Torna l’appuntamento con Perfidia, il talk show dal tratto sacrilego che non teme di scandagliare le liturgie, spesso stanche e ripetitive, della politica. Non un salotto accomodante, bensì un Ekklesiasterion contemporaneo, sul modello greco: un luogo insieme sacro e dissacrante, dove la parola diventa fuoco, la retorica si veste di scena, e l’assodato tipico viene trasformato in atipico, mentre l’atipico si fa tipico sotto lo sguardo vigile di Antonella Grippo.

Il tema della puntata è “V(u)oto d’opinione” (clicca qui per rivedere la puntata), ossimoro scintillante che la stessa conduttrice subito declina con chirurgica precisione: il vuoto, dice, è il campo in cui vince chi riesce a stabilire un rapporto epidermico con i cittadini. È davvero così? – chiede con malizia, come un sofista platonico pronto a smontare le certezze altrui. E qui torna alla mente Montaigne, quando scriveva che "la parola è metà di colui che parla e metà di colui che ascolta". Un vuoto si genera proprio quando manca questa condivisione.


Il primo atto della trasmissione si apre con Francesco Cannizzaro (Forza Italia) e Franz Caruso (polo riformista, sindaco di Cosenza). Antonella Grippo, con fare sacrilego e senza timore di colpire sotto la corazza, chiede a Caruso quanto sia difficile la convivenza nel cosiddetto campo largo. La risposta è misurata, ma le scintille scoppiano subito: Caruso e Cannizzaro si punzecchiano sulle occasioni mancate, soprattutto quella della candidatura regionale di Caruso. L’uno punge, l’altro ribatte. Siamo di fronte a un dialogo che pare scritto da Aristofane, con il suo gusto per la polemica vivace, ma diretto da una regista che conosce bene i tempi scenici del comico e del tragico.

Caruso non esita a evocare un ipotetico scontro diretto tra Pasquale Tridico e Occhiuto: senza liste di contorno, dice, la vittoria sarebbe scontata, vincerebbe Tridico. È in questo clima che la Grippo introduce un articolo uscito sulle testate giornalistiche nell'ultima settimana: il giornalista Mediaset Paolo Liguori chiede pubblicamente scusa a Tridico per averlo accusato – erroneamente – di un auto-aumento dello stipendio. Non era stato Tridico ad aumentarsi lo stipendio, bensì il governo stesso.

Si torna così sulle gaffes di Tridico, ormai note alla stampa, diventate quasi una fucina virale di citazioni. Dopo l’episodio delle “tre province”, ecco la nuova: l’annuncio di convocare un consiglio regionale a San Luca, dimenticando che non spetta a lui ma al presidente del consiglio regionale. Una svista che la Grippo sottolinea con garbo ironico, senza infierire, ma lasciando che il peso del non detto cada con eleganza.


Lo scontro tra Caruso e Cannizzaro si accende ulteriormente sul reddito di dignità. Caruso lo difende come strumento di giustizia sociale; Cannizzaro lo attacca, giudicandolo offensivo nel nome stesso – «perché chi non ha reddito non ha dignità?» – e inattuabile economicamente. È quasi un duello filologico, oltre che politico: qui il lessico non è mai neutro, e Antonella Grippo lo sa, lo solletica, lo accende.

Con un'espressione leonardesca, la conduttrice domanda poi a Cannizzaro se non vi sia stata insofferenza verso Occhiuto dentro il partito; lui nega, pur ammettendo discussioni. Alla stessa domanda, Caruso replica con la stessa fermezza: nessuno ha pensato di aver sbagliato candidato.

Ringraziati i primi ospiti, il palcoscenico si allarga. Arrivano altri quattro protagonisti, due del centro destra e due del centro sinistra.
Per il centro sinistra arrivano: Monica Nardi (docente universitaria), Pina Incarnato (assessore e candidata per i democratici e progressisti); per il centro destra: Pietro Molinaro (Fratelli d’Italia) ed Emira Ciodaro (Lega). Un quartetto che riprende, con nuova energia, il filo del vuoto d’opinione.

Monica Nardi lo definisce come il risultato del disinteresse dei cittadini, generato dall’incapacità della politica di rispondere alle esigenze reali. La discussione si concentra sulla sanità: la Nardi accusa la destra di aver incentivato lo svuotamento degli ospedali; la Ciodaro, da medico, respinge l’accusa. Ne nasce un confronto sui concetti di favore e diritto: «il politico – sostiene la Nardi – deve educare al diritto, non al favore».

Molinaro ribatte che il vuoto si colma con programmi concreti; la Incarnato ricorda le dimissioni necessarie a non arrivare consumati a fine mandato, criticando Occhiuto come solista; la Ciodaro replica che, se avesse avuto paura, Occhiuto si sarebbe dimesso e non ricandidato. La Incarnato incalza ancora, citando la proposta di Occhiuto sui 100mila euro per chi acquista casa nelle aree interne, dove gli ospedali sono distanti un’ora di auto: “è solo una proposta”, risponde la Ciodaro, sostenendo che nel frattempo si potrebbero attuare favorevoli programmi per garantire maggiore agevolezza agli abitanti delle zone interne della Calabria.

Il dibattito approda alla questione cruciale: che cosa polarizzano Occhiuto e Tridico?
Molinaro: «Occhiuto polarizza sul fare, sul cambiamento reale, con un programma chiaro del centrodestra».
Nardi ribatte: «Tridico parla alla gente, Occhiuto ai talk show». Una contrapposizione che sembra uscita dalle pagine di Machiavelli: il Principe che deve apparire ma anche fare, pena il crollo del suo potere.

È un crescendo che prepara la promessa della prossima puntata: la presenza in studio di Occhiuto, Tridico e Toscano insieme. Un agone che si preannuncia memorabile.

Prima di chiudere, Antonella Grippo ricorda Gaza, la tragedia della settimana, con sobrietà degna di una vera sacerdotessa della parola. Non aggiunge altro: lascia in sospeso, come fanno i grandi autori quando chiudono un capitolo che non è mai chiuso davvero. Che non può e non deve essere chiuso.

Con fare professionale, arguto, acuto, conclude la puntata danzando – sì, danzando – tra giornalismo e teatro, ironia e serietà, sacro e dissacro. “Perfidia” si conferma una radiografia politica: mette a nudo i personaggi, svela le contraddizioni, illumina le pieghe dell’ipocrisia.

In un tempo di vuoti d’opinione, la sua voce non conosce vuoti. Semmai echi: quelli che restano, come i versi più riusciti della letteratura che, in questo caso, si fa televisione.