Anche a Botricello, nel Catanzarese, in questi giorni si inizia a fare la conta dei danni di un’altra estate nera per gli agricoltori. In particolare, a subire gli effetti del calo dei consumi e di un mercato “dopato” dall’importazione di prodotti esteri è il comparto ortofrutticolo.

Nei campi sono entrati in azione i trattori per la trinciatura delle angurie rimaste invendute e nemmeno raccolte per evitare di aggravare ulteriormente il bilancio della perdita che al momento si aggira attorno agli ottomila euro ad ettaro.

Gli agricoltori in questi giorni sono alle prese con la trinciatura della frutta. Nei campi ettari ed ettari di angurie e meloni sono rimasti invenduti, causando ingenti danni economici. Per i coltivatori aumentano i costi di produzione ma sul mercato i prodotti vengono acquistati per pochi centesimi a vantaggio di quelli esteri.

Quaranta gli ettari destinati ad anguria da Antonio Cosentino, agricoltore, che però è riuscito a immettere sul mercato solo il 20, 30% del prodotto, la restante parte sarà trinciata per far spazio alla nuova semina. «Il consumo quest’anno si è ridotto del 60, 70%, addirittura in alcuni appezzamenti di terreno non abbiamo raccolto nulla per la mancanza di richiesta da parte dei rifornitori» spiega il coltivatore.

«Abbiamo sostenuto spese ingenti per la coltivazione dei campi, ed è un dolore per me constatare come tanti sforzi siano risultati del tutto inutili dal momento che adesso saremo costretti a trinciare tutte le angurie». Nonostante aumentino progressivamente le spese sostenute dagli agricoltori per uniformarsi agli elevati standard richiesti dalla comunità europea, i ricavi si assottigliano di giorno in giorno. Basti pensare che le angurie vengono acquistate dai rifornitori di supermercati e grande distribuzione organizzata a 7, 8 centesimi al chilo, erodendo il reddito dei coltivatori

«Un vero disastro e non riceveremo alcun contributo per le perdite» aggiunge Antonio Cosentino. «La plastica biodegradabile per la coltivazione delle angurie costa 9 euro al chilo a cui si aggiungono i trattamenti fitosanitari, il gasolio, l’affitto dei terreni e tutte le altre spese. Registriamo un aumento dei costi di circa il 20% ogni anno e il prodotto rimane poi nei campi. Ma non si tratta solo delle angurie – aggiunge ancora l’agricoltore – anche il grano, i pomodori, i peperoni». 

Il danno calcolato dalla mancata vendita dei frutti ammonta a circa 250mila euro: «Una perdita enorme che per risanare ci vorranno almeno due o tre anni». «I costi sono diventati ormai insostenibili» ha spiegato Luana Guzzetti del coordinamento Altra Agricoltura. «In sostanza c’è la richiesta però poi arriva merce dall’estero: dalla Grecia, dall’Albania, dalla Romania e da altri Paesi e il prodotto italiano e locale viene sminuito perché ha un costo maggiore a a causa delle voci di costo aumentate in questo periodo. In sostanza, non è più garantito il giusto prezzo all’agricoltore».

Una parte del raccolto rimasto invenduto è stato ceduto a titolo gratuito alla Fondazione Ualsi. «Angurie che andranno in donazione alle nostre case e ai nostri ospiti» ha dichiarato Pierpaolo Mercurio, educatore. «Siamo molto dispiaciuti perché l’agricoltura sta vivendo un periodo non facile».