Oltre 97mila residenti e 78mila occupati, soprattutto nei campi e nei servizi. Il rapporto Moressa fotografa una forza lavoro indispensabile ma ancora sottopagata e instabile. La comunità più numerosa è quella rumena
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Il lavoro dei cittadini stranieri residenti in Calabria produce 1 miliardo e 917 milioni di euro di valore aggiunto, il 5,3% del Pil regionale. Lo dicono i dati contenuti nel XV Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa, dal titolo «Da stranieri a nuovi italiani: come cambia l’immigrazione». I numeri sono stati anticipati oggi dal Sole 24 Ore. In Italia questo contributo vale 177 miliardi di euro, il 9% del valore aggiunto totale nazionale. A differenza di altre regioni, sia del Nord che del Sud, in Calabria i numeri relativi ai volumi di valore aggiunto sono in crescita. Secondo il rapporto, la presenza di lavoratori stranieri è maggiore nel settore dei servizi, ma in termini di volumi di valore aggiunto sul Pil, i lavoratori di altri Paesi portano un contributo importante in agricoltura e nel comparto delle costruzioni. Gli ultimi dati contenuti nel dossier statistico sull’immigrazione dell’Osservatorio sullo sviluppo locale della Regione Calabria relativi al 2023 dicono che i cittadini stranieri residenti nella regione sono 97mila, 78mila dei quali impiegati in varie attività. Il numero di residenti ed occupati risulta in lieve aumento dopo il calo fatto registrare negli anni della pandemia.
La comunità più numerosa è quella rumena. Seguono i cittadini provenienti dal Marocco, dal Pakistan e dalla Bulgaria, dal Bangladesh e dall’India. Poi dal Mali, dall’Ucraina, dal Senegal e dalla Nigeria. Sono 40mila i lavoratori stranieri impiegati nel settore agricolo, 11mila 250 nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione, 6mila e 500 nel commercio, 4mila e 500 nelle costruzioni, 3.500 nell’assistenza familiare e domiciliare, 3mila e 100 nei servizi di supporto alle imprese, 2mila e 800 nelle attività manifatturiere, 1.500 nelle attività di trasporto e magazzinaggio. La quasi totalità delle occupazioni riguarda profili di personale non qualificato o basse mansioni. I lavoratori stranieri in Calabria sono stagionali e precari.
L’88% dei contratti è a tempo determinato e solo l’8% a tempo indeterminato. In questa seconda tipologia sono assoggettate le attività di assistenza agli anziani, il lavoro in cave e miniere, nelle costruzioni, nella sanità e nell’assistenza sociale e nei servizi di informazione e comunicazione.
Cosenza e Reggio Calabria sono le province con il maggior numero di cittadini stranieri residenti ed occupati. Seguono Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. L’Osservatorio sullo sviluppo locale della Regione ha censito il maggior numero di occupati nell’area metropolitana di Reggio Calabria, sono quasi 10mila, poi a Corigliano-Rossano, Cosenza, Lamezia Terme, Crotone e Catanzaro con numeri che vanno da 2mila a 6mila occupati. Numeri compresi tra 1.000 e 1.700 lavoratori si registrano a Isola Capo Rizzuto, Rende, Cassano allo Ionio, Vibo Valentia e Rosarno. A Castrovillari, Villa San Giovanni, San Ferdinando, Scalea e Melito Porto Salvo il numero oscilla tra le 600 e le 900 unità.
Il supporto da parte dei lavoratori stranieri alle attività d’impresa in Calabria con numeri così importanti ed in crescita ha una duplice valenza. Da una parte consente di portare avanti le attività ordinarie delle aziende. Dall’altra denuncia però la rinuncia dei lavoratori locali a svolgere determinati mestieri. Un problema di difficile soluzione senza interventi strutturali: mancano competenze, aumenta la ricerca di personale non qualificato e nessuno vuole svolgere le mansioni più basse.