Dagli anni Settanta a oggi, la “sexy ballerina” continua a incarnare movimento, libertà e resilienza, diventando rituale collettivo dell’estate italiana e manifesto di una società che, già ai tempi, voleva essere cosmopolita
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Ci sono canzoni che non invecchiano perché non si pongono il problema di essere moderne. Maracaibo appartiene a questa categoria: un brano nato negli anni Settanta, travestito da hit estiva, eppure capace di attraversare le epoche senza cambiare passo. Nel 2000, quando le radio italiane rimescolavano suoni latini e pop sintetico, Maracaibo non aveva perso il suo smalto: anzi, sembrava parlare ancora a un’Italia che, sotto la superficie vacanziera, cercava un senso di libertà e di fuga.
Ufficialmente, è la storia di una donna – Maracaibo, “sexy ballerina” – che fugge e tradisce, che vive al ritmo di passioni fugaci e colpi di scena tropicali. Ma se ci si ferma un attimo, si scopre che non è soltanto un racconto da spiaggia: è un manifesto di spostamento e precarietà emotiva. Maracaibo non resta mai ferma; cambia luogo, ruolo, identità. È un personaggio che balla su un terreno instabile, e proprio lì trova la sua forza.
Nell’Italia degli anni Duemila, all’alba della globalizzazione di massa, quell’idea di movimento perpetuo era già familiare: l’ansia di non restare indietro, la voglia di reinventarsi, il mescolarsi di lingue e culture nei centri urbani. Maracaibo – col suo spagnolo da cartolina, i nomi esotici, il ritmo trascinante – diventava colonna sonora di una società che cercava di essere cosmopolita, senza smettere di portare in spiaggia l’ombrellone pieghevole e la borsa frigo.
La sua leggerezza era ingannevole: dietro il ritornello che si presta al coro di gruppo, si nascondeva un’idea profonda di sopravvivenza. Maracaibo si salva sempre, anche quando perde tutto. Non si fissa sugli amori che svaniscono, sulle amicizie tradite o sulle fughe rocambolesche: lei va avanti, perché l’unica costante è il movimento.
E forse è questo il motivo per cui, ogni estate, in un villaggio turistico o a una festa di paese, Maracaibo torna a risuonare come se fosse nuova: non è un pezzo vintage, ma un rituale collettivo. Una canzone che ci ricorda, con ritmo e ironia, che il modo migliore per sopravvivere ai cambiamenti — sociali, economici o sentimentali — è continuare a ballare, anche quando il terreno sotto i piedi è sabbia che scotta.