Il Rapporto Meridiano Sanità scatta l’ennesima fotografia impietosa della nostra regione: sotto la media nazionale per prevenzione e assistenza territoriale. Pesano anche i ritardi nell’attuazione del Pnrr
Tutti gli articoli di Sanità
PHOTO
Il Nord conduce, il Sud insegue. La storia non cambia. A raccontarla, stavolta, è il nuovo Rapporto Meridiano Sanità elaborato da The European House – Ambrosetti e presentato a Roma. Secondo lo studio, la Calabria si colloca tra le ultime regioni in Italia per qualità ed efficienza del sistema sanitario, con indicatori come prevenzione, assistenza territoriale e risorse economiche ben al di sotto della media nazionale.
L’analisi conferma la persistente frattura tra Nord e Sud: se in cima alla graduatoria si piazza la Provincia autonoma di Trento, all’altro capo si trova la Sicilia. Appena un gradino sopra la nostra regione. Il distacco è una voragine: in una scala da 1 a 10, il primo posto ottiene 9,4 mentre l’ultimo 2,7. La Calabria si ferma a 3,2.
Alla base della graduatoria l’indice denominato Meridiano Sanità Regional Index, che tiene conto di diverse variabili che vanno dall’aspettativa di vita alla mortalità infantile, passando per la presenza di malattie croniche.
L’aspettativa di vita in buona salute è tra le più basse del Paese, con 53,4 anni contro i 69,7 della provincia di Trento. L'aspettativa di vita alla nascita è invece pari a 82,3 anni, in lieve crescita rispetto al 2024 (82,0). Il tasso di mortalità infantile è di 3,6 decessi ogni mille nati, superiore alla media nazionale (2,5), mentre la mortalità standardizzata per età si attesta a 11,9 decessi ogni mille abitanti, in miglioramento rispetto al 12,2 dell'anno precedente.
I Lea: la spina nel fianco
Il Nuovo sistema di garanzia (Nsg) del Ministero della Salute, entrato in vigore nel 2020, monitora l’assistenza sanitaria sul territorio italiano, per verificare che i Livelli essenziali di assistenza (Lea) siano erogati «in condizioni di qualità, appropriatezza e uniformità».
Tre le macroaree: prevenzione, distrettuale, ospedaliera. Il settore più critico è quello della prevenzione, con 6 regioni al di sotto della soglia di sufficienza, «confermando la difficoltà di garantire accesso ai programmi vaccinali e di screening». Cinque le regioni inadempienti nell’assistenza distrettuale, «segno che la presa in carico territoriale dei pazienti e l’organizzazione dei servizi di prossimità rappresentano ancora un punto debole in alcune zone». La Calabria è in zona rossa (inadempiente) in entrambe le aree. Va meglio nell’assistenza ospedaliera, dove a finire sotto soglia è la sola Valle d’Aosta.
Prevenzione: l’anello debole
Sul fronte della prevenzione, la Calabria totalizza appena 41 punti su 100, uno dei valori più bassi d’Italia, dove la media nazionale è di 77,8.
Da questo punto di vista, gravi ritardi si registrano anche nell’attuazione delle Reti oncologiche regionali. «Regioni come Toscana, Emilia-Romagna e Veneto – si legge nel Rapporto – si distinguono per una gestione efficace della Rete oncologica, con ricoveri tempestivi, interventi chirurgici entro 30 giorni nell’80% dei casi e bassa mobilità sanitaria. Altre, come Campania, Umbria, Abruzzo, Puglia e Friuli-Venezia Giulia, mostrano segnali incoraggianti, grazie ai recenti sforzi di riorganizzazione. Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna presentano gravi ritardi strutturali e organizzativi, con Reti frammentate o assenti, lunghe liste d’attesa e forte mobilità passiva verso il Centro-Nord».
La copertura degli screening oncologici organizzatiin Calabria è tra le più basse d’Italia: 13,4% per lo screening mammografico, 6,3% per quello colorettale e 12,4% per il cervicale.
Assistenza territoriale e ospedaliera: luci e ombre
La rete ospedaliera mostra una tenuta relativa: il punteggio calabrese (69/100) è superiore a quello in prevenzione, ma resta inferiore di oltre venti punti rispetto al Nord. Più critico, come anticipato, il versante distrettuale – la sanità di prossimità – dove la Calabria ottiene appena 40 punti, segno di un territorio ancora scoperto nell’assistenza domiciliare e nella gestione delle cronicità.
Il Meridiano Sanità Regional Index segnala che la Calabria «sconta un deficit strutturale di personale sanitario e infrastrutture, aggravato dalla lentezza nella spesa dei fondi Pnrr». A marzo 2025, la regione risultava tra le più indietro nell’attivazione dei nuovi posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva: appena 25% del target raggiunto, contro una media nazionale del 35% e punte del 70% in Friuli e Abruzzo.
Spesa sanitaria: poca e male distribuita
La spesa sanitaria pubblica calabrese ammonta a 4,2 miliardi di euro, con 493 milioni di spesa farmaceutica diretta e un’incidenza dell’11,7% del Fondo Sanitario Regionale, tra le più alte d’Italia. Significa che, pur spendendo meno in termini assoluti, la Calabria destina una fetta maggiore del proprio budget ai farmaci, segno di un sistema più curativo che preventivo.
La Calabria presenta anche forti flussi di mobilità sanitaria verso il Centro-Nord. Nel 2023 il saldo economico negativo è stato di -191,9 milioni di euro, con un Indice di soddisfazione della domanda interna (Isdi) pari a 0,81, che indica un sistema incapace di coprire pienamente il fabbisogno di cure dei residenti.
Pnrr e infrastrutture: il divario si allarga
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Missione 6 – Salute) avrebbe dovuto ridurre le distanze, ma in Calabria l’attuazione procede a rilento. La nostra regione si colloca tra le ultime per rinnovo delle apparecchiature diagnostiche e per digitalizzazione sanitaria: appena il 4% dei cittadini ha utilizzato il Fascicolo sanitario elettronico, contro il 65% dell’Emilia-Romagna.
Il contesto geopolitico ed economico
Sotto la lente c’è la sanità, ma immersa nel contesto globale e macroeconomico. Si legge nel Rapporto: «Negli ultimi anni, la salute globale è stata messa a dura prova da una serie di sfide interconnesse – economiche, geopolitiche, ambientali e demografiche – che si inseriscono in un contesto sociale in rapida trasformazione. Il benessere fisico e mentale delle popolazioni è oggi sotto pressione a causa di fattori tanto endogeni (come l’invecchiamento e l’aumento della cronicità) quanto esogeni (come l’instabilità geopolitica, la crisi climatica o la trasformazione del lavoro). In questo scenario, la salute non può più essere considerata una variabile indipendente, bensì un elemento centrale per la resilienza economica, la coesione sociale e la competitività dei Paesi».
«Nel panorama europeo – sottolinea ancora l’analisi – la Calabria figura tra le aree con i più alti livelli di rischio povertà ed esclusione sociale, evidenziando le profonde disparità territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Questo dato assume una rilevanza particolare anche sotto il profilo sanitario, alla luce del forte legame tra condizioni economiche svantaggiate e peggioramento dello stato di salute fisico e mentale».
Determinanti sociali: povertà, istruzione e salute
Il Rapporto sottolinea che la salute non dipende solo dagli ospedali. In Calabria, redditi più bassi, maggiore disoccupazione e livelli d’istruzione inferiori si traducono in peggiori indicatori di benessere e aspettativa di vita.
I test Invalsi e Ocse-Pisa continuano a mostrare performance scolastiche più basse e tassi più alti di dispersione e Neet, fattori che si riflettono sulla salute e sull’accesso alle cure.
«I determinanti socio-economici restano la radice profonda del divario Nord-Sud – si legge nel Rapporto –. Dove il reddito, l’istruzione e i servizi sono più deboli, la salute della popolazione peggiora».
L’urgenza di un piano per la sanità meridionale
Il Sud insegue, dunque, ma il Sud non può più permettersi di inseguire. Il think tank Meridiano Sanità propone una «strategia nazionale per la coesione sanitaria» che includa incentivi alla mobilità dei professionisti, investimenti strutturali nei distretti e un piano straordinario per la prevenzione.
Perché se è vero che la sanità italiana è universalistica sulla carta, lo è molto meno nella realtà: un cittadino calabrese ha ancora oggi meno accesso, meno cure e meno speranze rispetto a uno del Nord. La Calabria resta il simbolo del divario sanitario italiano: una terra che spende meno, riceve meno e deve curarsi di più.
«Il Sud non chiede privilegi – si legge nel Rapporto – ma pari diritti di salute. Senza di essi, l’universalità del Servizio sanitario resta una promessa incompiuta».