Dopo 21 giorni di ricovero e un delicato intervento, Gianluigi Otranto Godano torna a casa e ringrazia chi lo ha sostenuto: «Sono grato alla vita, anche nei momenti peggiori»
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Sono passati 23 giorni da quel terribile 21 settembre, quando Gianluigi Otranto Godano, portiere del Rocca di Neto, si è infortunato gravemente durante la gara di Promozione contro il Corigliano, allo stadio “Rizzo”.Il match della seconda giornata, terminato 2-1 per i padroni di casa, è stato segnato dallo scontro di gioco che ha coinvolto l’estremo difensore ospite. In quei momenti concitati anche il fratello Alessandro, scosso dall’accaduto, è stato espulso dall’arbitro per un gesto dettato dall’emotività.
Dopo tre settimane di ricovero e un intervento chirurgico delicato, Otranto Godano ha voluto raccontare la sua esperienza attraverso un lungo messaggio sui social: «Da dove posso iniziare dopo questi lunghissimi 21 giorni… Inizio dal ringraziarvi tutti per i messaggi e le chiamate di supporto. Amici, compagni, società, presidenti, tutti. Voi non lo sapete, ma ognuno di voi mi ha dato una piccola spinta che, sommata all’amore di cui sono circondato da sempre, mi ha aiutato in una situazione che mai avrei pensato di vivere nella vita».
Il rischio per il portiere dei crotonesi è stato enorme: «Ho rischiato di perdere la gamba per una sindrome compartimentale e me l’hanno salvata con una fasciotomia d’urgenza. Ho rischiato di non poter ricostruire tibia e perone perché erano in 5 pezzi e me l’hanno ricostruite. Come faccio ad essere arrabbiato con la vita? Sono grato alla vita perché gli incidenti e le cose brutte purtroppo capitano a tutti, ma non tutti hanno la fortuna di poterli superare senza ripercussioni che la vita te la cambiano per sempre».
Non manca un riferimento polemico ai lunghi minuti trascorsi in attesa dei soccorsi: «Non tornerò sull’accaduto – scrive il portiere- , sul come un essere umano possa stare 50 minuti con una gamba distrutta in mezzo al campo ad aspettare l’ambulanza, o sulla scelta di continuare o meno la partita. Ognuno ha la propria coscienza e la propria umanità. Mi auguro solo che nessuno mai possa vivere quello che ho vissuto io nel campo, perché quello sì, quello non è umano».
Fondamentale per l’estremo difensore il supporto del club: «Sento forte il bisogno di ringraziare dal più profondo del mio cuore tutti i presidenti, dirigenti e la famiglia dell’ASD Rocca di Neto 1966, per non avermi mai lasciato solo un secondo, per avermi messo a disposizione ogni mezzo, elicottero, ambulanza, qualsiasi cosa pur di riuscire a farmi tornare sulle mie gambe. Siete persone speciali e non potrò mai fare abbastanza per ringraziarvi».
Domenica 12 ottobre il rientro a casa. Per lui una rinascita: «Sono tornato finalmente a casa dopo 21 giorni da quel 21 settembre che ricorderò sempre come un giorno duro sì, ma anche che mi ha cambiato la vita, spero rendendomi un uomo migliore. Vi abbraccio tutti, a presto».