Mi vengono continuamente poste delle domande di amici sulla situazione politica economica e istituzionale del Paese. Si cercano chiarimenti alle convulsioni di un presente in cui percorsi, decisioni, comportamenti sono scarsamente illuminati da razionalità. Non ho risposte da dare. Vivo anche io la crisi dell’oggi.

Allora non c’è spiegazione? No, alcune riflessioni si possono e si debbono fare se si ha la volontà di non fermarsi alla superficie degli accadimenti.
La causa è quella più volte indicata nella crisi della politica, nel ribaltamento dei presidi costituzionali che hanno consentito alla nostra democrazia di rafforzarsi al servizio dello sviluppo. Aver infranto i sacri canoni, alimento di libertà dal dopo guerra in poi, ha reso deboli le istituzioni democratiche, ha dissipato patrimoni di giustizia esponendo il paese alle incursioni di formazioni che hanno sostituito i partiti con movimenti personali.

Il Parlamento è un moncherino rispetto a quello che è stato nel passato. Il potere si è arrampicato stabilizzandosi nelle dune incustodite proliferando centri decisionali senza controllo. Chi controlla le Autorità Indipendenti Amministrative le cui decisioni ricadono sui cittadini? Nessuno! Chi gestisce la politica energetica? Chi incide nelle scelte economiche?

Il governo molto poco rispetto alla strapotere ad esempio dell’Eni, dell’Enel, delle tante partecipate nascoste negli interstizi del ministero dell’Economia. Ministri balbettanti e timidi che i tanti commentatori laudatori attribuiscono doti da statisti della modernità e della tecnologia. Il Parlamento non c’è, mentre è vivo un esecutivo forte nell’immaginario della presidente del consiglio. Una forza apparente, perché gli strumenti delle garanzie democratiche sono state messe fuori uso.

La vicenda del generale libico Almastri, torturatore, stupratore di bimbi assassino restituito con tutti gli onori al suo paese, è un fatto sconvolgente. Certamente un ministro della giustizia, confuso, contraddittorio nei ragionamenti non avrebbe potuto resistere nemmeno un giorno nella prima fase della storia repubblicana. Una riforma della giustizia sulla separazione delle carriere che non riforma nulla e una tassazione, da tempo il governo promette l’equità fiscale e lascia tutto in predicato, anzi rivede le aliquote Irpef che non favoriscono le classi più deboli.

Anche la Banca d’Italia, il cui governatore Panetta è stato voluto dalla Meloni, critica assieme all’Istat le scelte fatte. Il ministro Giorgetti si duole delle critiche per il suo operato, in effetti è estraneo alla materia… e si vede.
La politica estera è più una esplosione di colori che di iniziative forti e originali. Non ci sono i partiti, non c’è la partecipazione del paese con le variegate espressioni di apporti oggi tenuti nel recinto del sistema che non concede libertà di movimento.

E poi i sindacati... Siamo ritornati con Landini alle cinghie di trasmissione della sinistra, ieri, di un Partito, oggi non si sa e all’identificazione di un sindacato, carico di una grande storia come la Cisl, al partito dominante.
L’ultima chicca è il disegno del presidente del consiglio di fare una riforma del sistema elettorale di tipo proporzionale ma con uno sbarramento altissimo e con un premio di maggiorazione inaccettabile.

Ritorna lo schema della legge fascista di Acerbo con tutti gli annessi.
Esistono ancora spiriti liberi in questa nostra Italia oppure sappiamo solo ricordare De Gasperi, Moro e tanti altri? Le celebrazioni, le belle parole di circostanza non costano, rispetto all’agire che richiede coraggio per ritrovare il senso dello Stato. Difronte la frantumazione dell’oggi può nascere uno nuova stagione che apra gli orizzonti oggi irresponsabilmente chiusi. Io lo spero!