La controprova sono le dichiarazioni di Donzelli che a La7 anzichè commentare il voto ha parlato della modifica in chiave proporzionale della legge elettorale per evitare le impasse del passato. Il Pd però non è disposto a collaborare, sa che eliminare i collegi uninominali potrebbe creare problemi al campo largo
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Il risultato finale è un pareggio. La grande tornata delle regionali è finita tre a tre Il centrosinistra ha vinto in Toscana, Campania e Puglia; il centrodestra in Calabria, Marche e Veneto. Poi ci sarebbe la piccola Val d’Aosta ma lì a vincere è stato il partito autonomista l'Union Valdôtaine che pure è vicino al centrodestra.
Un risultato che se proiettato alle Politiche che dovrebbero tenersi fra meno di due anni rischia di produrre un risultato molto incerto. Ieri La Stampa titolava “Le regionali spaventano la Meloni”. Repubblica “Regionali, avviso a Meloni”. Il problema, come dieci anni a questa parte, è il Senato.
Proiettando i numeri di queste regionali sulle Politiche il centrodestra avrebbe sempre la maggioranza di seggi, ma in Senato sarebbe praticamente un pareggio che impedirebbe la formazione di un governo politico. Ma soprattutto se il centrosinistra si presentasse unito nei collegi uninominali, al contrario di quanto successo nel 2022, darebbe filo da torcere agli avversari politici come abbiamo già scritto.
Le ultime proiezioni sulle intenzioni di voto, diffuse da La7, danno FdI al 31,6; Fi al 7,9 e Lega al 7,7. Totale 47,2. Per il centrosinistra Pd al 22,2, M5s al 12,5 e Avs al 7. Totale 41,8
Anche se il centrodestra minimizza il nodo sta tutto qua. Per questo la premier ha in testa di mutare la legge elettorale per cercare di avere una maggioranza più solida che le permetta di formare un governo stabile, dice lei. Non solo, ma secondo i boatos, vorrebbe farla il prima possibile perché ha l’intenzione di anticipare il voto di un anno circa. Questo affrontare la prossima elezione del Capo dello Stato con una maggioranza solida, ma soprattutto per evitare di varare la prossima manovra di bilancio a ridosso delle elezioni. Se già questa Finanziaria è stata una delle più povere della storia della nostra Repubblica, la prossima, con il Pnrr che scadrà a giugno e che finora ha assicurato quel po’ di crescita che c’è stata in Italia, sarà a crescita zero. Meglio approvarla con il risultato messo in cassaforte.
L’attuale legge elettorale prevede che che il 37% dei seggi in Parlamento siano assegnati con sistema maggioritario, mentre il restante 61% con il proporzionale. La soglia di sbarramento per essere eletti è fissata al 3% per le singole liste, ma sale al 10% per le coalizioni. L'idea su cui si sta confrontando il centrodestra è di eliminare i collegi uninominali eletti con il maggioritario e mantenere un proporzionale con premio di maggioranza alla coalizione vincente che supera una certa soglia. In questo quadro restano due incertezze. La prima: mettere i capilista bloccati e tutti gli altri con le preferenze o tornare ad un sistema puro di preferenze (attualmente nel proporzionale si vota con i listini bloccati). Altro tema ancora più caldo è quello dell’indicazione del nome del premier nella scheda. Una sorta di anticipo del premierato che però non piace né a Tajani né a Salvini perché lo ritengono un vantaggio per Fratelli d’Italia.
La conferma è arrivata ieri da La7. In particolare dalle dichiarazioni di Giovanni Donzelli, uno che non parla certamente a caso. Chiamato a commentare i risultati delle regionali di Campania, Puglia e Veneto il luogotenente della Meloni ha virato sulla legge elettorale. «Con questa legge il rischio che nessuno abbia la maggioranza alle prossime elezioni esiste eccome: loro ne sarebbero felici, perché sarebbero prontissimi a fare un governo con tutti dentro, noi no», ha spiegato ieri Donzelli a urne appena chiuse. «Noi vogliamo che chiunque vinca possa governare per 5 anni - ha aggiunto - Come? In questo contesto una legge sul modello Regionali mi sembra decisamente la migliore».
Naturalmente il centrosinistra non ci sta. «Non ci interessa in questo momento discutere delle priorità di Giorgia Meloni, ma delle priorità degli italiani. Mi sembra veramente strano che la destra abbia il tempo di aprire un dibattito sulla legge elettorale quando non ha ancora chiarito come intende correggere una pessima manovra di bilancio che dà al Paese una prospettiva di crescita zero nei prossimi anni», ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. Su questo «vogliamo concentrare la nostra battaglia. Ci pare che la destra sia impegnata a parlare di tutto tranne le condizioni materiali degli italiani, il calo della produzione industriale, la bassa crescita economica nonostante il Pnrr».La realtà è che tagliare gli uninominali complicherebbe la partita per il campo largo.
«Da domattina Giorgia Meloni proverà a cambiare la legge elettorale. Perché con questa legge lei a Palazzo Chigi non ci rimette più piede», è il commento di Matteo Renzi. Un accordo però andrebbe trovato perché il rischio di piombare nella situazione precedente al Governo Meloni ovvero una impossibilità di creare un Governo politico è più che concreta.

