A bordo della “Lapa” porta storie ed emozioni nei paesi dell’Aspromonte. Un progetto che è diventato un gesto di resistenza culturale: «L’arte non deve rimanere chiusa, ma respirare tra la gente»
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In Calabria, tra le colline e i vicoli dei piccoli paesi, c’è un’Ape Piaggio che non trasporta merci ma emozioni. È “La Lapa”, il teatro itinerante ideato dall’attore calabrese Marco Mittica, che ha scelto di trasformare un mezzo simbolo dell’Italia contadina in un palcoscenico viaggiante.
Mittica racconta, in un articolo di Domenico Marcella su Vanity Fair, di come ha deciso di «portare il teatro dove il teatro non arriva», raggiungendo con la sua compagnia i borghi dimenticati, spesso privi di spazi culturali o di occasioni di incontro.
La sua idea nasce da un’esigenza profonda: riportare il teatro alle persone, «dove la vita pulsa ancora nelle piazze e nelle strade». Dopo essersi laureato in giurisprudenza, Mittica ha lasciato Torino per seguire il richiamo dell’arte e della terra dei suoi genitori, scegliendo di costruire un progetto che unisse cultura e radici. Si è così stabilito a Canolo, vicino a Gerace.
Qui, alle pendici dell’Aspromonte, racconta Mittica a Marcella, ha iniziato ad «approfondire le opere satiriche di denuncia sociale di Dario Fo e Ascanio Celestini» maturando, così, «una poetica personale incentrata sui temi civili».
“La Lapa” non è solo un esperimento teatrale, ma un gesto di resistenza culturale. Ogni tappa è un rito collettivo, una festa che coinvolge gli abitanti del luogo, che diventano spettatori e, in qualche modo, parte della scena. «È un teatro povero ma ricchissimo di umanità», racconta Mittica a Vanity Fair.
Dietro la leggerezza del viaggio si nascondono anche difficoltà: logistiche, economiche e pratiche. Ma la spinta resta la stessa — quella di chi crede che «l’arte non debba rimanere chiusa nei teatri, ma respirare tra la gente».
Con “La Lapa”, Mittica ha dato vita a un nuovo modo di intendere il palcoscenico: libero, nomade e radicato nel territorio. Un teatro che, come scrive Vanity Fair, «fa della strada la sua platea e della comunità il suo pubblico più vero».

