In Italia crescono minacce e aggressioni ai cronisti: 81 episodi nei primi sei mesi del 2025. Dalla Russia alla Palestina, da Ilaria Alpi ad Anna Politkovskaja, una lunga scia di sangue contro chi documenta la verità
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Il luogo dell'attentato, nel riquadro Sigfrido Ranucci
L’attentato contro Sigfrido Ranucci, avvenuto ieri sera a Campo Ascolano, alle porte di Roma, non è affatto da sottovalutare. Non è solo un gesto intimidatorio contro un giornalista scomodo: è un segnale d’allarme, un colpo inferto alla libertà di stampa in Italia. Due ordigni hanno distrutto le auto di Ranucci e di sua figlia. Solo per caso non ci sono state vittime. Il messaggio, però, è chiaro e inquietante: colpire chi racconta la verità.
Non si tratta di un caso isolato, ma del riflesso di un clima sempre più ostile verso il giornalismo, non solo nei regimi autoritari ma anche nelle democrazie consolidate. Negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump, tornato alla Casa Bianca, ha ripreso a definire i giornalisti “nemici del popolo”, alimentando l’odio e legittimando attacchi verbali e fisici contro i media. Nel mondo arabo e nei paesi dittatoriali la libertà di stampa semplicemente non esiste: i giornalisti vengono perseguitati, incarcerati, torturati, costretti al silenzio.
I dati sono drammatici. Nel 2024 sono stati uccisi 124 giornalisti nel mondo, un record senza precedenti. A peggiorare la situazione è la guerra tra Israele e Hamas: dal 7 ottobre 2023 a oggi sono morti almeno 186 giornalisti, di cui 178 palestinesi, 2 israeliani e 6 libanesi. È la più grave tragedia mai registrata per la libera informazione. Molti, come Ismail Al-Ghoul e Rami al-Rifi di Al Jazeera, sono stati uccisi mentre documentavano le conseguenze della guerra sulla popolazione civile. A rischiare di più sono i freelance locali, spesso privi di protezioni e visibilità internazionale. Molti sono stati deliberatamente eliminati per impedirgli di raccontare ciò che avevano visto, in violazione del diritto internazionale.
In Russia, poi, l’elenco dei giornalisti assassinati o scomparsi è lungo. Anna Politkovskaja fu uccisa nel 2006 per aver denunciato le violenze in Cecenia e l’autoritarismo del regime. Nel 2004, a Mosca, venne assassinato Paul Klebnikov, direttore di Forbes Russia, per le sue inchieste sulla corruzione. E c’è anche un italiano: Antonio Russo, giornalista di Radio Radicale, ucciso vicino a Tbilisi nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2000, mentre indagava sui crimini di guerra russi in Cecenia. Due giorni prima della morte aveva confidato alla madre di possedere documenti compromettenti.
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, inviati Rai, furono assassinati a Mogadiscio il 20 marzo 1994 mentre indagavano su traffici d’armi e rifiuti tossici. Dopo trent’anni, il loro caso resta avvolto nel mistero e nel silenzio. Nemmeno l’Europa è immune. Nel 2017 a Malta, Daphne Caruana Galizia fu uccisa con un’autobomba per le sue inchieste sulla corruzione. In Slovacchia, nel 2018, Ján Kuciak e la sua compagna furono assassinati dopo aver svelato legami tra politica e criminalità organizzata.
L’attacco a Ranucci dimostra che nessuna democrazia è davvero al sicuro. In Italia, nel 2024, secondo Ossigeno per l’Informazione, sono stati segnalati oltre 500 casi di minacce o intimidazioni a giornalisti, dalle aggressioni fisiche alle campagne diffamatorie online. È il segnale di un clima sempre più ostile verso chi fa inchieste e racconta i fatti. Non mancano le responsabilità politiche: c’è chi ama solo la stampa amica, la finanzia e la sostiene, provando a ridimensionare la stampa libera, ignorando il valore del giornalismo indipendente. E ne sappiamo qualcosa.
Secondo i dati dell’Osservatorio Cronisti Minacciati, nei primi sei mesi del 2025 si sono registrati 81 episodi di minacce e intimidazioni, con un aumento del 75% rispetto allo stesso periodo del 2024. Numeri che fanno riflettere e preoccupano. La libertà di stampa è un diritto costituzionale fondamentale e riguarda tutti, non solo i giornalisti. Perché conoscere la verità è essenziale per la democrazia. I giornalisti devono poter lavorare senza paura e senza censure.Ogni attentato alla libertà d’informazione, ogni voce zittita, ogni silenzio imposto colpisce la società intera e offende la democrazia.
Da Campo Ascolano a Gaza, da Mosca a New York, da Berlino al mondo arabo, la libertà di informazione è sotto attacco. Scriveva Anna Politkovskaja: «I giornalisti non sfidano l’ordine costituito, non è questo il loro ruolo. Descrivono soltanto ciò di cui sono testimoni. È il loro dovere, così come è dovere di un medico curare un malato e dovere di un ufficiale difendere la patria». In una democrazia, il giornalismo è il cane da guardia del potere: vigila, denuncia, illumina le zone d’ombra della politica e delle istituzioni. Perché solo una società informata può dirsi davvero libera.