La vicenda approderà in Aula il 9 ottobre, ma il voto della Giunta anticipa l’esito finale. Il relatore Gianassi (Pd) chiedeva di accogliere la richiesta del Tribunale dei ministri, che ipotizza omissione di atti d’ufficio, favoreggiamento e peculato
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Nessuna sorpresa alla Camera: la Giunta per le autorizzazioni ha votato contro la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. I tre membri del governo erano finiti nel mirino del Tribunale dei ministri per la vicenda legata alla scarcerazione e al rimpatrio lampo del libico Osama Njeem Almasri, sospettato di torture e crimini di guerra.
Il voto, che era atteso da giorni, ha confermato la linea della maggioranza: il relatore Federico Gianassi (Pd), che proponeva di dare il via libera all’autorizzazione a procedere, è stato bocciato. Al suo posto è stato nominato relatore Pietro Pittalis, esponente di Forza Italia, che ha presentato una relazione opposta, volta a respingere le accuse. La discussione approderà in Aula il prossimo 9 ottobre, ma il verdetto politico è già scritto.
Il caso risale al 19 gennaio scorso, quando Almasri fu arrestato a Torino su mandato internazionale per crimini di guerra. Due giorni dopo, il torturatore libico — noto per essere uno dei più stretti collaboratori di un clan militare di Tripoli — venne rimpatriato con un volo di Stato, senza che la Corte penale internazionale potesse intervenire.
La Procura dell’Aja accusa il governo italiano di aver violato i propri obblighi di cooperazione, impedendo di fatto alla giustizia internazionale di agire. Da qui la richiesta del Tribunale dei ministri di Roma, che ha chiesto al Parlamento di autorizzare il procedimento penale contro Mantovano, Nordio e Piantedosi.
L’ipotesi di reato è pesante: omissione di atti d’ufficio, concorso in favoreggiamento personale e peculato per l’uso del volo di Stato destinato al rimpatrio. La tesi dell’accusa sostiene che la decisione di restituire Almasri alla Libia sarebbe stata presa consapevolmente, in violazione delle convenzioni internazionali sui diritti umani e del mandato d’arresto della Corte penale.
La difesa del governo è invece netta: nessun abuso, ma una scelta “politico-diplomatica”, legata alla gestione dei rapporti con Tripoli e alla tutela della sicurezza nazionale. «Non ci sono elementi per procedere – ha dichiarato Pittalis dopo il voto –. Le decisioni assunte dai ministri rientrano pienamente nella sfera delle prerogative politiche, non in quella penale».
Il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle hanno votato compattamente per l’autorizzazione a procedere, sostenendo che «nessuno è al di sopra della legge» e che «la separazione dei poteri non può essere usata come scudo politico». Ma la maggioranza di centrodestra, forte dei numeri in Giunta, ha respinto la proposta.
Dietro il caso giudiziario si intrecciano anche i delicati rapporti tra Roma e Tripoli, legati agli accordi sui migranti e alla cooperazione in materia di sicurezza. Secondo fonti diplomatiche, la scarcerazione di Almasri fu «una scelta condivisa» per evitare incidenti con il governo libico e proteggere missioni italiane in Nordafrica.
Ora la parola passa all’Aula, dove il voto previsto per il 9 ottobre dovrebbe confermare l’esito già espresso in Giunta. I legali dell’ex ministro Sangiuliano – coinvolto in un caso parallelo – hanno fatto sapere che «si costituiranno parte civile» qualora il procedimento dovesse proseguire, ma per Mantovano, Nordio e Piantedosi l’orizzonte sembra ormai chiuso.
Il caso Almasri resta comunque una spina nel fianco per Palazzo Chigi. Perché, al di là delle formule parlamentari, resta l’immagine di un governo che, in nome della realpolitik, avrebbe preferito la via diplomatica alla collaborazione con la giustizia internazionale. E per molti, quel volo di Stato partito da Torino e atterrato a Tripoli in appena due giorni rimane il simbolo di un confine ancora troppo labile tra diritto e convenienza politica.