La vertenza degli ex Lsu ed Lpu per il riconoscimento dei contributi previdenziali relativi al periodo precedente la loro stabilizzazione, riguarda un bacino di circa 140 mila persone in tutta Italia, 10 mila nella sola Calabria. Lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, dopo aver prestato per circa trent’anni la loro opera in favore delle pubbliche amministrazioni, anche in condizioni di precariato, ora rischiano di ritrovarsi con una pensione da fame.

Coordinamento pronto a sbarcare a Roma

Nel Frantoio dei Saperi di Castiglione Cosentino, ospiti della locale amministrazione, ex Lsu ed Lpu si sono dati appuntamento per stabilire una strategia comune di rivendicazioni e preparare una manifestazione di protesta a Roma. Si daranno appuntamento nella Capitale nel mese di luglio per un flash mob davanti Montecitorio finalizzato a sensibilizzare le istituzioni sull’adozione di un provvedimento ad hoc in loro favore, per la verità già imbastito nel 2023 ma rimasto incagliato in Parlamento. In provincia di Cosenza hanno costituito un coordinamento. Romolo Cozza è uno dei portavoce.

Dieci anni di lavoro nero

«Il riconoscimento dei contributi previdenziali per il periodo precedente la stabilizzazione è la nostra maggiore rivendicazione, ma non l’unica – dice al nostro network – Molti di noi hanno prestato servizio precario, di fatto a nero, per la pubblica amministrazione per circa 10-12 anni. Un’ampia finestra temporale durante la quale nessun contributo è stato versato. Questo buco determinerà quindi un trattamento pensionistico misero, equivalente nel migliore dei casi a circa seicento euro mensili. Nel peggiore a 450 euro, meno della pensione sociale. Un problema per anni accantonato dalla politica e dalle organizzazioni sindacali ed oggi riesploso grazie alle nostre proteste».

Gli ex lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità sono pronti alla mobilitazione per chiedere il riconoscimento dei contributi previdenziali per il periodo in cui hanno svolto da precari le loro funzioni al servizio degli enti locali. Senza il versamento di queste quote sono condannati ad un misero trattamento pensionistico.

Il problema dei part time

C’è anche la questione dell’incremento del monte ore: molti lavoratori sono ancora impiegati part time mentre la Regione Calabria ha destinato ad altro i fondi che, in virtù di un accordo sottoscritto con le organizzazioni sindacali, avrebbe dovuto utilizzare proprio per questo garantire a tutti un contratto a tempo pieno: «In molti comuni – afferma ancora Romolo Cozza – ci sono operatori che prestano servizio per 18 ore, altri per 20 ore, altri ancora per 24 ore. Queste persone quindi avranno una pensione depauperata dal mancato versamento dei contributi nel periodo pre-stabilizzazione, ed ulteriormente impoverita in conseguenza del regime di part time in cui sono ancora intrappolati. Con la Regione Calabria era stato sottoscritto un accordo quadro per la destinazione di importanti risorse alla trasformazione di questi rapporti da part time a full time, recentemente dirottate su altre categorie di precari. Insomma assistiamo alla solita guerra fra poveri» conclude il portavoce del coordinamento di ex Lsu/Lpu.

All’iniziativa di Castiglione Cosentino sono tra gli altri intervenuti il sindaco Salvatore Magarò, Antonio Belmonte, presidente dell’Osservatorio sulle Nuove povertà e Roberto Castagna, segretario regionale di Confial Calabria. Proprio Castagna ha ricordato come nel 2023 il senatore Maurizio Gasparri abbia presentato una proposta legislativa per riconoscere a livello figurativo i mancati contributi Inps ad ex Lsu/Lpu: «E però è rimasto nel cassetto – ha sottolineato - perché mancano le risorse. Questo provvedimento risolverebbe completamente e definitivamente il problema».