L’indagine su Andrea Sempio, riaperta dopo anni e tornata al centro del caso Garlasco, si muove su un insieme circostanziato di elementi che la procura di Pavia ritiene meritevoli di un nuovo approfondimento. Il perno attorno al quale ruota la ricostruzione investigativa è il Dna individuato sotto le unghie di Chiara Poggi, risultato dell’incidente probatorio disposto nei mesi scorsi. Le analisi genetiche hanno mostrato una «corrispondenza» con la linea maschile della famiglia Sempio, confermando quanto già evidenziato nelle prime valutazioni. La difesa dell’indagato, rappresentata dagli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Taccia, non contesta il dato scientifico, ma insiste sul suo significato: secondo loro non è la traccia di un aggressore, bensì un trasferimento accidentale, un contatto non collegato alla violenza.

Tra le ipotesi suggerite dalla difesa compaiono l’utilizzo di un telecomando collegato alla Playstation, trovata accesa quella mattina, oppure la possibilità che residui provenienti da uno «starnuto» siano finiti sul pavimento e poi trascinati durante gli spostamenti successivi al delitto. Una ricostruzione che la procura considera poco plausibile, ma che costituisce la base della contro-narrazione difensiva. È in questo quadro che si inserisce anche la vicenda dello scontrino di Vigevano. Nel 2008 Sempio lo consegnò ai carabinieri sostenendo di essersi trovato in città la mattina dell’omicidio. Per gli inquirenti quel ticket non può essere considerato un alibi: gli accertamenti effettuati mostrano incongruenze e hanno alimentato la convinzione che il 37enne non si trovasse realmente a Vigevano nelle ore del delitto.

Lo stesso Sempio, nelle settimane scorse, aveva sottolineato come i mancati controlli dell’epoca abbiano impedito verifiche decisive. «Le telecamere avrebbero potuto dimostrare che ero lì», ha affermato. Ma nemmeno oggi la difesa utilizza più quel documento come elemento dirimente, definendolo «non sufficiente» a collocarlo altrove nel momento cruciale. A ciò si aggiunge il nodo delle telefonate alla casa dei Poggi. I tabulati evidenziano diversi contatti nei giorni precedenti all’omicidio. Sempio, ascoltato nel 2007 e nel 2008, aveva spiegato di aver chiamato cercando l’amico Marco, dimenticando che fosse in montagna, e di aver talvolta composto il numero fisso al posto del cellulare. Queste spiegazioni però non furono mai verificate: all’epoca non vennero acquisiti i tabulati dell’indagato, mentre restano solo quelli della famiglia Poggi, che attestano le chiamate ricevute.

Un altro tassello della nuova indagine riguarda la cosiddetta “impronta 33”, una traccia lasciata sul muro delle scale che conducono al seminterrato. Inizialmente ritenuta «non utile», è stata rivalutata con nuove analisi che, secondo gli investigatori, mostrerebbero 15 «minuzie» compatibili con quelle di Sempio. Un elemento ritenuto significativo dalla procura perché colloca una presenza sulle scale che portano al luogo in cui il corpo di Chiara venne trovato. Anche su questa conclusione la difesa solleva dubbi, ma per la procura si tratta di un dato tecnico rilevante.

Il capitolo più riservato dell’inchiesta è quello del movente. Per lungo tempo l’assenza di un legame chiaro tra Sempio e Chiara ha rappresentato uno dei principali argomenti difensivi. L’indagato ha sempre sostenuto che il loro rapporto fosse limitato a un saluto occasionale, «nulla di più». Gli inquirenti ora ritengono di aver individuato un possibile collegamento, non ancora reso pubblico ma considerato essenziale per creare una cornice coerente attorno agli elementi raccolti. Nessun dettaglio è ancora emerso, ma è proprio su questo fronte che l’indagine potrebbe avere un’evoluzione significativa.

Sul piano giudiziario resta aperta anche l’inchiesta di Brescia sulle presunte irregolarità che avrebbero inciso sull’archiviazione del 2017. In quel fascicolo risultano indagati il padre di Sempio, Giuseppe, e l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. L’ipotesi è che vi siano state pressioni per accelerare la chiusura della precedente indagine. Non esiste un collegamento tecnico diretto con l’attuale procedimento, ma eventuali riscontri su un tentativo di condizionamento potrebbero influenzare il contesto complessivo e, indirettamente, la posizione di Andrea.

Con gli ultimi accertamenti genetici, la rivalutazione delle tracce e la riconsiderazione degli elementi trascurati nelle prime indagini, la procura ritiene di aver costruito un quadro più articolato rispetto al passato. Tutto, dal Dna alla gestione dello scontrino, dalle telefonate all’impronta sulle scale, verrà ora analizzato nella sua interazione e non come frammenti isolati. Saranno le prossime settimane a stabilire se questo mosaico potrà sostenere un impianto accusatorio o se rimarranno zone d’ombra incompatibili con una richiesta di rinvio a giudizio.