Dovrebbe arrivare entro un anno la sentenza nel processo milanese che vede imputata Daniela Santanchè, ministra del Turismo e senatrice di Fratelli d’Italia, insieme ad altre quindici persone. Il procedimento riguarda il presunto falso in bilancio di Visibilia Editore, società da lei fondata e poi lasciata. Secondo il calendario delle udienze stilato oggi dalla seconda sezione penale del Tribunale di Milano (collegio Cernuto-Di Fazio-Filippini), il dibattimento si concluderà non oltre il 30 giugno 2026, con eventuali udienze di riserva fissate fino al 27 ottobre dello stesso anno.

Il processo si è aperto con l’ammissione delle prove e la conferma che non ci saranno sospensioni legate al conflitto tra Senato e Procura sulle mail e i file sequestrati durante l’inchiesta parallela sulla presunta truffa ai danni dell’Inps. Nell’udienza odierna, i pubblici ministeri Marina Gravina e Luigi Luzi hanno ribadito che quelle conversazioni, intercorse tra ex dipendenti di Visibilia e la senatrice, restano solo nel fascicolo del pm e non sono state acquisite in questo procedimento.

Come chiarito dal presidente del collegio, Francesco Cernuto, non si pone dunque alcun problema di inutilizzabilità e non è necessario sospendere il processo in attesa della decisione della Corte costituzionale, che dovrà pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dal Senato lo scorso settembre. Una scelta che consente al dibattimento di proseguire regolarmente.

I difensori della ministra, Salvatore Pino e Nicolò Pelanda, avevano chiesto che tutti gli atti relativi al caso Inps restassero «inutilizzabili» fino al verdetto della Consulta, pur ribadendo di voler garantire la speditezza del processo. Hanno sostenuto che alcuni documenti, già esclusi in precedenza, fossero “rientrati dalla finestra dopo essere usciti dalla porta”. Ma i giudici, in linea con le osservazioni della Procura, hanno fatto notare che nessuna intercettazione o conversazione coinvolge direttamente Santanchè e che, di conseguenza, non sussistono motivi per un rinvio.

Nel corso della stessa udienza, i pm hanno ritirato la richiesta di acquisizione di una mail inviata per conoscenza alla ministra, giudicata “non rilevante” dopo le obiezioni della difesa. Una decisione che ha evitato di aprire nuovi fronti di scontro processuale e possibili sospensioni.

Il collegio ha ammesso tutti i testimoni proposti dalle parti, inclusi alcuni investigatori di polizia giudiziaria che avevano seguito un precedente procedimento su Visibilia, risalente al 2016 e poi archiviato. Accolta anche la citazione del giornalista Alessandro Sallusti, indicato come testimone dalla difesa Santanchè.

Tutti gli imputati hanno chiesto di essere interrogati in aula, a eccezione di Canio Mazzaro, ex compagno della ministra, che ha deciso di non rendere dichiarazioni. Le prime testimonianze saranno ascoltate a partire dal 18 dicembre, con successive udienze già fissate tra gennaio e giugno 2026. Altre date di riserva sono state collocate a settembre e ottobre, per permettere la chiusura del dibattimento e la sentenza entro l’autunno del prossimo anno giudiziario.

Parallelamente, resta sospeso il procedimento preliminare che coinvolge la ministra e altri quattro imputati per la presunta truffa legata alla cassa integrazione Covid. Quel processo, al momento “congelato” in attesa della decisione della Consulta, non riprenderà prima della fine di febbraio, e con ogni probabilità sarà rinviato ancora.

La posizione di Santanchè, secondo la Procura, riguarda il presunto occultamento di perdite e irregolarità contabili nei bilanci del gruppo editoriale. La difesa sostiene invece che tutte le operazioni fossero lecite e che la ministra, ormai da tempo fuori dalla gestione diretta di Visibilia, non avesse alcun ruolo operativo nelle decisioni contestate.

Le nuove date calendarizzate dai giudici confermano la volontà di accelerare l’iter processuale, evitando ritardi o rinvii legati ai conflitti istituzionali. Una scelta che potrebbe permettere di arrivare al verdetto già entro la fine del 2026, chiudendo uno dei procedimenti più delicati che coinvolgono un membro del governo in carica.