglia, nonostante le prevalenti forze romane, l’esercito di Annibale (le fonti danno numeri diversi ma tutti drammatici) uccise alcune decine di migliaia di soldati della Repubblica, alleati compresi, ed anche i prigionieri si contarono in migliaia. Tra i deceduti sul campo anche una trentina di senatori e il console Emilio Paolo che aveva guidato le legioni nello scontro.

Negli anni successivi Annibale si conquisto le simpatie dei Brettii, escluse le città di Cosenza e di Petelia (odierna Strongoli) che rimasero fedeli a Roma. Solo dopo alcuni anni, a partire dal 212 a.C. con le rese di Capua e di Siracusa (i Romani punirono in maniera esemplare i traditori della ricca città campana, massacrando o incarcerando centinaia di nobili e senatori, mentre tantissimi cittadini vennero venduti come schiavi), le sorti del conflitto iniziarono a favorire la Città Eterna. Cadde anche Taranto. Nel 207 Asdrubale, intenzionato a rafforzare le schiere cartaginesi presenti nel Sud Italia, venne sconfitto sul Metauro e la sua testa mozzata venne gettata ai piedi del fratello Annibale. Temporaneamente i punici riuscirono a difendere Locri e Caulonia. A questo punto ad Annibale non restava che presidiare Crotone e il suo porto, in quanto congeniali per tenere contatti con la madrepatria Cartagine, e quindi nella speranza di ottenere rinforzi via mare.

Dopo la perdita di Taranto, quindi, l’esercito di Annibale si stabilizzerà sulla costa jonica calabrese, con punto di riferimento primario proprio nel promontorio di Capocolonna (allora Lacinio). Sua una stele bronzea, non giunta ai giorni nostri (che documento prezioso!), il generale di cento vittorie fece scrivere la sua storia italica, sia in lingua punica sia greca. Si tenga presente che gli accampamenti delle truppe annibaliche occupavano un lungo tratto di sponda jonica, fino a giungere ai cosiddetti Castra Hannibalis: la tradizione li colloca nei pressi del fiume Corace che sfocia nell’odierno confine tra Borgia e la Marina del capoluogo calabrese, in un’area posta sul fondamentale Istmo di Catanzaro (solo una trentina di chilometri via terra congiungevano il Golfo di Squillace con quella di Sant’Eufemia sul Tirreno).

Annibale è costretto dall’avanzare dei Romani a concentrare le forze rimanenti sempre di più a Crotone e a Capo Lacinio: dal sito in cui possiamo ammirare la rimanente affascinante colonna ripartì, negli ultimi mesi del 203, per ritornare a Cartagine ormai obbligata ad affrontare l’assedio delle legioni in territorio africano. A Zama (202 a.C.) Scipione l’Africano, come già accennato, riuscirà a sconfiggere uno dei più grandi strateghi militari della storia di tutti i tempi, assicurando a Roma il dominio del Mediterraneo e un futuro di potenza globale. I Brettii caddero sotto il giogo romano.