Ponte sullo Stretto, nel 2024 si comincia ma è una finta partenza: si costruiranno soltanto le casette degli operai
Il 15 febbraio appuntamento chiave per il cda della Stretto di Messina: costi aumentati di 3,5 miliardi rispetto al 2011. Il nuovo maxi finanziamento per le strade in Calabria voluto da Salvini a ridosso delle Europee
Gli annunci epocali per il Ponte sullo Stretto ormai non si contano più. Il prossimo step è fissato per il 15 febbraio, quando il cda della società Stretto di Messina, concessionaria pubblica del Ponte, esaminerà (probabilmente per approvarla lo stesso giorno) la relazione di aggiornamento del progetto definitivo dell’infrastruttura. Prima conferma prevista: il “prezzo” dell’opera crescerà da 8,5 miliardi a 12 miliardi, soprattutto per via dell’adeguamento del costo dei materiali, a quasi tredici anni dalla precedente versione del luglio 2011.
Sono 3,5 miliardi di euro in più, un numero identico a quello del più recente taglio di risorse per il Sud: il definanziamento (esattamente da 3,5 miliardi) del fondo pensato proprio per colmare il divario sulle infrastrutture. Dopo la conferma arrivata dall’Ufficio parlamentare di bilancio, anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini – seppure nella forma più politichese possibile – ha ammesso che quei fondi non ci sono più.
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Ponte sullo Stretto: gli step dopo il via al progetto
Al centro del dibattito e delle strategie del vicepremier c’è sempre il Ponte, opera bandiera del Carroccio (più che del Governo Meloni). Dalla fase preparatoria della riunione di giovedì prossimo emerge qualche dettaglio sull’iter.
Le modifiche tecniche al progetto sono tutto sommato marginali: le integrazioni riguarderanno l’adeguamento alle nuove normative (antincendio e sicurezza del trasporto ferroviario), le opere compensative, qualche aggiustamento di raccordi sul territorio. Dopo l’ok alla relazione, Salvini porterà al Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) il documento che comprende anche il cronoprogramma e il piano finanziario, consentendo all’opera di completare la valutazione di impatto ambientale (non c’è ancora una pronuncia definitiva), la conferenza di servizi (che aveva approvato il progetto), il parere dei Beni culturali (che va integrato).
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Sono step burocratici importanti, soprattutto per le imprese: l’approvazione del Cipess è attesa per maggio e darà il via ai pagamenti ai progettisti e al consorzio appaltatore Eurolink, guidato da Webuild. Il consorzio, negli ultimi mesi, ha rimesso in moto il progetto e lavorato senza compensi aggiuntivi per l’adeguamento progettuale.
C’è un passaggio chiave anche sull’adeguamento del prezzo totale: dovrà fermarsi a 12,5 miliardi anche per evitare di far salire i costi aggiuntivi oltre quel 50% che automaticamente farebbe scattare l’obbligo di rifare la gara.
Ponte sullo Stretto, il (vero) via ai cantieri nel 2025
La corsa, dunque, è ripresa come da desiderata del ministro leghista. Pietro Cucci, amministratore delegato della società Stretto di Messina, ha confermato l’obiettivo di aprire i cantieri nell’estate 2024. L’orizzonte è luglio, anche se “aprire i cantieri” è un’espressione un po’ generica. La prima pietra si tradurrebbe, secondo un approfondimento del Foglio, nell’avvio della bonifica degli ordigni bellici e nella realizzazione delle casette per gli operai. Attività, tutto sommato, più simboliche che sostanziali: il “cuore” del Ponte partirà invece nel 2025, quando si prevede che progetto esecutivo sia completato e approvato.
A latere restano i discorsi sulle risorse sottratte a Calabria e Sicilia e reindirizzate sulla grande opera. I governatori Roberto Occhiuto e Renato Schifani restano favorevoli (Schifani dopo una dura polemica in occasione della legge di bilancio 2024), ma dietro le quinte c’è una vera e propria battaglia: le Regioni provano a trasformare il loro Sì al Ponte in risorse da investire sui territori. Anche questo è un tema che torna ciclicamente, con una frequenza che provoca assuefazione agli annunci di investimenti miliardari.
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Statale 106, A2 e porto di Gioia Tauro: per la Calabria 3,5 miliardi
L’ultima mossa del ministero delle Infrastrutture è un aggiornamento del piano stradale nazionale. Si tratta di 65 interventi Anas per 7,6 miliardi, divisi fra nuove opere e manutenzioni straordinarie. Nella ripartizione regionale del piano, alla Calabria sono destinati 3,5 miliardi. La seconda regione in termini di incassi è il Lazio che prende 759 milioni mentre l’ultima, la Val d’Aosta, ne incassa 14. Anche in questo caso montano i rumors: gli investimenti fanno pensare a un forcing elettorale della Lega al Sud in vista delle elezioni europee. Difficile tenere il calcolo politico fuori dai ragionamenti. Di sicuro si può intravedere una forma di compensazione per l’arrivo dei 3,5 miliardi in Calabria, dopo lo spostamento di una parte dei fondi europei sul Ponte e il taglio del fondo perequativo.
I 3,5 miliardi vanno, d’altra parte, a opere come la Statale 106 Jonica, la A2 Salerno-Reggio Calabria e il completamento delle strade di accesso al porto di Gioia Tauro. Se ne parla da anni in un intreccio di miliardi con vista sulle Europee che viaggiano da un capitolo all’altro del bilancio, tra Pnrr e Piano complementare nazionale.