Fondi, incentivi e politiche integrate sono necessari per contrastare spopolamento, carenza di servizi e abbandono delle aree interne, promuovendo lavoro agile e nuove opportunità economiche
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Le aree interne soffrono di diverse problematiche e criticità. A fronte di ciò è evidente che il modello di sviluppo in atto è vetusto sotto molteplici punti di vista e allo stesso tempo dannoso per l’ambiente e per la qualità della vita delle collettività insediate. Non corrisponde più alle esigenze del vivere civile nonostante siano presidi di arte e di cultura. Pertanto è giunto il momento di agire, di pensare a nuovi modelli, che siano resilienti ed efficienti, fondati sui principi della sostenibilità ambientale e sociale, sulla rigenerazione urbana, sull’economia circolare, sulle bioeconomie, sulla tutela del territorio naturale, sul contrasto al consumo di suolo, sul riuso e sulla riqualificazione dell’ingente patrimonio immobiliare e urbano pubblico e privato, insostenibile ed energivoro. Sarà necessario pensare a modelli di sviluppo specifici per i vari territori affinchè le diversità si trasformino in opportunità.
Anche in questa sede sembra opportuno e necessario rilanciare ancora una volta le proposte dell’Istituto nazionale di urbanistica: l’uscita dall’emergenza sanitaria deve coincidere con una autentica inversione di marcia rispetto alla fase precedente lo scoppio dell’epidemia prendendo atto che lo scenario che tende a delinearsi rappresenta una sfida che, dovrebbe essere basata su una “regia pubblica integrata, che preveda l’assunzione del suolo pubblico, delle reti verdi e blu, del sistema delle principali attrezzature e delle dotazioni urbanistiche come grandi infrastrutture collettive, tali da assicurare la fornitura e la garanzia di diritti essenziali e servizi ecosistemici, il successo delle politiche di rigenerazione urbana e territoriale.
È opportuno ribadire la necessità di ri-elaborare un progetto territoriale condiviso avente l’obiettivo di trovare soluzioni rispondenti alle nuove esigenze per far ripartire le aree interne e con esse i numerosi borghi storico diffusamente presenti sul territorio calabrese. Risulta improcrastinabile ridefinire la strategia per le aree interne, con il duplice obiettivo di favorire la ricerca di una maggiore convergenza tra la Snai e i provvedimenti a sostegno delle aree interne per creare nuove possibilità di reddito (con pratiche lavorative agili, smart, digitalmente connesse) e la fornitura di servizi educativi, sanitari e culturali non solo di base.
C’è da dire che alcune iniziative legislative nazionali vanno nella giusta direzione come la proposta di legge “Disposizioni per lo sviluppo economico e sociale delle aree interne nonché delega al Governo per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici ambientali” n°25 17, d’iniziativa di numerosi deputati presentata il 16 luglio 2025. Ripercorrendo la proposta di legge emergono alcuni punti fi forza che meritano di essere ripresi: il capo I contiene l’istituzione del Fondo per lo sviluppo infrastrutturale delle aree interne e la presentazione di una relazione annuale alle Camere. Il capo II (articoli da 5 a 9) e il capo III (articoli 10 e 11) contengono disposizioni specifiche per il contrasto dello spopolamento, prevedendo, rispettivamente, misure per la promozione dello sviluppo socio-economico, attraverso agevolazioni fiscali, e misure dedicate ai servizi, per assicurare diritti relativi alla domanda di salute e di istruzione. Il capo IV (articoli da 12 a 16) concerne l’ambiente e le infrastrutture, con il duplice obiettivo, da un lato, di «rimediare» agli errori commessi dal Governo che ha tagliato le risorse per i collegamenti materiali e immateriali e, dall’altro lato, di valorizzare e definire nuovi strumenti per la cura del territorio. Infine, il capo V (articoli 17 e 18) reca disposizioni in materia di personale, per affrontare il problema della carenza che si manifesta con maggiore intensità nei piccoli comuni delle aree interne, prevedendo sia misure per l’assunzione di personale sia incentivi per l’acquisto e la locazione di abitazioni. L’articolo 3 istituisce il Fondo per lo sviluppo infrastrutturale delle aree interne, con una dotazione complessiva di 6.355 milioni di euro, finalizzato al finanziamento della viabilità provinciale e comunale, del trasporto pubblico locale dei comuni delle aree interne e degli interventi per il contrasto del dissesto idrogeologico, che è alimentato con quota parte delle risorse destinate al finanziamento del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria, cosiddetto «Ponte sullo stretto di Messina », di cui al comma 272 della legge 30 dicembre 2023, n. 213.
L’articolo 5 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo per l’erogazione di agevolazioni alle nuove imprese, alle start-up innovative, alle iniziative imprenditoriali poste in atto da soggetti laureati residenti nei territori di riferimento, alle nuove assunzioni a tempo indeterminato nonché alle imprese che supportino le istituzioni scolastiche ed educative. L’articolo 6 disciplina l’introduzione di un credito d’imposta per le imprese che utilizzano e incentivano il lavoro agile nelle aree interne, che può rappresentare uno strumento importante per ripensare complessivamente i rapporti del mondo del lavoro, garantendo una migliore qualità del benessere della lavoratrice e del lavoratore, ma ancora di più per favorire il ripopolamento delle aree interne. L’articolo 11 disciplina i servizi sociosanitari, prevedendo, come per i docenti, una serie di incentivi di carriera ed economici per valorizzare l’attività prestata dagli esercenti le professioni sanitarie e dagli operatori socio-sanitari che operano nelle aree interne.
A livello regionale calabrese la LUR 19/02 non è stata ancora del tutto attuata e tante sono le inefficienze e i vuoti che sta producendo. Serve oggi una nuova consapevolezza, una nuova responsabilità, una nuova cultura di gestione e di progettazione urbanistica integrata. Un nuovo modo di ri-progettare e gestire il territorio in difesa del bene comune che significa innanzitutto conservare e valorizzare il patrimonio storico culturale (attraverso una sistematica conoscenza dei valori identitari ed una consequenziale strategia di riferimento). Il Disciplinare proposto all’art. 48 comma 2 sugli insediamenti urbani storici che prevedeva un regolamento operativo è rimasto sulla carta (!).
Una prima base di partenza per una proposta di riforma della L.U.R. 19/02 può essere articolata secondo un approccio in cui la pianificazione abbia valenza, oltreché paesaggistica, anche di piano di adattamento climatico e che contenga una efficace ed efficiente normativa sul consumo del suolo e sulla salvaguardia dei suoli agricoli e del patrimonio di edilizia rurale. Lo scopo finale è anche quello di contribuire alla formazione di una coscienza dei luoghi per ri-costruire un territorio, da considerare come bene comune, contribuendo alla sua salvaguardia e restituendo alle aree degradate la dignità di luogo. Dall’approvazione della legge n° 19/02 sono passati ventitre anni e sono sufficienti per tirare le somme, per dare conto dei risultati che sono stati ottenuti e delle criticità che si sono forse moltiplicate attraverso le tante modifiche intervenute. E’ quindi necessario un ripensamento attorno ad una legge che ha fatto il suo tempo.
Il fine ultimo, auspicabilmente attraverso un confronto di saperi diversi, è quello di offrire indirizzi progettuali come sopra riportati capaci non solo di arrestare il fenomeno dello spopolamento e dell’abbandono di queste aree ma soprattutto di non farle passare più come problema ma presentarli come opportunità di sviluppo territoriale. La stella polare della strategia può essere l’inversione e il miglioramento delle tendenze demografiche: riduzione dell’emigrazione; attrazione di nuovi residenti; e ripresa delle nascite. Il problema dello spopolamento non è un problema esclusivamente del Mezzogiorno d’Italia[1].
Lo spopolamento delle aree interne e periferiche ha effetti negativi non soltanto per le aree interessate direttamente al fenomeno, ma per l’intera economia e società regionale. Il declino demografico, sociale ed economico di queste aree ha un duplice costo, diretto e indiretto. Diretto, poiché la mancanza di manutenzione del territorio (collina e montagna) si ripercuote sugli assetti ecologici e ambientali anche della pianura e della costa, indiretto, poiché toglie alla Calabria la possibilità di un uso economicamente produttivo delle importanti risorse - a partire da quelle paesaggistiche e ambientali - di cui le zone interne dispongono. Sulle aree interne si gioca la sfida del futuro! Durante il periodo della pandemia abbiamo assistito a grandi elogi nei confronti della bellezza dei borghi dimenticando, un po' frettolosamente, che la ricchezza culturale e storica-paesaggistica delle aree interne c’è sempre stata ed ancora oggi vi risiedono i valori più autentici delle tradizioni locali. Quello su cui bisogna puntare è naturalmente la ripresa demografica e il riutilizzo del territorio, che costituiscono le precondizioni di una politica di rilancio.
Rispetto alle azioni che possono essere considerate più urgenti da intraprendere c’è “la rigenerazione dei centri storici, intesa non solo dal punto di vista della manutenzione ordinaria, ma anche dal punto di vista della mobilità e dell’accessibilità. Si tratta spesso di luoghi scomodi e di difficile raggiungibilità. Ciò significa concentrare l’attenzione sulla adeguatezza e sulla sufficienza delle dotazioni infrastrutturali e dei servizi essenziali, volti a promuovere attività economiche ecocompatibili correlate con la gestione sostenibile dell’ambiente naturale e delle sue risorse, a beneficio dello sviluppo economico del territorio fluviale: i sistemi produttivi dell’agricoltura sono collegati anche a un’efficace azione di contrasto al dissesto idrogeologico contribuendo a risolvere il problema della sicurezza del territorio, che è uno delle ragioni che spingono ad abbandonare le aree interne, o al non considerarle un’opzione. In questo contesto gli strumenti di rigenerazione urbana rispondono in maniera più appropriata alla possibilità di risoluzione dei problemi accedendo ad una nozione più ampia di degrado comprensiva del degrado fisico e di quello immateriale e pongono al centro dell’insediamento urbanistico il “diritto dei cittadini alla qualità della vita” declinata nei suoi vari aspetti: urbani, sociali, economici e ambientali. Tali strumenti promuovono un insieme coordinato di interventi che includono:
- la conservazione, recupero e ristrutturazione edilizia ed urbanistica;
- la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;
- il riuso del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente favorendo l’inserimento di attività turistiche, culturali, verde pubblico.
Questo nuovo e diverso approccio “della valorizzazione delle aree interne” deve tradursi in azioni concrete coadiuvate da una politica di rigenerazione sostenibile, strategica e inclusiva attraverso la promozione dell’aggregazione, la messa a sistema delle conoscenze, il coinvolgimento dei Soggetti interessati in grado di fornire esperienza, sia di metodo che di contenuti. Le aree interne rappresentano una ricchezza e un attrattore turistico–culturale da valorizzare anche in connessione alla crescente attenzione alla dimensione identitaria dei luoghi. Il percorso metodologico proposto intende soddisfare lo sviluppo qualitativo che è essenzialmente miglioramento della qualità della vita, tutela degli equilibri ecologici ed attenzione per le interdipendenze, e quindi per tutti i “soggetti” dell’ecosistema e ricerca di soddisfazione di bisogni soprattutto “post-materialistici” o di ordine spirituale.
[1] Attualmente in Europa, secondo i Rapporti periodici sulla Coesione Sociale, esso rappresenta uno dei principali problemi per circa 90 regioni sparse tra tutti gli Stati membri, con intensità particolari in alcune zone della Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Finlandia e Svezia, oltre ad alcune zone in Italia.
*Urbanista, docente presso il Dip.to dAeD dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, e presidente INU Calabria, componente Giunta esecutiva nazionale