Inchiesta Aeternum

Cimitero di Cittanova, il procuratore: «Non era più un luogo di culto, la morte un affare da milioni di euro»

VIDEO | Il magistrato Emanuele Crescenti ha illustrato in conferenza stampa i dettagli dell'inchiesta che ha portato a 16 arresti. «Era un'attività regolare, continua e proficua. Sono 460 le salme di cui non si hanno più notizia, consistente anche il danno erariale causato»

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di Anna Foti
15 settembre 2023
13:40

«Un luogo da sfruttare per accumulare denaro». Ecco cosa era diventato il cimitero comunale di Cittanova, finito al centro dell'inchiesta Aeternum che oggi ha portato a 16 arresti. Il tutto con le connivenze di persone insospettabili. Lo ha spiegato il procuratore capo di Palmi, Emanuele Crescenti, nel corso della conferenza stampa che si è tenuta nella sede del Comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, per illustrare i dettagli dell'operazione che vede in totale 70 indagati. 

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«Un luogo di imprenditoria, gestito con un approccio privatistico, in cui fare affari e business, lucrando sui loculi e sulle salme. Insomma un luogo da sfruttare per accumulare denaro. In questo sodalizio criminale sono coinvolti medici dell’asp, dipendenti comunali, imprenditori del settore persino un ex prete che aveva un ruolo nella gestione delle confraternite», ha detto ancora Crescenti a proposito del cimitero di Cittanova.


Le indagini partite da una denuncia

«Grazie alla denuncia sporta nel 2018 da un cittadino, accortosi che il loculo in cui era stata riposta la salma del suo caro era occupato abusivamente anche da un altro defunto, sono iniziate le indagini. Oggi diamo risposte all’indignazione della cittadinanza che a noi si era rivolta». Così il maresciallo maggiore Giuseppe Ciotola, all’epoca comandante della stazione dei carabinieri di Cittanova.

Salme spostate e distrutte

È stata l’operazione Aeternum a svelare la rete di sodali, che in modo sistematico e solo in apparenza regolare, aveva acquisito un ruolo di primazia incontrastata nel controllo del cimitero. Gestiva privatamente, dunque illecitamente, i loculi, disseppellendo e anche distruggendo le salme che li occupavano. Si appropriava di somme di denaro destinate alle casse pubbliche.

«Lo stesso sodalizio criminale aveva anche mire sui terreni in cui avrebbero dovuto sorgere altri posti in cui seppellire salme. Una rete che agiva approfittando del momento delicato e difficile delle persone che avevano appena perso un congiunto. Con fare amichevole, affermando di compiere un atto di cortesia, prendeva i soldi in contanti per eseguire per conto di queste persone i pagamenti dovuti per i servizi al Comune e all’Asp. Soldi ovviamente mai versati e invece indebitamente trattenuti». Lo ha spiegato in conferenza stampa il colonnello Gianluca Migliozzi, comandante del gruppo di carabinieri di Gioia Tauro.

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Qualche milione di euro di giro di affari in un comune di neppure 10mila abitanti

Dunque pure i defunti e loculi in cui le salme erano state riposte erano diventate oggetto di un giro di affari illecito di qualche milione di euro a fronte di un comune di neppure 10mila abitanti.

«Considerando la somma di circa 200 euro per ogni deceduto, immaginate la mole di attività posto in essere, necessariamente con la complicità di un rete di professionisti e dipendenti comunali compiacenti, per raggiungere la somma di qualche milione di euro». Lo ha sottolineato ancora il procuratore Emanuele Crescenti.

Le salme perdute e il danno erariale

«Sono 460 le salme disperse, di cui non si ha più notizia mentre ammonta a oltre 2mln e 400 mila euro il danno erariale causato. Un’attività illecita di entità tale da averne anche registrato le ripercussioni sul sentire della cittadinanza. Si percepiva la forte ingerenza di questa presenza nella gestione di settore molto delicato dell’amministrazione comunale come quello delle salme dei cari congiunti estinti». Così ha spiegato in conferenza stampa Gaetano Borgese, comandante della compagnia carabinieri di Taurianova, nel Reggino.

4 persone in carcere e 12 ai domiciliari, oltre 70 indagati

L’operazione, eseguita questa mattina tra Reggio Calabria, Milano e Vicenza dai carabinieri del gruppo di Gioia Tauro con il coordinamento della procura della repubblica di Palmi, ha condotto «all’arresto dell’ex custode del cimitero comunale, oggi in pensione, e di tre imprenditori locali, amministratori di due imprese di onoranze funebri. Tutti e quattro sono adesso in carcere, ritenuti il vertice di questa associazione a delinquere. Un sodalizio che era diventano punto di riferimento di un’attività di estumulazione senza autorizzazione finalizzata e gestire i loculi del cimitero in modo illecito.

Altre dodici persone sono state sottoposte ai domiciliari e 70 complessivamente sono gli indagati a vario titolo. Con il reato di associazione a delinquere, contestati anche quelli di abuso d’ufficio, falso, truffa, vilipendio di cadavere, inquinamento ambientale». Così ha spiegato ancora il procuratore capo della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti.

Non solo la ‘ndrangheta tra i mali della Calabria

«Non abbiamo allo stato riscontrato, e dunque contestato, l’aggravante mafiosa. Tuttavia, non possiamo escludere che possa esserci. Sono al vaglio molteplici ipotesi di reato. È, però, necessario riconoscere che per quanto la ‘ndrangheta sia pervasiva e dannosa per la Calabria, gravi sono anche le conseguenze di un funzionamento della pubblica amministrazione piegato sui favori e sulle raccomandazioni. Dunque anche su questo fronte non dobbiamo abbassare la guardia», ha concluso il procuratore di capo della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti.

Giornalista
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