L’Italia ha messo in campo una serie di azioni concrete: ha inviato aiuti alla popolazione dilaniata dal conflitto, inclusi alimenti e assistenza sanitaria, dimostrando un impegno attivo nella gestione della crisi umanitaria in corso. In questo quadro complesso è necessario pretendere responsabilità da tutti: Hamas, Israele, l’Onu, le grandi potenze
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Bambini palestinesi alla ricerca di cibo a Gaza (Foto Ansa)
Nel dibattito acceso sulla crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza, il ruolo del governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, è stato più volte messo sotto osservazione, con accuse contrastanti che vanno dall’inazione alla complicità indiretta con una delle parti in conflitto. Ma qual è la verità ? Il governo italiano sta davvero restando a guardare, oppure sta agendo con discrezione e in un quadro geopolitico complesso?
Nonostante le critiche, l’Italia ha messo in campo una serie di azioni concrete a sostegno della popolazione civile di Gaza. Il contributo italiano non si è limitato alla retorica diplomatica, ma si è tradotto in aiuti materiali, accoglienza sanitaria e sostegno educativo.
In sintesi, ecco cosa ha fatto il governo italiano:
• Tonnellate di aiuti alimentari, sanitari e beni di prima necessità inviati a Gaza, tramite la Protezione Civile e canali internazionali sicuri.
• 100 tonnellate di derrate alimentari paracadutate in collaborazione con altri partner internazionali.
• 20 tonnellate di farina distribuite direttamente alla popolazione, in una delle operazioni più delicate condotte in territorio di conflitto.
• 40 milioni di euro stanziati per l’assistenza umanitaria destinata alla Striscia di Gaza.
• 181 bambini palestinesi malati sono stati accolti e curati in strutture ospedaliere italiane.
• 150 borse di studio assegnate a studenti palestinesi per proseguire la loro formazione in Italia.
• 51 persone accolte da Gaza, tra feriti, familiari di bambini in cura e casi umanitari urgenti.
Questi dati mostrano un impegno concreto e diretto dell’Italia nella gestione della crisi, con un’attenzione particolare alla tutela dei più vulnerabili: bambini, malati e studenti.
Alcuni invece cosa hanno deciso di mettere in campo: le Flottiglie.
Le flottiglie operazioni simboliche: umanitarismo o teatrino politico?
Molti osservatori sostengono che le flottiglie umanitarie dirette a Gaza siano più che altro operazioni di facciata. Queste missioni, spesso bloccate o deviate da Israele, riescono raramente a raggiungere gli obiettivi dichiarati e finiscono per diventare strumenti di propaganda, da ambo le parti.
L’accusa, velata o esplicita, è che sostenere o anche solo non ostacolare queste flottiglie equivalga a legittimare indirettamente Hamas, che governa de facto Gaza dal 2007. Va ricordato che Hamas è considerata un'organizzazione terroristica dall'Unione Europea, dagli Stati Uniti e da Israele. Questo mette qualsiasi azione nella Striscia in una zona grigia difficile da gestire politicamente.
In tutto questo dolore il convitato di pietra Hamas? Governare Gaza è anche assumersi responsabilità
Un punto fondamentale e troppo spesso ignorato è che Hamas governa Gaza. Questo significa che ha la responsabilità primaria di garantire la sicurezza, la distribuzione degli aiuti e la protezione dei civili. Tuttavia, le testimonianze sul campo raccontano di aiuti sequestrati, usati per scopi militari, e di civili usati come scudi umani.
Numerosi rapporti, anche da fonti internazionali, documentano come Hamas operi deliberatamente in aree densamente popolate, lanci razzi da scuole, ospedali e aree residenziali, mettendo in pericolo la vita dei civili palestinesi per proteggere le proprie strutture militari o creare difficoltà a una risposta armata israeliana. Questa strategia, oltre ad essere una violazione del diritto internazionale, aggrava ulteriormente la già drammatica situazione umanitaria.
Un misto triste di ostaggi, vittime e responsabilità multiple
Il 7 ottobre ha segnato un punto di rottura. Gli attacchi terroristici di Hamas, con centinaia di morti e decine di ostaggi, hanno giustamente suscitato condanna unanime. Ma è altrettanto vero che la risposta israeliana, giudicata sproporzionata da più parti, ha provocato decine di migliaia di morti civili a Gaza, inclusi donne e bambini.
In questo scenario, nessuno può dirsi del tutto innocente. Né Israele, né Hamas, né la comunità internazionale, che per decenni ha gestito il conflitto israelo-palestinese con ipocrisia, doppi standard e una diplomazia sterile. Anche l'ONU, spesso paralizzata da veti incrociati, ha mostrato tutti i suoi limiti.
Dire che il governo Meloni non stia facendo nulla è, in effetti, una semplificazione ingiusta. L’Italia ha agito, ma entro margini molto ristretti. Le pressioni internazionali, la posizione all’interno della NATO, i rapporti con Israele e gli equilibri politici interni limitano enormemente ciò che un singolo Paese può fare.
Tuttavia, si può e si deve chiedere al governo di essere più chiaro nel distinguere tra sostegno al diritto di Israele a esistere e a difendersi, e silenzio complice di fronte alle violazioni dei diritti umani. L’Italia ha gli strumenti diplomatici e morali per prendere una posizione più incisiva, senza scivolare in retoriche da tifoseria.
In conclusione, la questione Gaza non si risolve con slogan, né con accuse unilaterali. Il governo Meloni ha responsabilità, ma non è l’unico attore sulla scena. Se vogliamo una discussione seria, dobbiamo guardare alla complessità del quadro, non cedere alla semplificazione e pretendere responsabilità da tutti: Hamas, Israele, l’Onu, le grandi potenze... e sì, anche dall’Italia.