La curiosità in questi giorni era tantissima, l’andirivieni di curiosi costante, ma c’era la necessità di tutelare uno scavo importante e di mettere in sicurezza un’area che ha rivelato un’affascinante scoperta archeologica e che conferma quanto l’area di San Marco Argentano sia stata centrale nei secoli precedenti.

Si sono concluse nelle scorse ore le attività che hanno portato all’individuazione di una tomba, in fossa terragna, ed al successivo scavo. Dopo le indiscrezioni confermate nei scorsi giorni, è stata direttamente la Soprintendenza ABAP per la provincia di Cosenza a diffondere le informazioni sull’intervento effettuato nei giorni scorsi in località Cappasanta, frazione di San Marco Argentano. Come precisato dalla nota, la scoperta è nata da “un procedimento di archeologia preventiva per la realizzazione di un impianto di produzione di energia derivante da fonti rinnovabili”.

Una donna di età adulta e un bambino nella tomba di San Marco Argentano

Nella nota, la Soprintendenza fornisce maggiori dettagli sul ritrovamento: «Nella sepoltura, praticata nel terreno e priva di copertura, erano stati deposti una donna di età adulta ed un bambino: ad accompagnare la defunta nel suo ultimo viaggio un corredo con diverse forme ceramiche decorate a figure rosse e alcuni monili in bronzo, elementi che consentono di datare la deposizione alla fine del IV secolo a.C. 

Si sono concluse nelle scorse ore le attività che hanno portato all’individuazione di una tomba, in fossa terragna, ed al successivo scavo. Dopo le indiscrezioni confermate nei scorsi giorni, è stata direttamente la Soprintendenza ABAP per la provincia di Cosenza a diffondere le informazioni sull’intervento effettuato nei giorni scorsi in località Cappasanta, frazione di San Marco Argentano. Come precisato dalla nota, la scoperta è nata da “un procedimento di archeologia preventiva per la realizzazione di un impianto di produzione di energia derivante da fonti rinnovabili”.

Nella nota, la Soprintendenza fornisce maggiori dettagli sul ritrovamento:  « Nella sepoltura, praticata nel terreno e priva di copertura, erano stati deposti una donna di età adulta ed un bambino: ad accompagnare la defunta nel suo ultimo viaggio un corredo con diverse forme ceramiche decorate a figure rosse e alcuni monili in bronzo, elementi che consentono di datare la deposizione alla fine del IV secolo a.C. . Lo scavo è stato condotto dagli archeologi e da restauratori al fine di procedere alla più corretta ed esaustiva documentazione e a garantire le opportune operazioni di recupero finalizzate alle necessarie ed imprescindibili azioni di tutela dei beni archeologici rinvenuti. La scoperta aggiunge un importante tassello alle conoscenze che si stanno via via maturando in questo momento nel territorio grazie alle attività di tutela del competente ufficio del Ministero della Cultura».

Lo scavo è stato condotto dagli archeologi e da restauratori al fine di procedere alla più corretta ed esaustiva documentazione e a garantire le opportune operazioni di recupero finalizzate alle necessarie ed imprescindibili azioni di tutela dei beni archeologici rinvenuti. La scoperta aggiunge un importante tassello alle conoscenze che si stanno via via maturando in questo momento nel territorio grazie alle attività di tutela del competente ufficio del Ministero della Cultura».

Damiano Pisarra, Soprintendenza: «Ceto sociale degli inumati elevato, presenti vasi e monili»

Un rinvenimento importante, raccontato dalla stessa Soprintendenza cosentina in un video in cui Damiano Pisarra, funzionario archeologo responsabile della gestione dello scavo sammarchese, ha raccontato quanto scoperto: «Su una collina del centro cittadino, a lato del fiume Fullone, è stata rinvenuta una sepoltura collocabile al fine IV secolo A.C. come documentato dagli ampi resti di corredo. Si tratta di un individuo di sesso femminile e di un bambino, ma questi dati saranno confermati dallo studio antropologico che sarà effettuato nelle prossime settimane. Il ceto sociale degli inumeti è elevato: sono presenti numerosi vasi a figure rosse e  monili di pregio, una fibula e la classica monetina che avrebbe dovuto accompagnare i sepolti nell’aldilà».

«È stato un processo complesso – conclude Pisarra – abbiamo dovuto richiedere la sorveglianza diurna e notturna per evitare l’intervento di esterni e l’intromissione di un’area di cantiere delicata, per la presenza di malintenzionati che avrebbero potuto trafugare reperti importantissimi».