Rinascita Scott

La «Corona» e il timbro del Comune di Sant’Onofrio per l’ex superlatitante Pasquale Bonavota

L’informativa sulla sua recentissima cattura a Genova depositata dal pm Annamaria Frustaci. Il presunto padrino avrebbe ricevuto una nuova importante dote di ’ndrangheta. Tra il materiale sequestrato, anche un kit per falsificare documenti. La sua difesa chiede tempo per lo studio di carte e audio

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di Pietro Comito
3 maggio 2023
13:49
Un momento del processo, nel riquadro Pasquale Bonavota
Un momento del processo, nel riquadro Pasquale Bonavota

Il colpo a sorpresa, agli sgoccioli del dibattimento, è il deposito dell’informativa sull’arresto del superlatitante Pasquale Bonavota, oltre che degli atti inerenti le procedure di perquisizione e sequestro compiute dai carabinieri del Ros e dei comandi provinciali di Genova e Vibo Valentia. Ne dà notizia il pm antimafia Annamaria Frustaci al collegio giudicante e alle difese del maxiprocesso Rinascita Scott. Quarantadue pagine, che assorbono anche il contenuto di undici intercettazioni, nelle quali si fa riferimento – spiega il magistrato della Dda di Catanzaro – pure alla circostanza secondo cui il presunto padrino di Sant’Onofrio, accusato di essere il capo promotore dell’omonimo clan, avrebbe ricevuto una nuova dote di ’ndrangheta, ovvero «la Corona, ciò a dimostrazione – è la tesi del pm – del suo ruolo apicale nel contesto associativo di riferimento».

Bonavota, catturato dai carabinieri il 27 aprile mentre era raccolto in preghiera nella Cattedrale di San Lorenzo, a Genova – emerge dall’illustrazione offerta alle parti del maxiprocesso dal pm Frustaci – oltre che dei documenti d’identità di un cittadino di Sant’Onofrio realmente esistente («codice fiscale e carta d’identità nelle quali erano riportate le esatte generalità del signor Francesco Lopreiato […] ma la fotografia del latitante»), avrebbe avuto nella sua disponibilità pure «un timbro del Comune di Sant’Onofrio e un kit per la falsificazione di documenti». I carabinieri, inoltre, hanno sequestrato – spiega la componente del pool di Nicola Gratteri – la copia fotostatica del documento di identità di un testimone a discarico citato dalla difesa di Giovanni Giamborino, presunto factotum del superboss Luigi Mancuso. «Si tratta di Domenico Ceravolo – evidenzia il pm Frustaci – della cui testimonianza chiediamo che il Tribunale non tenga conto in sentenza». L’informativa, vergata dal maggiore del Ros Marco Pisano, assorbe infine il contenuto di una serie di messaggi e preghiere («la cui natura va verificata», specifica la rappresentante della pubblica accusa») ed i verbali di informazioni testimoniali di persone interrogate subito dopo l’arresto di Bonavota.


Su istanza dell’avvocato Tiziana Barillaro – difensore di Pasquale Bonavota, alla quale si sono associati gli altri colleghi – il Tribunale ha concesso un più ampio termine per estrarre copia dell’informativa, studiarne il contenuto e procedere all’ascolto dei file audio, relativi alle conversazioni trascritte: difesa e accusa si confronteranno così in aula sabato prossimo. Nel confronto a distanza con l’avvocato Alessandro Diddi, in collegamento dal carcere di Viterbo in cui è detenuto il suo assistito Giovanni Giamborino, il pm Frustaci ha quindi precisato che le intercettazioni contenute nell’informativa sull’arresto di Bonavota sono state autorizzate ed acquisite nell’ambito di un altro procedimento a carico di persone note aperto già nel 2020.

In apertura dell’udienza, inoltre, il pm Frustaci aveva dato comunicazione anche dell’avviso di deposito di un altro verbale reso alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro dal neo collaboratore di giustizia Pasquale Megna. Al riguardo, il magistrato ha spiegato come queste dichiarazioni, rese appena nei giorni scorsi, afferiscono le posizioni di Agostino Redi e Gaetano Molino, imputati che, secondo l’impianto accusatorio, avrebbero fatto parte del presunto cerchio magico di Luigi Mancuso “il Supremo”.

Giornalista
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