Dai tre candidati solo annunci sulla famosa “restanza” ma nei piccoli centri pesa l’assenza di servizi come bancomat e fibra ottica. Per non parlare della annosa situazione dei trasporti. Serve lasciare in pace Vito Teti ed elaborare una strategia d’insieme
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Siamo entrati nell’ultima settimana di campagna elettorale. E’ possibile allora fare un primo bilancio delle tre settimane precedenti in cui i tre candidati presidente si sono affrontati nelle piazze e sui media locali. Al netto delle rispettive tifoserie non è che il dibattito politico sia stato proprio esaltante. Saranno stati i tempi ristretti della campagna elettorale ma a prevalere è stata la polemica.
Tridico che accusa Toscano di essere compare d’anello di Occhiuto, questi che accusa Tridico di aver fatto scrivere il programma all’intelligenza artificiale e di non conoscere la Calabria, Toscano che accusa entrambi di essere due facce della stessa medaglia ovvero non avere il coraggio di sfidare i poteri economico-finanziari che guidano l’Europa e da qui le sorti della Calabria «che gliene frega ad un infartuato in ambulanza dei conti della sanità?», si è giustamente chiesto a Perfidia. Materiale buono, insomma, per i social ma difficilmente in grado di convincere gli indecisi su chi votare.
Prendiamo un esempio su tutti, la famosa “restanza” sulla quale più che proporre soluzioni ci pare che i candidati abbiano esercitato la recita del pensare tipica di questi tempi ovvero riproporre slogan condivisibili senza affondare il colpo.
Pasquale Tridico ne ha fatto il segno distintivo della sua campagna elettorale affrontando un tour estenuante fra le aree interne della Calabria, nei paesi piccoli o piccolissimi dove non si vedeva da anni un candidato presidente. Propone cuore e orgoglio per combattere lo spopolamento delle aree interne, ma poche soluzioni.
Occhiuto, di contro, avanza due idee. La prima è il famoso incentivo fino a centomila euro per chi decide di acquistare immobili nei nostri borghi. Il secondo è il reddito di merito (sintatticamente opposto al reddito di dignità del centrosinistra) per i ragazzi che decidono di studiare in Calabria e mantengano una buona media agli esami. Un modo, dice il presidente dimissionario, per far rimanere i nostri ragazzi in Calabria, anche se poi appare difficile per chi si laurea brillantemente in ingegneria gestionale, fisica o informatica farlo restare qui a lavorare.
Il punto è proprio questo. Non basta il cuore e nemmeno un immobile a buon prezzo per trattenere l’esodo dei ragazzi all’estero. Servono i servizi. Come si può convincere gli istituti di credito, vista la desertificazione bancaria anche nei grandi centri, a tenere un bancomat in un piccolo paese? Come si può convincere Poste Italiane a tenere aperti gli sportelli? Come convincere le grandi aziende della fibra ottica ad investire in maniera massiccia nel nostro entroterra? La Regione ha la volontà e il potere di imporre alcune scelte alle grandi aziende?
Ancora più significativo è il tema del trasporto pubblico locale. Dopo 40 anni di regionalismo si arriverà finalmente a mettere a gara le tratte e controllare rigorosamente le corse o si continuerà a gestire il servizio come si faceva negli anni ‘70? Le ferrovie interne, come quella che collega Cosenza a Catanzaro, sfumata la metro leggera di Cosenza verrà ripristinata?
La questione del south working, così di moda durante la pandemia è ancora attuale? La Regione si sta interfacciando con le grandi aziende per incentivare queste soluzioni?
Sono solo alcuni esempi per dire che promesse di incentivi o posti di lavoro non bastano. Serve una strategia complessiva perché nessuno dei nostri ragazzi è contento di lasciare questa terra, è contento di dire che lavora a Milano mentre invece abita in un monolocale di Rozzano o qualche altra periferia urbana e con lo stipendio ce la fa a malapena ad arrivare a fine mese. Bella Milano, se se potesse vedè diceva un vecchio film. Sono pochi i nostri corregionali che con lo stipendio che percepiscono riescono davvero a viverla.
La speranza è che nell’ultima settimana i tre candidati, lascino in pace Vito Teti e tirino fuori non spot, ma strategie complessive contro una desertificazione che presto arriverà anche ai grandi centri urbani con diversi genitori che stanno seguendo i figli al Nord. Almeno lì c’è una sanità migliore e la possibilità di godersi i nipoti.