La crisi della montagna calabrese, aggravata dai mutamenti climatici e dal declino delle economie tradizionali, richiede idee nuove. Ne abbiamo parlato con Saverio J. Bianco “montanaro del Sud”, guida del Parco Nazionale della Sila, guida ambientale escursionistica e istruttore Mtb.

Saverio ha deciso di proporre la soluzione più calabrese possibile: pensare in grande. Anzi, grandissimo. Progetti “fuori scala”, come li definisce lui, in grado almeno di smuovere immaginazione, dibattito e, chissà, anche un nuovo modo di immaginare lo sviluppo della Sila Grande. Immaginazione o provocazione?

Lo abbiamo intervistato fra le adorate montagne silane.

Bianco, lei dice che per salvare la Sila serve pensare “in grande, anzi fuori scala”. Cosa intende?
«Bisogna avere il coraggio di immaginare cose che altrove neppure prenderebbero in considerazione. In Calabria funziona così: se non si può fare, allora lo vogliamo ancora di più. È la nostra natura. E allora, perché limitarci? La Sila ha bisogno di visioni titaniche, anche un po’ folli, che accendano entusiasmo».

Negli anni sono circolate idee come il comprensorio Lorica–Camigliatello, la funivia diretta Monte Curcio–Botte Donato, impianti sul Pollino. Lei propone qualcosa di diverso?
«Direi… molto diverso. Questa è la mia “visione definitiva”: fare di Cosenza la nuova Aosta. Avete capito bene. Basta complessi d’inferiorità: possiamo puntare più in alto di chiunque».

E come si trasformerebbe Cosenza in una sorta di capitale alpina?
«Con una funivia spettacolare, stile Skyway del Monte Bianco, che parte direttamente dall’Ipercoop di Zumpano e sale fino a Monte Curcio. Dritta, senza indecisioni. Arrivi, parcheggi comodo, e in un’oretta sei in quota. Un’ora buona, sì: la velocità sarebbe di 25 km/h, superando perfino la Téléphérique dell’Aiguille du Midi. Almeno qualcosa ai francesi la vinciamo!».

Una funivia da Cosenza alla Sila? Qualcosa di mai visto.
«Appunto! È questo il bello. È un progetto avveniristico, visionario, fantascientifico e – diciamolo – perfetto proprio perché probabilmente non si farà mai. Ma vuoi mettere l’effetto che fa soltanto immaginarlo?».

Ha previsto anche una stazione intermedia?
«Certo: a Petramuni, nel comune di Spezzano della Sila. Così diamo quel tocco “metropolitano”, tipo una fermata della metro di Tokyo, ma in Presila. È un dettaglio che già da solo vale l’opera».

E per i passeggeri? Come immagina le cabine?
«Altro che quelle da 6 o 8 posti che si vedono in giro. Qui viaggi come un pascià: riscaldamento, bagno – perché un’ora è lunga –, tv, Netflix e forse perfino Sky Calcio. Visto il tempo di percorrenza, prevedo una “cabina-ristorante”: antipasto, primo, secondo e amaro silano serviti mentre sali verso la vetta».

La sua sembra una provocazione, ma con un obiettivo preciso. Qual è il messaggio?
«Che servono idee capaci di rompere l’immobilismo. La Sila ha bisogno di un immaginario forte, di progetti che facciano parlare, che rilancino il tema della montagna calabrese e della sua fragilità. Anche solo sognare un’opera così titanica darebbe giovamento alla fantasia collettiva».

Crede davvero che un progetto simile possa aiutare il territorio?
«Guardi, anche se non si farà, ci garantirebbe cinquanta anni di discussioni ai bar, e già questo sarebbe un patrimonio culturale. Ma se anche solo una piccola parte dell’idea servisse a stimolare un dibattito serio sul futuro della Sila, allora ne sarebbe valsa la pena».

In conclusione: qual è, davvero, la sua speranza?
«Che la Calabria ricominci a guardare la montagna come una risorsa strategica e non come un problema. Serve coraggio, servono visioni. Anche quelle grandi, folli e “fuori scala”. Perché da qualche parte, per cambiare davvero, bisogna pur ricominciare a sognare».

Ecco un sogno quello di Saverio. Una bella e suggestiva provocazione. Bravo!