Tre distinti profili di illegittimità: è questa la conclusione dell'analisi contenuta nel nuovo saggio del professor Nicola Romana, docente di Diritto dei trasporti all'Università di Palermo, che analizza le ragioni dietro lo stop al ponte sullo Stretto. Pubblicato sulla Rivista di diritto dell'economia, dei trasporti e dell'ambiente, lo studio approfondisce la deliberazione con cui la Corte dei conti ha negato il via libera al progetto, rivelando come le criticità non siano solo ambientali. Il "no" dei magistrati contabili, secondo il docente, è «un atto dovuto di fronte a palesi violazioni delle norme italiane ed europee».

L'analisi evidenzia un uso distorto della procedura d'urgenza (Iropi) per bypassare i vincoli della Direttiva Habitat; la mancanza di un'istruttoria seria sulle alternative al ponte e sui reali motivi di interesse pubblico che avrebbero giustificato un sacrificio ambientale; i contratti con il General contractor, cambiati in modo così sostanziale da violare le norme europee sugli appalti (Direttiva 2014/24/Ue): si sarebbero dovute fare nuove gare, non modificare le vecchie.

E ancora, secondo l'analisi il piano economico e le tariffe sono stati definiti escludendo l'Autorità di regolazione dei trasporti (Art), l'unico organo che ha il compito di garantire prezzi equi e tutelare gli utenti.

Lo studio sfata anche il tema dell'inserimento del collegamento stabile nel corridoio Scandinavo-Mediterrano della rete europea Ten-T, che non obbliga a costruire l'opera. Al contrario, sottolinea Romana, il regolamento europeo del 2024 lascia aperte altre soluzioni. L'alternativa più coerente con la tutela della biodiversità e del paesaggio dello Stretto esiste già: il potenziamento del sistema di traghettamento ferroviario e marittimo. Questa opzione, conclude l'articolo, rispetterebbe i principi di precauzione e sostenibilità a cui l'Italia e l'Europa devono attenersi.