Il sole di metà giugno scalda la sabbia, il mare è calmo e l’atmosfera richiama la voglia di una giornata spensierata in spiaggia. Ma basta mettere piede sulla battigia alle spalle dell’Istituto Nautico di Pizzo per capire che la realtà è tutt’altra: bottiglie di plastica e vetro affondate tra i granelli, accendini sparsi, pneumatici abbandonati come relitti e rifiuti di ogni tipo galleggiano sull’acqua. Insomma, la scena è quella di una cartolina strappata, dove al posto del relax c’è lo sconcerto e l’indignazione di residenti e vacanzieri.

A parlare sono i bagnanti, delusi e amareggiati: «Il mare non è per niente pulito, è stata un po’ una delusione anche perché siamo solo agli inizi di giugno – racconta una ragazza –. Appena entrata la pelle ha cominciato a bruciare, quindi evidentemente l’acqua non è buona neanche per fare il bagno. È un peccato». A fare eco le parole di una madre: «La spiaggia è sporca e l’acqua è sporchissima. I ragazzi non sono riusciti a farsi un bagno, quindi ce ne andiamo disperati. Volevamo passare una bella giornata di mare, invece ce ne scappiamo».

Un disagio diffuso, anche tra chi è affezionato a questo tratto di costa: «Purtroppo basta guardarsi intorno – spiegano due giovani di Pizzo – veniamo qui ogni anno e la situazione è sempre peggio: buste, rifiuti di ogni tipo, pure in acqua. È una situazione spiacevole, sia per chi vive qui che per i turisti». Un danno non solo ambientale, ma anche d'immagine. «Prima sono passati due turisti inglesi – racconta una signora – hanno visto tutta questa sporcizia sulla spiaggia, hanno fatto una faccia schifata e se ne sono andati. È una vergogna». E ancora: «Qui vicino l’acqua è sporca, ma andando verso Colamaio è anche peggio – racconta un ragazzo – lì è tutto verde, uno schifo. Anche le pinete sono abbandonate, la gente lascia di tutto».

Pino Paolillo, responsabile per la conservazione del WWF nel Vibonese

Sulla stessa linea, ma con uno sguardo più ampio, l’analisi di Pino Paolillo, responsabile per la conservazione del WWF nel Vibonese, che evidenzia come i problemi ambientali siano sì locali, ma anche sintomi di un sistema globale in affanno: «Il nostro mare è colpito da due problemi principali: l’eutrofizzazione, che causa fioriture algali e alterazioni delle acque, e l’inquinamento da plastica». Poi ci sono le correnti, che fanno del Golfo di Sant’Eufemia un imbuto naturale per i rifiuti galleggianti. «Le correnti portano qui ogni genere di rifiuto: da Stromboli, dalla Grecia, dall’intero Mediterraneo. Qualche anno fa recuperai un contenitore con la scritta Hellas (Grecia). È un problema internazionale, ma che si riflette con forza su questa costa».

L’inquinamento da plastica, secondo Paolillo, è «il risultato di stili di vita insostenibili e scarsa consapevolezza individuale». Solo il 10% delle plastiche mondiali viene riciclato, mentre il resto finisce in discariche o – peggio – nei mari. «Non è accettabile che per 100 grammi di formaggio si usi una vaschetta di plastica che finisce in mare. Serve un cambiamento culturale». Ma oltre alla prevenzione, è urgente agire sugli effetti visibili, aggiunge Paolillo: «Ci sono dei battelli pulisci-mare, i Pelican, pubblicizzati anche dalla Regione Calabria. Perché non vengono usati? E perché non si fanno più indagini su chi scarica illegalmente in mare? Servono controlli, serve presenza, serve volontà politica».