Cinquantasette miliardi all’anno. Tanto costa alle imprese la gestione dei rapporti con la Pubblica amministrazione. La tanto invocata semplificazione della burocrazia non ha ancora sortito effetti positivi. C’è stato l’alt di Bruxelles, che ha imposto di snellire le procedure sia in termini di documentazione da produrre sia di tempi per concludere gli iter avviati da cittadini ed imprese. C’è l’iniziativa del Governo che dal 2020 ha messo in campo una serie di provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e tecnologici con il coinvolgimento di Regioni e Comuni. Necessità imposta dai parametri stabiliti per l’attuazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ci sono lievi segnali di cambiamento ma secondo la Cgia di Mestre la pressione sulle aziende, soprattutto piccole e medie, è rimasta pressoché invariata.

La cattiva burocrazia pesa di più nelle aree del Paese in cui è maggiore la presenza di attività economiche. In Calabria costa 1 miliardo e 43 milioni di euro. In testa la provincia di Cosenza con 350 milioni, seguita da Reggio Calabria con 301, Catanzaro con 219, Crotone con 93 e Vibo Valentia con 80.

Al Nord si paga più che al Sud

Le più tartassate in assoluto sono le imprese di Milano, Roma, Torino e Napoli. Nel solo capoluogo lombardo per pratiche amministrative si spendono 6,1 miliardi di euro, il 10,7% del Pil regionale. Seguono Roma con 5,4 miliardi, Torino con 2,2, Napoli con 1,9 miliardi e Brescia con 1,4 miliardi. In coda alla classifica ci sono Enna con un aggravio economico pari a 81 milioni di euro, Vibo Valentia con 80 e Isernia con 55.

Gli italiani vengono letteralmente sommersi da una burocrazia cartacea che nel 2024 ha prodotto 35mila pagine di norme tra Dpcm, leggi, decreti, ordinanze ministeriali, delibere, determine, circolari e comunicati. Una mole impressionante di informazioni in mezzo alla quale è difficilissimo se non impossibile orientarsi e che causa rallentamenti e sviste che impediscono di focalizzare l’attenzione sui provvedimenti importanti. Secondo la Cgia il sistema presenta due forti limiti. Il primo è la mancata soppressione di leggi concorrenti, una volta che una nuova norma viene approvata definitivamente. Il secondo è il sempre più massiccio ricorso ai decreti legge che, per la loro natura, richiedono l’approvazione di ulteriori decreti attuativi rallentano ed ostacolano il funzionamento della Pubblica amministrazione. Difficoltà di lettura o «confusioni interpretative» aggravano la situazione soprattutto a livello locale. Tante regole portano incertezza e questa, sostiene la Cgia, favorisce «discrezionalità» di valutazione ed applicazione da parte di dirigenti e funzionari pubblici che può generare «un corto circuito che in molti casi innesca comportamenti corruttivi o concussivi». Appare chiaro che su molti fronti della progettazione e della realizzazione degli interventi previsti dal Pnrr.ritardi accumulati a poco meno di un anno dalla fine del programma sono consistenti. Non basta rimodulare i capitoli di spesa per non perdere risorse economiche: il Governo ha disposto 5 modifiche in meno di 2 anni. Si devono portare a termine i cantieri, il richiamo è arrivato anche da Bruxelles, e si deve prevedere la gestione post finanziamenti. Su questa questione i ritardi accumulati dall’Italia sono maggiori rispetto agli altri Paesi dell’Unione europea.