Ricorre oggi il centenario dalla morte di Giuseppe Pugliese, noto a tutti come “Cumpari Peppi u Madonnaru”, una figura di fede e tenacia che ha lasciato un'eredità indelebile nella comunità di Caria. La sua storia è un intreccio di devozione profonda, sacrifici e una visione inarrestabile che ha portato alla costruzione della chiesa di Maria Santissima del Carmelo, un vero e proprio simbolo del paese. Nato il 3 febbraio 1860 in una famiglia umile, Giuseppe Pugliese visse la povertà tipica dei villaggi dell'epoca, ma crebbe con i solidi valori di una religiosità sincera. All'età di 34 anni, spinto dalla speranza di un futuro migliore, emigrò in Argentina. Tuttavia, la nostalgia per la sua terra lo spinse a tornare a casa.

La promessa in mezzo alla tempesta

Il suo rientro in Patria, nel 1894, fu segnato da un evento straordinario che avrebbe cambiato per sempre il corso della sua vita. La nave che lo riportava a casa fu colpita da una violenta tempesta. In quel momento di grande pericolo, Giuseppe fece voto alla Madonna del Carmelo: se fosse riuscito a salvarsi, avrebbe costruito un'edicola in suo onore. Ottenuta la grazia, una volta giunto sano e salvo a Caria, mantenne la promessa. Invece di una semplice edicola, edificò una piccola cappella, dove il 16 luglio 1897 si tenne la prima messa e la prima festa in onore della Vergine. Ma la sua devozione andava oltre. Vedendo la generosità dei fedeli, Pugliese sognò una chiesa più grande. Nonostante l’iniziale scetticismo del parroco locale e le difficoltà, tra cui il disastroso terremoto dell'8 settembre 1905 che danneggiò gravemente la struttura, Giuseppe non si arrese. La sua fede incrollabile e il sostegno di don Antonio Pugliese e della curia vescovile lo spinsero a continuare. Raccolse nuove offerte e riparò i danni, portando avanti i lavori con instancabile impegno.

L’arrivo della statua e l’inaugurazione

Uno dei momenti più emozionanti di questa storia fu l’arrivo della statua della Madonna del Carmelo. Ordinata a Napoli, arrivò alla stazione di Tropea e fu accolta dal popolo in solenne processione. La commozione di Giuseppe Pugliese, che si inginocchiò e pianse come un bambino davanti alla bellezza del simulacro, è un'immagine che racconta meglio di mille parole la profondità della sua devozione. La statua fu portata a Caria su un carro addobbato a festa e, il 16 luglio 1906, la chiesa fu finalmente inaugurata. Da quel giorno, Giuseppe si dedicò completamente al suo mantenimento, questuando per sei mesi l'anno e lavorando per sostentare sé e la moglie. Per incrementare la devozione, ottenne anche l'autorizzazione per una fiera, che si tiene ancora oggi il 10 maggio.

L’ultimo dolore e la morte

La sua vita si concluse con un grande dolore. Durante la festa del 16 luglio 1923, l’ultima che organizzò, i fascisti imposero che la banda suonasse l'inno “Giovinezza”. Per evitare scontri, il sindaco sospese la processione e fece chiudere la chiesa parrocchiale, lasciando la statua della Madonna bloccata all'interno. Questa profanazione della festa a lui tanto cara fu una ferita profonda per Giuseppe. Pochi mesi dopo, il 17 settembre 1923, si spense. Il suo funerale fu un tributo alla sua grandezza spirituale. La bara, prima di essere portata in chiesa per il rito, sostò per un momento davanti alla "sua" chiesa della Madonna del Carmelo, in un ultimo, toccante saluto. La sua salma fu poi tumulata nel cimitero comunale. A lui si deve la realizzazione di un luogo di culto che ancora oggi è il cuore della devozione mariana di Caria, a perenne memoria del suo pioniere, Giuseppe Pugliese.