Le ultime tornate elettorali di due regioni, Calabria e Toscana ,hanno confermato la crisi della politica. C’è una ripulsa di gran parte di elettori che diserta le urne.
La fiducia verso le istituzioni di democrazia rappresentativa va attenuandosi inesorabilmente .
Un processo di rifiuto di molti che considerano inutile votare nel momento in cui non ci sono più le garanzie per il coinvolgimento dei cittadini previste dalla Costituzione.
Mi riferisco non solo ai partiti ma alle multiforme associazioni espressioni di interessi.
La partecipazione, i confronti e le elaborazioni delle idee non ci sono più .
La astensione è una protesta silenziosa, un rifiuto a sostenere comunque aggregazioni sorte dalla crisi dei partiti che si segnalano per approssimazione ed inadeguatezza.
L’arroganza, la presunzione, l’ostentata sicurezza e superiorità non riescono a nascondere e a colmare vuoti paurosi.

Gli effetti dell’agguato alle libertà civili della metà degli anni 90, contrabbandato come conquista di moralità e di civismo, sono stati devastanti.
Le riforme del sistema elettorale che avrebbe dovuto assicurare stabilità, l’alternanza dei partiti nella guida del governo del Paese si è rivelato un imbroglio che ha offeso la Costituzione e negato la centralità del Parlamento, composto da nominati da oligarchie autoreferenziali.
I grandi partiti , gli ideali, i valori ,che trovavano nella condivisione forza, sono un ricordo.
Oggi ci sono solo i leader che hanno dato il loro nome a movimenti di affiliati e non di militanti.
Una grande fornace che ha bruciato ricordi, passioni, conquiste civili: un sistema che ha prosciugato il flusso di risorse umane vitali per la democrazia.
Ci si chiede se l’Italia è ancora una repubblica democratica. L’impianto costituzionale su cui si è costruita la nostra repubblica non c’è più .
In molti paesi c’è una tendenza che comprime la democrazia.

Autoritarismo e sovranismo indicano percorsi a ritroso che si rifanno a tempi non rassicuranti.
In Italia c’è una situazione ibrida che è più pericolosa, perché fatta di camuffamenti,di depistaggio e di viltà.
Formalmente c’è un Parlamento,ci sono le elezioni,c’è un governo.
Ma se il Parlamento di nominati è afono, se le elezioni registrano la partecipazione della minoranza dei cittadini e il governo crede di avere la pienezza delle decisioni che non ha, perché condizionato da poteri forti, si è sospesi tra il richiamo formale alla Costituzione del 1948 e l’agire che ne viola i principi.
Nessun controllo del Parlamento,dunque,ma il dominio di attrezzate e tutelate consorterie illiberali.
Sono molte le autorità disseminate che condizionano chi le dovrebbe, per legge, controllare.
Riprendendo l’osservazione iniziale l’astensione alle ultime regionali è un fenomeno destinato ad aumentare.
Il regionalismo va rivisto attraverso il bilanciamento dei poteri che assicuri l’agibilità democratica.
Non più presidenti, battezzati governatori da certa stampa e da un culturame servile, che hanno un potere padronale.
Si preveda, allora, la sfiducia costruttiva e la continuità della consiliatura in presenza di dimissioni del presidente.
Così si avvia un avvicinamento tra paese legale e paese reale. Bisogna andare in una direzione diversa da quella della Meloni e alleati che sostegono, attraverso il premierato, un uomo e un esecutivo forte al comando con un Parlamento come addobbo di facciata.
Un altro mondo,altra cultura diversi dalla nostra fede nella libertà e nella giustizia.
Tante sono le macerie istituzionali da rimuovere.
Chi lo può fare se non coloro che non hanno disperso la loro fede nel magma desolato dell’opportunismo e vivono l’angoscia di un presente senza luce!