Nell’approfondimento giornalistico di Dentro la notizia (QUI LA PUNTATA), condotto da Pierpaolo Cambareri, il focus si concentra su Lamezia Terme, città che per anni si era illusa di essersi progressivamente emancipata dal peso oscuro della criminalità organizzata. Un’illusione incrinata bruscamente negli ultimi mesi, in cui si registra un inquietante riacutizzarsi di episodi delittuosi: ben sei atti intimidatori recenti, di cui tre rivolti ad attività commerciali, due contro imprenditori e l’ultimo, nella notte appena trascorsa, ancora una volta ai danni di un esercizio commerciale.

Da Lamezia Terme riparte dunque un grido fermo, esasperato e dignitoso, che chiede protezione, giustizia e soprattutto coraggio civile.

Ospite della trasmissione Giancarlo Costabile, docente di Pedagogia dell’antimafia all’Università della Calabria, che sin dalle prime battute ricorda con forza quanto «lo Stato siamo noi». Il professore non manca di elogiare l’impegno giornalistico di LaC News24, capace – afferma – di svolgere da anni un lavoro prezioso, rigoroso, profondamente civile. Costabile esprime solidarietà piena agli imprenditori colpiti da questi «gesti ignobili», per poi ribadire come la risposta alla violenza debba articolarsi su due direttrici irrinunciabili: la giustizia e la pedagogia.

Da un lato il contrasto giudiziario, inflessibile, necessario a fermare i criminali; dall’altro un lavoro di sensibilizzazione che si costruisce nel tempo e che, secondo Costabile, costituisce l’unica via per «educare a una cultura altra», capace di destrutturare l’obbedienza tacita a un sistema mafioso che per troppo tempo ha infettato la società calabrese. «Lo Stato non è un nemico», ammonisce il professore, aggiungendo che la Calabria deve rivendicare, senza paura né ambiguità, un nuovo motto civico: lo Stato siamo noi!

Il docente richiama inoltre l’esigenza di un’unità morale regionale: oggi – dice – tutti i calabresi devono sentirsi lametini, così come ieri si sarebbero dovuti sentire reggini, dal momento che anche Reggio Calabria attraversa un frangente critico. «I calabresi devono decidere cosa fare da grandi», afferma con un’immagine incisiva. E gli esempi non mancano, come quello dell’imprenditore Grandinetti di Lamezia, simbolo di resistenza civile. Ma il vero nemico interno, ricorda Costabile, è la radicata cultura del comparaggio: «il compare del mio compare è anche mio compare», una formula che riassume la genealogia informale di un potere parallelo e perverso.

A sostenere questo grido collettivo si uniscono, in collegamento da Lamezia con l’inviato Nico De Luca il sindaco Mario Murone, il quale ha ribadito più volte quanto sia importante contrastare la criminalità: «Dobbiamo muoverci per tranquillizzare i cittadini. L'amministrazione è dalla parte dei cittadini, insieme alle autorità dobbiamo combattere questi fenomeni». Ha ripetuto più volte nel corso dell'intervista che non si ha nessuna intenzione di fare passi indietro. Insieme al sindaco anche l’imprenditore Francesco Grandinetti; Gioacchino Tavella presidente dell’associazione antiracket ALA e Francesco Cefalà, direttore di Trame.

Cambareri rilancia una domanda cruciale, tragica nella sua evidenza: è mai possibile che una minoranza di persone spregiudicate riesca a condizionare la vita di imprenditori onesti e di quanti desiderano operare con rettitudine in questa terra? Da studio, attraverso il professore Costabile, arriva l’esortazione: «Bisogna spezzare le catene».

La risposta del professore Costabile è netta: «Dobbiamo costruire una cultura capace di rompere l’obbedienza a una cultura mafiosa». E nel farlo, aggiunge, l’informazione ha un ruolo determinante. LaC – sottolinea – rappresenta da anni una forza capace di sovvertire gli schemi del potere, proponendo un modello pedagogico di informazione che contribuisce a sensibilizzare e a rompere il silenzio.

Cambareri, in chiusura, richiama la fiducia nella magistratura e ribadisce un monito essenziale: non bisogna lasciare alcun varco alla criminalità organizzata.

Lamezia Terme, oggi più che mai, chiede alla Calabria intera di schierarsi dalla parte giusta, affinché nessun imprenditore, nessun cittadino, debba più sentirsi solo davanti alla violenza.

In fondo, ciò che emerge da questa vicenda è la misura esatta della responsabilità collettiva: nessuna comunità si salva da sola, e nessuna rinascita può maturare senza un atto di coraggio condiviso. Lamezia, oggi, non chiede soltanto solidarietà: chiede una scelta di campo definitiva, quella in cui la dignità non sia un’eccezione ma la regola silenziosa del vivere civile. È da questa scelta che passa il futuro della Calabria, e forse anche la sua possibilità più autentica di riscatto.