Covid Calabria, in sei mesi più di 8mila positivi non comunicati a Roma: la voragine si allarga

Sono tantissime le incongruenze tra i dati diffusi dalla Regione e quelli poi davvero trasmessi all’Iss. Il buco potrebbe aver condizionato in maniera decisiva l’ingresso e l’uscita dalla zona rossa (ASCOLTA L'AUDIO)

di Francesco Rende
1 maggio 2021
12:55

Dove sono andati a finire quasi 8.500 positivi? No, non è la ricerca di un focolaio particolarmente ampio né una storia fantasy: è la ricostruzione, in numeri, di una vicenda che se non chiarita immediatamente rischia di gettare pesantissime ombre sulla gestione della pandemia nella Regione Calabria. Dall’analisi e dal confronto tra i dati comunicati giornalmente da Germaneto e da quelli inviati a Roma per le analisi dell’Istituto Superiore della Sanità emerge un gap sconvolgente. Si tratta di 8.435 positivi totalmente spariti, volatilizzati nel nulla, che nell’arco di sei mesi non sarebbero mai stati comunicato a Roma, al Ministero della Salute.

Una storia ancora dai contorni oscuri, nella quale servirebbe chiarezza dalle istituzioni: eppure, la lettura dei dati è impietosa ed il confronto tra ciò che viene pubblicato da Roma e ciò che viene diffuso da Catanzaro non lascia adito a dubbi.


Il sistema a zone e i dati “inaffidabili” dalla Calabria

Era il 2 novembre del 2020, il Governo Conte iniziava a traballare sotto i colpi dell’opposizione targata Matteo Salvini e Giorgia Meloni e il presidente del Consiglio, in un’informativa alle Camere, rendeva note le nuove iniziative per contrastare la diffusione del virus: l’Italia si divideva in zone, dalla gialla alla rossa, in base alla diffusione del virus. Sin dalla prima settimana, la Calabria entra in zona rossa: a preoccupare le istituzioni sono la debolezza del sistema sanitario, il contact tracing saltato e, si specifica, l’inattendibilità dei dati. Eppure, in quella settimana, non ci sono discrasie particolari: tra i 2105 nuovi positivi e i 2155 positivi comunicati dalla Regione Calabria la differenza è minima, solo 50 casi. Eppure dalla settimana successiva, tutto cambierà.

Tra i fattori che incidono sulla possibilità di restare o meno in una fascia c’è l’Rt, il famoso indice di trasmissibilità che si calcola anche e soprattutto analizzando i nuovi positivi: così, nella seconda settimana di novembre, i nuovi positivi non comunicati sono più di mille. Un numero enorme in una settimana, che però contribuisce a far crollare l’Rt da 1.38 a 1.06.

La Calabria “non valutabile” dall’Iss 

Sin da subito, nel sistema di raccolta dei dati, qualcosa non va: le informazioni che arrivano dalla Calabria sono spesso parziali e incomplete, tanto che vengono definite “non valutabili” e collocano la regione tra i territori a “rischio alto”. La settimana dal 16 al 22 novembre sarà tra le più dure di tutte: l’epidemia dilaga nel Reggino e dai bollettini della Regione Calabria, giorno dopo giorno, vengono fuori 3803 dati. Peccato che, per lo stesso periodo, l’Istituto Superiore della Sanità riceva un numero di molto inferiore, ovvero 2924. Si tratta di quasi novecento positivi in meno, un’enormità: e l’Rt scende ancora, a 0.92.

Una storia che si ripete: che fine fanno quei dati?

Nei mesi a seguire la situazione è identica: un Rt ballerino, commercianti, cittadini e studenti alle prese con negozi che aprono ad intermittenza, smart working che viene attivato e disattivato in base al colore e scuole che si dividono tra capienze ridotte e didattica a distanza. Nel mese di dicembre la Calabria si alterna tra zone rosse ed arancioni, con più di ottomila positivi registrati sommando i bollettini giornalieri redatti dalla Regione Calabria: anche stavolta, i dati comunicati a Roma non si trovano, dato che sono 6488 i positivi registrati nelle attività di monitoraggio. Lo stesso refrain si ripete a gennaio e febbraio, nonostante la diffusione del Covid 19 nelle case dei calabresi rallenta pesantemente: colpa delle misure di contenimento, che permettono anche al sistema sanitario di respirare.

Tra marzo e aprile mancano 2500 positivi

Le prime riaperture però, sommate alle festività, fanno pagare un conto salatissimo alla Calabria: l’Rt ricomincia a correre, la Calabria inizia repentinamente a registrare focolai sparsi in tutta la regione ed in principal modo nel cosentino, area flagellata dal Covid. In questi due mesi vengono comunicati più di 17mila casi al Ministero della Salute, mentre in realtà stando ai dati diffusi quotidianamente dalla Regione Calabria sono quasi 20mila i contagiati in quel periodo. Dove sono andati a finire più di 2500 nuovi positivi che non risultano al monitoraggio? Sono forse serviti ad escludere la permanenza in zona rossa dell’intero territorio regionale? Fatto sta che in quei giorni gli ospedali sono pieni, le terapie intensive vanno in saturazione e le ambulanze sono costrette ad attendere in fila che si liberi un posto in ospedale.

Avere delle restrizioni maggiori, restare in zona rossa, avrebbe consentito di abbattere il numero dei nuovi positivi? Avrebbe potuto salvare delle vite umane? Come può esserci una tale discrasia nei dati, che arriva a superare le 8mila unità? Tutte domande a cui qualcuno dovrà dare una risposta chiara, precisa, che possa fugare tutte le ombre e dare certezze ai cittadini ed all’opinione pubblica. Attendiamo una spiegazione logica, razionale, che scacci la percezione che qualcuno in questi mesi possa aver giocato con i dati, e di conseguenza con la vita delle persone e dei tanti calabresi che a causa del Covid hanno perso la vita.

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