Sanità, ordini professionali contro il commissario: «Modificare le linee guida»
Gli ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione chiedono posizioni dirigenziali a loro dedicate
Probabilmente non sono state sufficienti le modifiche già apportate alle linee guida per l'adozione degli atti aziendali varate dal commissario ad acta, Guido Longo, contenenti inesattezze ed errori sulla classificazione di ospedali e case di cura tanto da indurlo ad approvare una serie di integrazioni. Adesso l'introduzione di nuove modifiche vengono richieste a gran voce anche dagli ordini dei tecnici sanitari di Radiologia Medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.
La richiesta
La richiesta è quella di «modificare prevedendo l’obbligatoria istituzione, accanto al dirigente delle professioni sanitarie, delle attività infermieristiche e delle attività di riabilitazione, di ulteriori figure dirigenziali dedicate, alle professioni tecnico - sanitarie, alle professioni tecniche della prevenzione e alle professioni sanitarie dell’area sociale».
Errore materiale
I tre presidenti, Salvatore Liserre per la provincia di Cosenza, Massimo Morgante per la provincia di Reggio Calabria e Giovanni De Biase per le province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia incalzano: «Trattasi, certamente, di un mero errore materiale, che abbisogna, altrettanto certamente, di immediata correzione. In buona sostanza, riteniamo che la pari dignità tra le professioni sanitarie sia un valore indiscutibile: l’occasione fornita dall’adozione di queste linee guida, sul punto non concertate con gli ordini professionali di riferimento, rischia ad oggi, di essere vanificata in favore di scelte difficilmente sostenibili anche sul piano della pura logica di sistema».
Pari dignità
«Le normative di cui alle leggi n. 42/1999, n. 251/2000, n. 01/2002 e 43/2006 - si legge nella nota - hanno, oramai da oltre vent’anni, istituito le professioni infermieristiche, la professione sanitaria ostetrica, le professioni sanitarie riabilitative, le professioni tecnico-sanitarie, a loro volta distinte in un'area tecnico-diagnostica e un'area tecnico-assistenziale, le professioni tecniche della prevenzione, le professioni dell’area sociale. Una normativa che, sia bene ribadirlo, va in direzione dell’istituzione delle dirigenze delle professioni sanitarie, quale metodo di valorizzazione dei ruoli e delle autonomie, appunto, delle singole figure professionali».
Scelte incomprensibili
«Ebbene, le linee guida da ultimo adottate vanno purtroppo in una diversa direzione: il punto n. 48 prevede l’istituzione di un dirigente delle professioni sanitarie, cui viene attribuito il coordinamento di tre aree organizzative funzionali, per poi prevedere, al successivo punto n. 54, l’istituzione obbligatoria di un dirigente delle attività infermieristiche e di un dirigente delle attività di riabilitazione. Al netto dell’encomiabile decisione di prevedere l’istituzione di tre figure dirigenziali dedicate, appare francamente incomprensibile la scelta di non prevedere l’attivazione di tre ulteriori posizioni dirigenziali dedicate, rispettivamente, alle professioni tecnico-sanitarie, alle professioni tecniche della prevenzione, alle professioni sanitarie dell’area sociale.
«Crediamo che questa richiesta vada nel senso di quanto suggerito quotidianamente dall’evoluzione professionale dimostrata sul campo dai vari professionisti afferenti a tali aree, guadagnata attraverso importanti percorsi formativi, e testimoniata dalla imprescindibilità del loro apporto rispetto ad un’appropriata offerta di salute».